12 cose che fanno arrabbiare un italiano all’estero
Trasferirsi all’estero è una scelta di vita, ma ci sono cose su cui gli italiani non scendono a compromessi e provano fastidio: spesso si tratta di cibo.
Se al romano e al milanese a tavola danno fastidio certe cose, al napoletano altre, al ligure e al siciliano altre ancora, la summa massima di tutte queste esperienze è sicuramente rappresentata dall’italiano che vive all’estero l'italiano all'estero crede di essere il portavoce culinario del suo paese e di saperne più degli altri il quale non solo crede di essere portavoce culinario del suo Paese ma crede anche, in virtù della sua appartenenza geografica, di saperne sempre più degli altri. Di solito è anche vero ma l’effetto che produce è spesso un mix di ilarità e anche fastidio. Quello degli altri. Questo accade soprattutto all’inizio dell’avventura esterofila perché poi, man mano che passa il tempo e si abitua, anche il più strenuo difensore del galateo e dell’abbinamento perfetto cede e inizia a pensare che, in fondo, ogni cultura ha i suoi modi di vivere la cucina. Ma di fondo il fastidio resta sempre ed è quel fastidio che abbiamo riassunto in pochi punti, non necessariamente in ordine di disturbo.
- Il formaggio sulla pizza. Potete fare e dire quello che volete ma l’italiano all’estero che cede alla pizza, perché alla fine si arrende alla pizza del ristorante italiano, la prima cosa che nota è il formaggio utilizzato. Se non è mozzarella le reazioni possono essere di due tipi: il nordico fa spallucce, perché tanto la pizza a casa sua la mangia già senza mozzarella ma con il formaggio finto; se è del Sud prende il coltello, incide la superficie della pizza, tira su il formaggio e con tanto disprezzo intavola una discussione senza fine con il cameriere. Il quale, sfinito, gli propone una bistecca con un’insalatina.
- Il pollo sulla pasta. Si può essere di bocca buona quanto si vuole ma la chicken parmesan proprio non va giù e la vista dello spaghetto scotto con un mestolo di sugo in cima e la fettina di petto di pollo fritta e ricoperta di pezzi di sottilette provoca reazioni che vanno dallo sbuffo alla disanima sui motivi per cui questo è un insulto alla buona cucina.
- Un vicino di tavolo che mischia tutto nello stesso piatto. Ci sono un italiano, un giapponese, un inglese e un americano in tavoli adiacenti, magari alla mensa del lavoro, e chi è quello che non può fare a meno di guardare con aria perplessa e pronunciando svariati mah a bassa voce in direzione degli altri? Di certo l’italiano che non ammette deroghe alla regola: nello stesso piatto solo cibi che si sposano bene, momento dell'aperitivo a parte. Vade retro pasta appoggiata sulla pizza, appoggiata a sua volta sulla verdura e in prossimità del dolce. L’italiano piuttosto che vedere questi mix culinari si offre di lavare i piatti in eccesso.
- Rumori di masticazione. Mettete un italiano a tavola con persone provenienti da altre nazioni e sapete quale è la prima cosa che nota dopo aver scrutato con gli occhi tutta la tavolata? Come mangiano i suoi commensali, senza peraltro nascondere uno sguardo di severa disapprovazione all’ascolto di labbra che sbattono e mascelle che ruminano invece di masticare.
- Melius deficere quam abundare. L’italiano all’estero non tollera la pasta che galleggia nell’acqua di cottura e non accetta nemmeno che nel sugo ci siano ancora i piccioli del pomodoro. Se non volete farci arrabbiare, siate minimalisti con gusto, ossia abbondate di ingredienti e preparazioni serie, riducete al minimo o allo zero gli ingredienti che nelle ricette originali non esistono.
- Un vicino di tavolo italiano, proveniente da una regione diversa dalla sua. Un romano che vive all’estero vicino a un milanese? Un napoletano che si trova come vicino di tavolo un bresciano? Provateci e capirete subito che il vero fastidio di chi vive all’estero, a tavola, è trovarsi accanto persone provenienti dalla sua stessa nazione ma da una città diversa. I personaggi di questa storia si scruteranno a vicenda con occhi compassionevoli e il ghigno di chi pensa che “da quelle parti non sanno mangiare, ci credo che all’estero si ingozzano di tutto”.
- La mancanza del pane a tavola. Anni di vita all’estero non riescono a forgiare l’animo e lo stomaco dell’italiano medio che a tavola cercherà sempre e comunque il cestino con il pane. Chiedere il pane al ristorante o a casa di amici stranieri non gli sembra brutto ma gli pare sconcertante doverlo pagare a parte, e anche pagarlo tanto. Il burro non è contemplato, ma se proprio ci si deve adeguare allora fa finta di spalmarlo. Se poi viene da Roma, impossibile per lui non notare l’assenza della formaggiera a tavola che può diventare motivo di serio sdegno.
- Sentir parlare anche solo vagamente male del cibo italiano. L’immigrato può essersi trasferito e odiare profondamente l’Italia e gli italiani ma non toccategli le tradizioni culinarie, perché è disposto a difenderle al punto tale da rovinare amicizie o rapporti consolidati. Guai a dire che tutti possono cucinare la pasta, che la pizza italiana è come tutte le altre nel mondo e che la carbonara si prepara con la panna: potrebbe scapparci il morto. Naturalmente è capace di riesumare la ricetta della trisavola pur difendere le proprie tesi.
- Le lasagne accompagnate alla pizza. Follia, eresia, orrore allo stato puro, uno di quegli abbinamenti che fanno rivoltare le interiora del solerte italiano ormai esterofilo che, pur di staccarsi emotivamente da questa situazione, non potrà che tirar fuori la frase “Ah già, tu non sei italiano: noi queste cose non le facciamo”.
- Il bicchiere del vino riempito fino all’orlo e il calice scelto con poca accuratezza. Molti dei Paesi lontani dall’Italia non hanno la nostra stessa cultura enologica e, se si chiede un calice di rosso, dopo aver faticato a capirne la provenienza si fatica anche a capire perché il bicchiere arrivi pieno fino all’orlo. In questo modo l'italiano non può sfoggiare le sue doti di decantatore professionista. Questionare sulla tipologia di bicchiere abbinato al vino è inevitabile.
- Il costo dei dessert. In fondo l’italiano che ha lasciato l’Italia è talmente legato alle tradizioni che il dessert dopo pranzo o cena lo considera un must. Quando si rende conto che un piattino di biscotti secchi e vecchi costa quanto una bistecca non può che storcere la bocca e iniziare a pensare seriamente di rinunciarci. Non lo farà ma solo per amor proprio e perché ha una reputazione, la sua e quella dell’intera Italia, da difendere.
- Il caffè è una cosa seria. Da Milano a Palermo, da Roma a Napoli, da Venezia a Cagliari, non c’è italiano che viva all’estero e che riesca a tollerare un caffè mal preparato. Egli è disposto a imbestialirsi pur di difendere strenuamente la tazzulella. Se al caffè bruciato, annacquato o imbevibile ci aggiungiamo pure l’ammazzacaffè scadente o, ancora peggio, assente, il quadro è completo.
In generale l’italiano medio che vive all’estero è più tollerante verso usi e costumi altrui, se non altro per status. Ma se lo si tocca sul vivo, ovvero su come si cucina italiano, è disposto a tutto pur di dimostrare la superiorità del suo Paese di fronte al mondo intero. Anche rompere amicizie.
Vivete all’estero? Cosa non sopportate delle abitudini alimentari altrui?
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