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I consigli per il purè perfetto dello chef Emanuele Scarello

di Francesco Canino • Pubblicato 27 Novembre 2014 Aggiornato 23 Dicembre 2014 10:01

Lo chef Emanuele Scarello, friulano orgoglioso delle sue origini, ci fornisce consigli su come preparare un ottimo purè in qualsiasi stagione.

Giocare di sottrazione in cucina è un’arte per chef abili. L’obiettivo è quello di andare all’essenza ed estrarre l’anima dagli ingredienti, anche quelli apparentemente più poveri. Come la patata, prodotto tra i più versatili, da cui nascono piatti leggendari e sapori legati – quasi proustianamente – all’infanzia. Ad esempio il puré, nella cui preparazione almeno tutti ci siamo cimentati almeno una volta. Ma quali sono i segreti per renderlo speciale? Agrodolce lo ha chiesto a Emanuele Scarello, chef a 2 stelle Michelin del ristorante Agli amici dal 1887, a Godia, vicino Udine, considerato un emblema della ristorazione friulana.

gnocchi-e-ricci-di-mare-Agli-amici

Emanuele, partiamo da una frase che mi ha molto colpito. Parlando della tua cucina, l’hai definitiva territorialista e non tradizionalista.
Territorialista perché il ristorante della mia famiglia è aperto dal 1887, ma non abbiamo mai fatto la cucina tradizionale friulana: abbiamo sempre usato i prodotti del territorio ma provando a lavorarli senza schemi. Perché seguire sempre lo stesso binario? Si può raggiungere lo stesso il traguardo anche percorrendo un’altra strada. L’obiettivo è quello di soddisfare i nostri ospiti: del resto io e mia sorella siamo degli osti, siamo cresciuti con quella mentalità e la dimensione dell’ospitalità ce l’abbiamo nel DNA“.

Ti hanno definito un “cuoco di confine”, per una questione geografica. Ma c’è nella tua cucina una linea di confine che consideri invalicabile?
Il compromesso. Non mi piacciono gli espedienti, le vie di mezzo. Su un muro del ristorante ho scritto “La base di qualunque eccellenza è verità”: verità e passione sono le parole chiave che racchiudono la filosofia della nostra cucina“.

kennebec

A proposito di territorio: il tuo ristorante Agli Amici dal 1887 è a Godia, dove si coltiva dagli anni ‘50 una patata della varietà Kennebec, diventata uno dei prodotti culto del triveneto. Hai definito la patata un elemento vivo, perché?
Il Piemonte ha un cucina di base borghese, impastata con prodotti nobili. La cucina friulana invece è povera, fatta di materie prime povere: loro hanno il vitello tonnato, noi le patate, la polenta, il musetto, le rape. Ma anche dalle materie prime più basiche si può estrarre l’anima. La patata è viva perché cambia. La ricetta degli gnocchi se te la do a settembre è in un modo, a gennaio in un altro: perdendo l’acqua concentra l’amido, dunque serve meno farina per fare gli gnocchi. Devi avere la sensibilità per capire la maturazione della patata“.

Per quali preparazioni si presta la patata di Godia?
Essendo una Kennebec è perfetta per gli gnocchi e il puré o per accompagnare il pollo in umido“.

Parliamo proprio di puré. Con quali varietà di patate si cucina?
Oltre a quella già citata, anche le Agata o le Monalisa“.

Scelte le patate, come procediamo?
Spazzolandole bene e mettendole a bollire in abbondante acqua e sale, senza pelarle: una volta bollite basta passarle al passalegumi e la buccia resta incastrata nella reticella“.

la_preparazione_del_purè

A quel punto entriamo nel vivo della preparazione.
Con una frusta si montano le patate incorporando burro freddo di frigo, che dà morbidezza al composto: la pentola però non dovrà mai stare direttamente sul gas, ma tenuta a bagnomaria a 70° circa. Il puré va servito sempre almeno tiepido, sennò la parte grassa del burro si separa e il puré diventa liquido“.

L’errore più frequente?
Frullare le patate, pensando di rendere cremoso il puré: così invece si mette in circolo l’amido e si perde la spumosità. Il puré dev’essere una nuvola“.

purè di patate

Il puré è versatile e si mangia tutto l’anno. Ci suggerisci una ricetta più fresca e una più invernale?
D’estate si manteca con scorza di limone, erbe varie – ad esempio timo, santoreggia e maggioranza – e olio. Così ha un’aromaticità, freschezza e scorrevolezza al palato: un puré fresco e mediterraneo“.

In inverno invece?
Col freddo il puré si fa più godurioso, servito con burro noisette e salvia oltre a un pizzico di noce moscata. Il gusto è più rotondo, gli aromi si scaldano grazie alla salvia fritta e tostata“.

Il puré è trasversale.
In Friuli è un grande classico come accompagnamento al musetto bollito. Se invece lo condisco con un po’ di polvere di caffé, zeste di cedro fresco e bottarga di branzino diventa un’ottima entrée“.

purè

Il puré più buono che tu abbia mangiato?
Quello di mia mamma. Per preparalo segue un rituale preciso: lei lo fa sulla cucina della stufa a legna e gioca con le temperature spostando le padelle“.

Ti hanno definito lo “Special One” della ristorazione friulana. Ti ci ritrovi in questa etichetta?
(ride) “Non riesco a immaginarmi nei panni di qualcun’altro. Chiediamo all’allenatore Josè Mourinho se vuole stare nei miei panni. Anche se il riferimento calcistico mi piace: la brigata di una cucina mi ricorda una squadra di calcio“.

Non tutti sanno che sei un ex calciatore come il tuo collega Davide Oldani…
Sono un calciatore mancato. Ho giocato fino a una buona categoria, poi ho seguito la vocazione di famiglia e mi sono dedicato alla ristorazione. Ora gongolo a vedere mio figlio giocare“.

emanuele scarello

Ti tieni strette le stelle Michelin dal 2000. Come si fa a restare in vetta per tutti questi anni?
La vetta sta molto più in alto. Diciamo che quella che a qualcuno sembra solo una mezza collina per noi è già una cima. E lo dico senza falsa modestia. Abbiamo ancora grandi spazi di miglioramento, questo sì. Lavoro da molti anni e ho la stessa curiosità degli esordi, non finisco mai di imparare e scopro ogni giorno cose nuove. Ieri ad esempio è venuto a trovarmi un produttore con una serie di varietà antiche di fagioli, una scoperta pazzesca“.

Come si fa a continuare a scoprire e imparare stando così tante ore in cucina? Quali spazi ci si ritaglia?
Guardando nella cucina stessa, lasciandosi trasportare da un prodotto o da un piatto che ti racconta un collega: è un viaggio mentale, si entra in altre dimensioni. Per ogni chef è fondamentale uscire, viaggiare, confrontarsi con i colleghi. In questi giorni è venuto a trovarmi Maurizio Santin e abbiamo cucinato assieme: ci siamo divertiti e lavorando lo stesso ingrediente, abbiamo mischiato due prospettive diverse“.

Ultima domanda: se ti dico puré surgelato cosa rispondi?
Ma esiste veramente?” (ride)

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