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Conoscere la carne: il Fassone Piemontese

di Alessandra Iannello 22 Dicembre 2021 16:00

Il Fassone Piemontese è una delle razze di carne tipicamente italiana: quali sono le sue caratteristiche e come si utilizza in cucina?

È la più importante e rappresentata razza bovina da carne italiana, il Fassone di razza Piemontese contende al pesce il primato di salubrità. Vanta infatti un indice aterogenico (valore che va da 1 a 1000 e più è basso e inferiori sono le probabilità di incidenza di malattie cardiovascolari) compreso tra 0,3 e 0,4, pari a orata o trota. E un indice trombogenico di poco inferiore a 1, più vicino a quello del pesce che si attesta tra 0,2 e 0,3 che non della carne del bovino di Frisona che sfiora 1,8 e di quella della Chianina che supera abbondantemente 1,3. Queste e altre evidenze scientifiche sul ruolo della carne in una dieta sana ed equilibrata si trovano in Carne e Salute. Il libro, promosso da Coalvi, il Consorzio di Tutela della Razza bovina Piemontese, si avvale del contributo di interventi di medici di diverse specialità, di nutrizionisti, agronomi e veterinari, per fare luce sul tema del consumo della carne all’interno di un’alimentazione corretta e bilanciata.

Le origini del Fassone

La storia racconta che il Fassone ha avuto origine da una migrazione dello zebù che dal Pakistan si è spostato in Piemonte dove, fermato dalle Alpi, si è stanziato e si è ibridato con i bovini locali. Ma il Fassone come lo conosciamo oggi ha origine alla fine dell’800 in una cascina a Guarene d’Alba dove nacque un vitello con uno sviluppo eccezionale delle masse muscolari. Questa caratteristica è dovuta alla mutazione del gene che regola, appunto, lo sviluppo muscolare. Il vitello 0 aveva dei muscoli oltre misura con forme rotondeggianti e abbondanti. Ma la sua peculiarità, che è stata poi trasmessa con opportune selezioni alla sua progenie, era l’abbondante quantità di fibre muscolari e la loro sottigliezza. Questo è il segreto della tenerezza delle carni di Fassone.

Da dove viene in nome Fassone?

Fassone è l’italianizzazione del termine piemontese fasson che si legge fasun. Fasson significa modo, maniera. Gli allevatori, quando vedevano un vitello bello, dicevano che era fatto proprio ad’ un bela fasson cioè in un bel modo. Poi sono arrivati i francesi che frequentavano i mercati agricoli del cuneese ed elogiavano la bellezza di questa razza esclamavano fait un bon façon, ovvero è proprio fatto bene.

Proprietà nutrizionali del Fassone

Riguardo al ruolo della carne nell’alimentazione umana bisogna dire che, probabilmente, è stato l’alimento che più ha dato una mano all’evoluzione dell’uomo. E questo proprio grazie alle sue caratteristiche nutrizionali. Le caratteristiche principali comuni a tutti i tipi di carne sono l’alto contenuto proteico, la presenza di vitamine, grassi amici della salute come gli Omega3, micronutrienti e sostanze bioattive quali la taurina, la carnitina o la creatina. Però non tutte le carni sono uguali. La piemontese, in particolare, ha un quantitativo di grasso molto inferiore rispetto alle altre carni perché non proviene da allevamenti intensivi e viene alimentata con foraggi naturali e, soprattutto, lasciata libera nei campi o in alpeggio.

Allevamento e sostenibilità

In Italia sono attivi 4300 allevamenti di Fassone e ognuno di questi è la casa di circa 65 capi tra vacche e vitelli in accrescimento, per un totale di 315mila capi. La superficie agricola media degli allevamenti è di 53,13 ettari il che significa una media di 1,2 animali per ettaro, ovvero poco più di mezza vacca (0,61) e di mezzo vitello. Un numero più che sostenibile visto che i limiti di legge parlano di un massimo di 5 vacche e 5 vitelli per ettaro, numero che scende a 2,5 e 2,5 nelle zone con terreno sabbioso. Inoltre, dei 53,13 ettari di terreno medio delle aziende, 23 sono coltivati a prato per produrre fieno. Essendo il prato il più grande serbatoio di biodiversità per piante e insetti è facile intuire la ricaduta positiva del ruolo ambientale dell’allevamento della piemontese. E questo vale ancora di più in alta montagna dove i bovini passano l’estate in alpeggio portando avanti un’opera di giardinaggio che preserva il paesaggio e l’ambiente dal dissesto geologico.

Fassone, cruda o stracotta

Essendo poco grassa, la carne di Fassone non lascia in bocca la sensazione di unto tipica delle altre carni bovine. La sua prestazione migliore la dà con la battuta, l’albese o il carpaccio. L’albese classica, pietanza tipica piemontese, vede la carne tagliata sottilissima e condita con olio, limone, Parmigiano grattugiato grossolanamente, un po’ di sedano e noci sbriciolate. In generale rende bene nelle cotture veloci oppure, di contro, in quelle molto lunghe. Infatti, avendo poco grasso bisogna aspettare che la cottura sciolga tutto il connettivo per rendere la carne tenera.

La versatilità della carne di Fassone si presta a un menu natalizio tutto made in Piemonte. Per antipasto si può comporre un piatto con delle mini tartare, un assaggio di albese e del vitello tonnato. Quest’ultimo viene fatto col girello che viene bollito a lungo in acqua e vino bianco aromatizzato con carote, sedano, cipolla, foglie di alloro, chiodi di garofano, spicchio d’aglio, grani di pepe e il sale. Una curiosità: il vitello tonnato, insieme al lechón (un maialino intero arrostito lentamente sul carbone o sul legno), è uno dei principali piatti di Natale dell’Argentina. Tornando al menu piemontese, sempre come antipasto è perfetta anche una selezione di insaccati di Fassone. Quindi salsiccia (composta da carne di Fassone, pancetta di suino italiano, vino Arneis Dop e spezie varie), salame (50% coscia di Fassone 50% pancetta di maiale italiano), bresaola (prodotta in Valtellina), sottofesa di manzo affumicata e wurstel artigiali di Fassone.

Come primo un piatto di agnolotti del plin. La sfoglia all’uovo prevede un ripieno di arrosto di Fassone unito a spinaci o bietole oppure verza scottate e tritate, uova e Parmigiano. Come condimento il sugo di cottura dell’arrosto. Per secondo un ottimo brasato. Il taglio di carne da usare per questa preparazione è il fiocco, anche detto spinacino. Si lascia marinare nel Barolo arricchito con spezie e aromi per almeno una notte. In seguito si fa poi rosolare a fiamma alta e, una volta brunito, si prosegue la cottura bagnando con il vino. A fine cottura il brasato va tolto dalla pentola e il fondo di cottura deve essere ristretto per usarlo come salsa. Una volta che il brasato è freddo, viene affettato e rimesso in pentola con il suo sugo.