Cucina giapponese: piccola guida ai nigiri
I nigiri sono un must del sushi e ne esistono tante tipologie diverse. Leggete la nostra guida per scoprire tutti i segreti di questa specialità nipponica.
Una polpettina di riso condita di aceto e una striscia di pesce. Stiamo parlando dei nigiri, una delle più famose tipologie di sushi. La ricetta si è sviluppata durante il periodo Edo (1603–1867) e sono facilissimi da preparare. la loro invenzione risale al periodo edo in giappone E poi sono gustosi e curiosi perché si trovano, anche al di fuori del Giappone, in tante varianti diverse. Questi bocconcini, infatti, possono avere tanti golosi ingredienti e trasformarsi in una tavolozza di colori e di gusto. Abbiamo infatti parlato genericamente di pesce, ma sopra il riso (chiamato shari) potete trovare tante materie prime. Non solo ingredienti marini e non solo crudi come si potrebbe pensare… tutto questo universo di topping, condimenti, vengono chiamati neta o tane. Probabilmente avrete già avuto modo di testarne qualcuno ma scopriamo anche quelli più insoliti e impariamo a orientarci in questo variegato mondo. Ecco la nostra guida ai nigiri.
- Toro: iniziamo facendo un po’ di chiarezza. Facile, infatti, parlare di nigiri di tonno: in Giappone, solo con questo ingrediente, esistono tante piccole e golose proposte. A partire dal pregiato toro con ventresca di tonno. Si tratta di un ingrediente prezioso, particolarmente morbido, grasso e saporito. Si ricava dalla parte addominale del pesce. L’otoro nigiri è ricavato dal cuore della ventresca, decisamente succulento e caro. Se si parla invece di chutoro si usano le carni più laterali e il costo è più accessibile.
- Maguro: questo è il nome con cui di solito identifichiamo il nigiri di tonno. Si usaun taglio magro, di colore rosso vivo, chiamato akami, decisamente meno tenero del toro, ma comunque gustoso. Si possono distinguere i vari tipi di maguro in base alla varietà di pesce utilizzato. Per esempio, se l’ingrediente è il tonno pinna gialla (thunnus albacares) si parla di kihada maguro, se invece si tratta della varietà alalunga (thunnus alalunga) si chiama bincho maguro.
- Negitoro: vediamo un altro nigiri a base di tonno. Si chiama così quando la polpetta di riso è sormontata dalla polpa ottenuta dalle parti più vicino alle lische. Quello che noi chiamiamo buzzonaglia. Spesso questo tipo di sushi è arricchito da cipollina fresca ed è circondato da una striscia di alga nori (Gunkan Maki, come vedremo più avanti).
- Katsuo: un pesce della famiglia del tonno, lo stesso usato per preparare il katsuobushi. Questo tipo di nigiri è originario della baia di Tokyo ed è una delle prime ricette, risalente al periodo Edo. Il pesce può essere crudo oppure grigliato solo in superficie (tataki). Di solito questo tipo di sushi è arricchito da zenzero e negi o cipolla d’inverno.
- Sake: un nome che vi sarà sicuramente familiare perché questo tipo di onigiri è uno dei più amati e diffusi in Giappone e nel mondo. L’ingrediente principe è il salmone, che può essere crudo o leggermente scottato (aburi). In questo secondo caso può essere accompagnato dalla salsa teriyaki, che, con il suo sapore agrodolce, si abbina benissimo alle pietanze grigliate o si presta a preparare marinature.
- Ebi: protagonista di questo nigiri è il gambero, sbollentato e tagliato secondo una tecnica particolare che fa sì che il crostaceo risulti aperto sul riso come se fosse una farfalla. Se si parla di nama-ebi, l’ingrediente marino è crudo. A seconda del tipo di gambero si possono poi ottenere nigiri dal nome leggermente diverso. Se, per esempio, trovate in menu l’ama-ebi sappiate che è usato un ingrediente particolarmente dolce, come i gamberetti rosa dell’Alaska, proposti a crudo. Sapore simile è quello dei botan-ebi, tipici delle prefetture di Hokkaido e Toyama, dalla consistenza più carnosa. I sakura-ebi sono, invece, i gamberi primaverili pescati nella prefettura di Shizuoka.
- Anguilla (unagi e anago): in Giappone l’anguilla non si mangia solo a Natale, ma in ogni momento dell’anno come saporito ingrediente del sushi. Se si usa l’anguilla di acqua salata (grongo), il nigiri si chiama anago, se è di acqua dolce, invece, unagi. Nel primo caso, il pesce di solito è semplicemente marinato. Nel secondo, essendo le carni più grasse, si usa sbollentarle e poi grigliarle, prima di servirle sul riso, magari accompagnate da un’aromatica salsa di soia (tare).
- Ika: è uno dei nigiri più diffusi. Qual è il suo ingrediente principe? Il calamaro. Le sue carni bianche e delicate, la sua consistenza gommosa spesso e volentieri completano il quadro di un menu o di una barca di sushi. Per dare un pizzico di sapore in più è di solito presentato aggiungendo, tra il riso e il mollusco, un pezzetto di zenzero marinato o una fogliolina di shiso, un’erba aromatica molto usata nella cucina giapponese. Se invece, nel menu, trovate scritto yari ika sappiate che si tratta di seppia. Di solito è cruda, ma può essere anche proposta grigliata e accompagnata da salsa ponzu.
- Nori ribbon: i nigiri sono arricchiti da una foglia di alga nori messa in modo trasversale, abbracciando il riso e il condimento con una certa eleganza. Potete trovare applicata questa tecnica con qualsiasi tipo di nigiri ma soprattutto con il polpo (tako), la frittata (tamago), le uova di aringa pressate (kazunoko) o l’enorme mollusco geoduck (mirugai). Attualmente persino l’avocado è protagonista di questo tipo di nigiri.
- Engawa: un ingrediente poco usato in Italia, ma molto apprezzato in Giappone, la platessa. Questo nigiri può risultare particolarmente costoso perché del pesce è usata solo la parte della pinna per il suo gusto umami. Alcuni servono questo nigiri con della cipollina tagliata fresca o delle uova di pesce e magari accompagnata dall’aromatica salsa ponzu. La platessa può essere cruda oppure leggermente scottata (aburi). Se si parla di hirame, il nigiri è preparato con la platessa giapponese (paralichthys olivaceus).
- Hamachi: è un tipo di nigiri a base di ricciola del Pacifico (seriola quinqueradiata) o di kanpachi (seriola rivoliana). Il suo sapore delicato è spesso apprezzato da chi non è ancora entrato in sintonia con questo genere di piatti. Se si usa solo la parte più raffinata del ventre del pesce si parla di hamachi toro. Mentre, se il condimento è a base di ricciola pescata in inverno quando il pesce è più grande e grasso, il nigiri si chiama buri. Quest’ultimo costa di meno (seppur sempre gustoso) perché i pesciolini giovani sono più pregiati.
- Hotate: il nigiri con la capasanta. Questo mollusco è molto apprezzato come neta sia dagli adulti che dai bambini grazie al suo sapore dolce e alla sua consistenza tenera. Curiosità: questo ingrediente è diventato popolare in Giappone nel periodo Edo, lo stesso in cui si è sviluppata la tradizione dei nigiri. Di solito questo tipo di sushi è servito con wasabi e salsa di soia, ma il sapore del mollusco si abbina particolarmente bene agli agrumi, come della scorza di limone. In alcuni casi potete trovare questo nigiri presentato come un nori ribbon.
- Saba: lo sgombro è un altro ingrediente marino molto amato in Giappone anche perché è facile da reperire e a un buon prezzo. Unico problema: le carni di questo pesce perdono velocemente freschezza ed emanano un odore pungente. Per questo motivo i sushi chef presentano di solito questo condimento marinato, un po’ come accade in Italia con le alici. Questa tecnica in Giappone si chiama shime. Curiosità: questa preparazione è nata a Tokyo nell’Ottocento e fa parte di quella parte di cucina nipponica che è chiamata Edo Style Sushi o Edomae.
- Hikarimono: con questo nome sono raggruppati i nigiri preparati con filetti di pesce salato e marinato in aceto, servito con la pelle argentata ben in vista. Il saba appena citato ne è un perfetto esempio, ma non è l’unico. Questa categoria comprende infatti l’aji (sgombro cavallino), l’iwashi (sardina), il sayori (pesce spadone), il sanma (luccio sauro del Pacifico) e il kohada (konosirus punctatus, della famiglia delle sardine). Sono tutti ottimi rappresentanti dell’Edo Style Sushi.
- Kohada: insieme al saba, si tratta dell’hikarimono più diffuso e popolare. Dicono che sia uno dei primissimi esempi di Edomae. Il pesce protagonista è chiamato konoshiro, se è di media dimensione, shinko, se piccolo, sotto i 5 cm, ed è ricco di umami. Quello pescato nella baia di Tokyo è particolarmente apprezzato. Tradizionalmente questo nigiri è servito con l’oboro, una dolce pasta di gamberetti.
- Battera: tipico della prefettura di Osaka, prende il proprio nome dal portoghese bateira, che significa piccola barca. In passato questo nigiri era preparato con il konoshiro, oggi sostituito con lo sgombro, sempre marinato. La particolarità è che, tra il riso e il pesce, c’è un pezzetto di alga konbu. Altro elemento distintivo è la forma pressata e quadrangolare, tipica del battera.
- Tai: non c’è invece bisogno di arrivare fino a Osaka per assaggiare questa specialità. In questo caso, infatti, il riso è sormontato da un semplice filetto di orata. Il suo sapore delicato è particolarmente adatto a chi si avvicina per la prima volta a questo tipo di cucina. Nella città portuale di Toyohama, nella prefettura di Hiroshima, ogni anno si tiene un festival dedicato a questo pesce.
- Kani: il granchio. La polpa di questo crostaceo è cotta a vapore e adagiata, ormai fredda, sul riso, a volte insieme all’alga per ottenere un nori ribbon o un gunkan maki. In certi casi, visto che la materia prima può rivelarsi costosa, vi sarà presentato il surimi, che ricorda il colore e il sapore del granchio ma è preparato con la polpa di pesce (tradizionalmente merluzzo) tritata e mescolata con addensanti.
- Wagyu: la pregiata carne di manzo è oggi protagonista anche di un originale nigiri. Il suo sapore intenso e dolce si abbina perfettamente a quello del riso shari. La carne può essere cruda o, più spesso, scottata secondo l’aburi style. Il tutto di solito è decorato con cipollotto tritato fresco. Potete ormai trovare questa specialità anche fuori dal Giappone, sia nei sushi bar che nei ristoranti di cucina giapponese o nelle steakhouse.