Cos’è e come si prepara il vin santo?
Il vin santo è tra i protagonisti delle tavole delle feste: vi raccontiamo qualcosa di più sulle sue origini, le sue tecniche di lavorazione e i suoi migliori abbinamenti. Tra questi, ovviamente, non manca quello con la pasticceria secca.
Il vin santo non è solo una bevanda da chiesa ma è, soprattutto durante le festività natalizie, il vino che viene tradizionalmente consumato a fine pasto, magari in abbinamento a formaggi stagionati ed erborinati o alla pasticceria secca. Le sue origini sono antichissime ma fate attenzione: non confondetelo con il vino santo.
Perché si chiama così?
Sul nome del vin santo ci sono più teorie. C’è chi lo fa derivare dall’aggettivo greco xantos, che significa giallo (e in effetti il colore del vin santo è proprio giallo), e poi c’è chi collega l’aggettivo santo alla Settimana Santa, il momento dell’anno in cui si spremono gli acini appassiti per ottenere il vino. Altre storie riferiscono però il nome all’isola di Xantos, meglio nota come Santorini, dove le viti e l’uva godono di un clima perfetto.
Di che vino si tratta?
Secondo la pratica enologica, il vin santo è un vino passito ottenuto dalla vinificazione di uve che hanno subito un lungo processo di disidratazione, detto appassimento, in grado di donare alla bevanda un’alta concentrazione zuccherina.
Che gusto ha e a cosa si abbina?
Al naso, il vin santo ha profumi di mandorla e frutta secca, sentori di miele e albicocca disidratata. In bocca, oltre a una texture più pastosa rispetto a quella del vino secco, ritroviamo i sapori annunciati al naso. Pertanto, questo particolare vino dal colore dorato si sposa elegantemente con biscotti secchi o formaggi stagionati ed erborinati.
Quando si beve?
Per tradizione, il vin santo si imbottiglia e si beve a Natale e a Pasqua. Quindi, a seconda del momento, le uve avranno avuto un tempo diverso di appassimento e il vino sarà più o meno zuccherino: quello pasquale è di sicuro un vin santo più dolce e vellutato.
Come si ottiene?
L’ingrediente segreto del vin santo è la madre: una selezione di lieviti molto forti e quindi adatti a trasformare lo zucchero, presente in questi mosti in grande quantità, in alcol. La madre è la feccia che dopo la fermentazione del vino precedente rimane sul fondo del caratello e viene quindi riutilizzata per le lavorazioni successive. Ogni cantina ha la propria ed è questo il fattore che garantisce al vin santo caratteristiche uniche e difficilmente imitabili.
Si dice vin santo o vino santo?
Non bisogna confondere il vin santo con il vino santo, presidio Slow Food prodotto in Trentino. Anche il secondo è un vino passito ma viene realizzato a partire da uno specifico vitigno, cioè quello delle uve selezionate di Nosiola. Si tratta di una varietà autoctona della Valle dei Laghi, luogo in cui le uve vengono appassite per oltre sei mesi su dei graticci chiamati arèle.
Anche per questa bevanda, dopo una lunga e lenta fermentazione, la pigiatura avviene durante la Settimana Santa. Il vino che si ottiene è di grande morbidezza, con il giusto tenore zuccherino e alcolico e un ricco bouquet di profumi.