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Cosa sono i botanicals e come hanno cambiato i nostri drink

di Stefania Leo 9 Aprile 2020 14:02

I botanicals sono spezie, erbe, piante, utilizzate nella produzione di distillati come il gin e usati nella mixology per aromatizzare e guarnire cocktail.

Fiori, piante, provette, infusioni: più che a un bancone di un bar, in certi locali sembra di essere capitati nell’alcova di qualche misterioso alchimista. Tra provette, infusioni e affumicature il regno della mixology si fa sempre più scientifico e complicato. Tra le armi nella drink list degli esperti del cocktail ci sono i botanicals, tra gli elementi più trendy da mettere nel bicchiere. Ma cosa sono esattamente? Scopriamolo.

Cosa sono i botanicals

Con il termine botanicals ci si riferisce a erbe, spezie, piante, radici e sostanze aromatizzanti, solitamente utilizzate in macerazione nei superalcolici (per lo più gin). Dopo il processo di distillazione questi ingredienti si mettono in infusione per aromatizzare il liquido. dopo la distillazione i botanicals sono messi in infusione per aromatizzare In passato gli elementi botanici vegetali erano utilizzati per favorire le funzioni digestive o per proteggere l’organismo dalle malattie infettive. Oggi i mixologist contemporanei stanno recuperando quella missione, aggiungendo ai propri cocktail fiori, radici ed estratti di piante. Oltre a miscelarli nel bicchiere, questi elementi sono ben visibili anche tra i garnish. “I cocktail botanicals che vanno maggiormente in questo periodo – spiega il bartender Giacomo Fiume de L’Albergo Diffuso di Monopoli – sono i Gin Tonic con erbe aromatiche come il ginepro, la salvia ed il rosmarino. I bartender le utilizzano per aromatizzare il proprio drink e per dare un profumo davvero particolare. Un’altra tendenza è l’utilizzo degli amari che sono ricchi di spezie: non sono facili da miscelare, ma danno al drink, molto spesso, un valore aggiunto”.

I botanicals fondamentali del gin

Il botanical più diffuso in assoluto è il ginepro, che è usato in distilleria sotto forma di bacche. Il suo nome scientifico è Juniperus Communis, termine che si riferisce alla conifera da cui si ricava l’ingrediente principale per creare un vero gin: il seme di ginepro (e non le bacche, come comunemente si pensa). Questi semini sono succosi e, con la loro resina, donano al gin il suo caratteristico sapore. Senza questo piccolo ingrediente, la legge vieta a qualsiasi distilleria di chiamare il suo distillato gin.

Il secondo botanical per importanza è il seme di coriandolo. Conferisce alla bevanda in cui è immerso note citrine, speziate e floreali, che donano al distillato corpo e intensità. Se i semi provengono dal Marocco, hanno un aroma speziato, con note dolci e floreali. Se di origine russa, spingeranno più sulle note citrine. I semi di coriandolo indiano invece hanno sentori più leggeri.

Un altro botanical molto apprezzato è la radice di angelica. Originaria della Norvegia, questo vegetale appartiene alla famiglia delle Aspiaceae (cioè delle carote). Infusa nel gin, la radice di angelica aggiunge una nota terrosa, con sentori di legno secco. Funge da trait-de-union fra i vari sapori del gin, tenendoli fermamente insieme grazie alla secchezza che aggiunge al distillato.

Gli altri botanicals

Nel gin i botanicals si sprecano. L’iris germanica è una botanica utilizzata come la radice di angelica, per unire i sentori all’interno del gin. Riduce la volatilità alcolica, tenendo insieme i diversi profumi e aiutando il distillato a rimanere integro più a lungo. Ancora, c’è chi arriva a utilizzarne oltre 30 per una sola miscela. Ed ecco spuntare il cetriolo, mirtilli, liquirizia, salvia, fiori di sambuco, pepe nero, cumino, camomilla.

Mirto, timo, lentisco, e finocchietto, rendono unico il Giniu di Silvio Carta, ad esempio. I brand corrono a cercare i botanicals più disparati pur di creare un prodotto unico e sorprendente. Bottega degli Spiriti usa l’acqua dell’oceano o le alghe per aggiungere una nota salmastra al suo Beara Ocean Gin. Per il suo Marconi 46, Distillerie Poli crea un’infusione unica nel suo genere con bacche di ginepro, uva moscato, pino mugo, pino cembro, menta, cardamomo e coriandolo ispirata all’altopiano di Asiago, a nord del Veneto, da cui ha origine la famiglia di distillatori. “Per raggiungere questo traguardo abbiamo usato Crysopea, il nostro alambicco a bagnomaria sottovuoto, che permette di distillare a basse temperature catturando così la freschezza di ogni singola botanica”, spiega  Jacopo Poli patron delle Distillerie Poli e fondatore e curatore del Museo della Grappa.

Non solo gin: gli altri impieghi dei botanicals

Ma il gin non è l’unico distillato ad arricchirsi con i botanicals. La storia della grappa ce lo insegna: anche la produzione di questo distillato da secoli utilizza piante, bacche e resine per rendere unico il risultato finale. anche per la grappa sono usate diverse botaniche messe in infusioneIn merito alle botaniche usate per la grappa, è più corretto parlare di grappe con infusione”, spiega Poli. Infatti il disciplinare consente l’aggiunta di piante aromatiche o loro parti, nel qual caso ciò deve risultare nella denominazione di vendita. “In questo senso le botaniche più utilizzate sono ruta, liquirizia, mirtillo e camomilla. Un caso interessante è anche il miele”, aggiunge il mastro distillatore. Aziende come Poli ne usano il 30 per cento del volume della bottiglia, creando un vero e proprio energy drink. “Per bilanciare la sensazione dolce, in questo caso usiamo delle botaniche come il pino mugo, il ginepro, la menta e la verbena odorosa che donano una gradevole sensazione balsamica“. I sentori di pino cembro e pino mugo sono tra i più utilizzati per arricchire la grappa di montagna. Il gioco tecnologico è quello dell’infusione, quindi all’interno potrei metterci quasi qualsiasi cosa. La stessa cosa succede con il luppolo e la birra. Anche questa bevanda alcolica può essere arricchita da sentori vegetali preziosi.

Usare i botanicals a casa

Per godere dei profumi e degli aromi dei botanicals anche a casa, Giacomo Fiume consiglia due cocktail facilissimi da preparare. Il primo si chiama Oriental Pepper. Bastano 4.5 cl di cognac, 1.5 cl di sciroppo al mandarino, 6 cl di sour mix agli agrumi (fra cui succo di limone), 4 o 5 bacche di pepe rosa (preferibilmente tostato), 1 cucchiaino e mezzo di bianco d’uovo. Per prepararlo, versate in uno shaker il cognac, lo sciroppo al mandarino, il sour mix agli agrumi ed il bianco d’uovo. Shakerate una prima volta. Successivamente aggiungete il ghiaccio, il pepe tostato e shakerate una seconda volta. Versate il tutto in una coppetta da cocktail. Facoltativi, come decorazione, i granelli di pepe.

Il secondo cocktail consigliato da Fiume è il Wild Happiness. Per prepararlo occorrono 6 cl Sanbittèr Rosso, 3 cl liquore al finocchietto, 4 dash di bitter al sedano. Preparazione: versate il Sanbittèr Rosso e il liquore al finocchietto in un mixing glass, aggiungete due gocce di amaro al finocchietto e due di amaro al sedano, rigorosamente preparati homemade. Colmate il mixing glass con ghiaccio e mescolate. A seguire, versate tutto in una coppetta, già raffreddata precedentemente, e colmate con il Sanbittèr Rosso rimanente. Come guarnizione decorate la base del bicchiere con un raffinato fiocchetto verde di raso accompagnato un rametto di profumato finocchietto selvatico. Inoltre, per chi volesse dare un ulteriore tocco creativo, sostituite il ghiaccio tritato con un grosso cubo di ghiaccio quadrato.