Epic fail: 8 cose da non fare MAI a un ricevimento di matrimonio
Quali sono le cose peggiori, gli epic fail, che possono capitare durante il ricevimento di un matrimonio? Le abbiamo elencate per voi, vi sono mai successe?
Dice Kierkegaard: “Sposati, te ne pentirai; non sposarti, te ne pentirai”. Il povero filosofo danese deve essere stato spesso invitato a orrendi matrimoni. al ricevimento di un matrimonio, gli epic fail di cui rimanere vittime sono dietro l'angolo Già a partire dai programmi con Enzo Miccio e le perenni sfilate di donne lacrimose in abito bianco (con annesse mamme e suocere che si litigano l’affetto filiale), affrontare l’argomento matrimonio significa scoperchiare un abisso dal quale difficilmente si esce a riveder le stelle. Tra tutte le occupazioni inutili su cui l’umano ha sprecato il proprio intelletto, l’industria di bomboniere risplende fulgida: difficilmente riesci a tornare a casa senza un centrino modello anni ’70, un angelo di coccio, una spiga d’argento, un cervo di legno, che farai stazionare sul tuo altrettanto orribile comò per commemorare eternamente la quantità di disavventure che hai passato. Perciò, prima sconfitta: essere invitati; secondo errore: andarci davvero (invece di fingere la peggiore febbre intestinale del decennio). Terzo sproposito: restare fino alla fine. Ecco gli epic fail che possono capitarti al ricevimento di un matrimonio.
- Accecare gli sposi con il riso. Il prete non ha ancora finito di pronunciare “Vi dichiaro marito e moglie”, che già una schiera di feroci lanciatori scarica mesi di rabbia repressa lapidando la disgraziata coppia a colpi di riso parboiled comprato in offerta al supermercato. Ogni manciata una recriminazione: “M’avete fatto partire all’alba per sposarvi in montagna”; “Ho buttato uno stipendio per regalarvi il servizio di bicchieri”; “M’avete pure messo al tavolo con dieci sconosciuti che parlano solo filippino”. Se con il riso si acceca uno dei due sposi, si ritarda di molto l’apertura del buffet.
- Strafogarsi mentre gli sposi fanno le foto. Per prepararti al buffet e viverlo con equilibrio hai seguito un paio di corsi: meditazione, lancio del giavellotto… Nonostante le migliori intenzioni, l’attesa è così estenuante che alla fine mangi più in fretta che alle competizioni di ingoiatori di hot dog del Colorado. La drammatica escalation è questa: la cerimonia è durata ore, il tuo ultimo pasto risale alla giornata precedente, ti butti sulle verdure (hai ancora dominio di te); gli sposi si fotografano con un piede alzato, con la mano di lei sul petto di lui, con la mano di lui sul fianco di lei, con le mani in alto, con lo sguardo perso nel panorama, tu dici: “Vabbe’, assaggio qualcosina…” Gli sposi si fotografano occhi negli occhi, mentre fingono di baciarsi, mentre fingono di bere e mentre fingono di amarsi davvero, tu cominci a tremare e mangi tutti gli spiedini che esistono, qualunque piatto in cui vedi la pasta sfoglia e persino il cocktail di gamberetti. Poi capisci che qualcosa succede, perché saltano tutte le stampelle, si alza un vento freddo, le persone si accorpano rabbiose in un’unica scia: sono pronti i fritti. Entri in uno stato di annebbiamento da cui esci solo quando fai le analisi del sangue e il dottore ti prescrive le pasticche per il colesterolo.
- Bere troppo nell’attesa e diventare l’invitato ubriaco. Alcuni, per evitare di abbuffarsi, mentre gli sposi si fotografano davanti a una siepe, davanti a una panchina, davanti a un albero a forma di cuore, si ritirano silenziosi vicino a un laghetto. Ma il solerte cameriere li raggiunge anche lì: “Qualcosa da bere?” Cominci con un succo d’ananas. Il solerte cameriere è così solerte che torna; al terzo succo d’ananas hai talmente tanti zuccheri in corpo che accetti tutto quello che ti danno: Prosecco, Bellini e persino un borghesissimo Aperol senza ghiaccio. In pochi istanti giri nudo nel lago e vieni additato dagli invitati di buona famiglia come il bizzarro, l’orrido, l’innominabile; attiri ogni tipo di stigma sociale fino a che non saltano tutte le stampelle, si alza un vento freddo, le persone si accorpano rabbiose in un’unica scia… (crf. Punto 2).
- Accettare il bis. Con un ultimo book di fronte alla macchina d’epoca noleggiata, gli sposi hanno per ora terminato le foto; fanno il loro ingresso trionfale e tutti si vanno a sedere al posto assegnato. Il solerte cameriere ti ritrova subito: sei l’unico italiano in mezzo a dieci filippini. Il solerte cameriere è sempre così solerte che, dopo averti ubriacato, ti ingrassa schifosamente. Sapendo perfettamente che non sei in te, ripassa con le portate 2, 4, 12 volte, riproponendoti ogni piatto finché non svieni. Solo ripensandoci anni dopo con freddezza comprenderai la subdola vendetta: dal suo punto di vista, tu eri lì a festeggiare, lui costretto a lavorare di domenica.
- Ungersi indegnamente. La macchia sulla camicia ce la facciamo tutti, ma ai matrimoni avviene sempre e solo la versione più estrema e turpe, modello Carrie - lo sguardo di Satana. Oltre al solerte cameriere, c’è sempre un cameriere con le mani vagamente tremanti per un amore appena finito. A quel cameriere, se le leggi del cosmo non trovano la giusta congiunzione, daranno il compito di servire l’arrosto; l’arrosto ha un sughetto che se lo mangi è delizioso, se te lo versano addosso ti fa riconsiderare tutte le scelte della tua vita nel giro di un secondo. Lui arriva col vassoio e tu già ti proteggi con la giacca; ti scosti, ma sai che accadrà; usi uno degli altri invitati come scudo umano. Niente, il cameriere dalle mani tremanti rivela una mira che vince su tutto e tu, ufficialmente, diventi l’arrosto.
- Fotografare la torta. A casa ti sei fatto mille auto-sermoni su quanto siano trash certi matrimoni, sulla tua raffinatezza, sull’idea che hai di eleganza; poi arriva la torta. Averla a 15 piani come le torri di Londra non basta più, bisogna stupire come non farebbe nemmeno il peggior concorrente di Non ditelo alla sposa-Australia. Torte grandi come tappeti elastici, colorate come il mondo delle favole, con le foto di Tiziano Ferro, con le miniature degli sposi intagliate dagli artigiani del presepe di Napoli; e l’ultima tendenza: torte acquario con disgraziatissimi pesci moribondi che navigano sotto strati di millefoglie. Ti guardano e dicono: “Tu almeno l’hai scelto di venire qui, ma noi… che colpa abbiamo?” E nonostante tutto, tu fotografi.
- Stazionare a bordo piscina. Ogni location che si rispetti (perché chiamarlo solo ristorante è profondamente Ancien Régime) ha almeno una piscina; al quarto piatto di torta, con la panna che ti ha ottenebrato pure l’anima, è il luogo in cui tu ti pietrifichi a fare malinconiche riflessioni esistenziali. L’umido ti attanaglia, i filippini ti stanno ancora attorno senza che tu riesca a comunicare con nessuno, eppure, alienato, non te ne vai. Con un bicchiere grande come il mondo di spumante terribilmente dolce guardi gli sposi che si fotografano a bordo piscina. Lui non è nemmeno più quello di prima, devono averlo sostituito con uno stuntman, lei sta in pantofole, con le occhiaie, quasi calva. Avete tutti freddo, tutti sonno, eppure restate.
- Non imparare la lezione, mai. Hai pensato tutto il male del mondo, dentro di te hai fatto un’infilata di lamentazioni che manco Jacopone da Todi. Poi un giorno, incontri la persona della tua vita, fuggi con lei al mare, ti innamori come non mai e… ti sposi. Ti fotografi davanti alle siepi, davanti alle macchine, con gli occhi negli occhi; inviti mille nonne con le stampelle (che lanciano quando arrivano i fritti), fai servire portate infinite, replicate in infiniti bis; ordini una torta acquario a quarantadue strati. Fingi di sorridere all’obiettivo mentre sei a bordo piscina e noti un povero cristo che quasi piange in mezzo a tanti filippini. Ricordi tutto… ricordi e pensi: “Cosa è successo?”
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