Curiosità: perché si dice bagnomaria?
La tecnica del bagnomaria è una delle tecniche più utilizzate e più conosciute, ma da dove arriva il suo nome così insolito?
È una tecnica che, almeno una volta, abbiamo usato tutti. Quantomeno per sciogliere il cioccolato, oppure per scongelare lentamente qualche alimento. Sistema per riscaldare, cuocere, distillare in maniera indiretta, diffuso ovunque nel mondo, bagnomaria indica una procedura ben precisa, con un recipiente di acqua calda sul fuoco e un altro, quello da cuocere, sovrapposto senza che sia a diretto contatto con la fiamma, per avere un maggior controllo sui risultati, soprattutto in caso di ingredienti particolarmente delicati. Dove nasce questo nome? E chi era Maria?
Come funziona
Per procedere con il bagnomaria, il composto da sottoporre a questa tecnica viene posto in un contenitore. Quindi se ne riempie (solitamente) d’acqua un altro, di forma e dimensioni adatte a contenere il primo. Si poggia il primo dentro al secondo e quest’ultimo sul fuoco. O in forno. Il calore dei fornelli o della resistenza mantiene l’acqua calda, che lo trasferisce lentamente al composto, in modo delicato e controllabile. È una tecnica con tempi più lunghi, ma di sicura resa, molto usata soprattutto in pasticceria dove gli sbalzi di calore rischiano di rovinare facilmente composti a base, per esempio, di uova, miele e zucchero. Come nel caso del pan di Spagna, del budino, del crème caramel. Ma la ritroviamo anche in ricette salate, come quella del flan. In sostanza, il bagnomaria è perfetto per tutte quelle preparazioni in cui, se posto direttamente a cottura, il composto cuocerebbe troppo velocemente e non in maniera diffusa.
Le origini
L’invenzione di questa tecnica di cottura dei cibi è ancora piuttosto incerta. Viene normalmente attribuita a Maria la Giudea, conosciuta anche come Maria Propethissa, filosofa e alchimista che si ritiene sia vissuta nei territori dell’Impero Romano orientale tra il I e il III secolo d.C. È considerata la prima alchimista nella storia dell’Occidente e a lei viene attribuita l’invenzione di diversi apparati chimici e alchemici. Identificata dagli alchimisti del passato anche con Myriam, sorella di Mosè (quella stessa sorella che lo avrebbe posto nella cesta sul fiume Nilo), una prima menzione di Maria la Giudea come inventrice del bagnomaria si troverebbe negli scritti di Zosimo di Panopoli, autore egizio dei più antichi testi conosciuti sull’alchimia, scritti nel IV secolo.
Il balneum Mariae
In questi antichi testi si dice che lei abbia sperimentato il metodo del bagno in acqua – kaminos Marias, successivamente tradotto in latino come balneum Mariae – per imitare le condizioni naturali e riscaldare lentamente miscele di varie sostanze, cioè gli elisir, per produrre in questo modo oro e altri metalli preziosi.
Un metodo valido ancora oggi
La cottura a bagnomaria rimane molto attuale, lo dicevamo, soprattutto per quegli alimenti che cotti delicatamente esprimono al meglio aromi e sapori. A partire dalle preparazioni con le uova, dunque passando per i dolci, anche le salse salate (perfino la besciamella) vengono tenute così maggiormente sotto controllo, evitando inconvenienti come cottura eccessiva e separazione degli ingredienti. Perché? Perché il bagnomaria non raggiunge mai punti di non ritorno: la temperatura dell’acqua sottostante, infatti, può essere controllata facilmente, aumentando o diminuendo l’intensità della fiamma o perfino, se necessario, aggiungendo acqua fredda.
Non solo per cuocere
Una procedura che, se ben ci pensate, si utilizza anche per sterilizzare gli alimenti. Per esempio una volta preparata la marmellata, a vasetti chiusi, per sterminare i batteri e creare pressione nel barattolo, grazie al vapore acqueo che si forma all’interno. Allo stesso modo, il bagnomaria è utile anche per raffreddare velocemente i cibi: se in un contenitore mettiamo acqua, ghiaccio e sale grosso. Grazie a quest’ultimo la temperatura dell’acqua si abbasserà ulteriormente e l’alimento manterrà una temperatura costantemente bassa.
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