Roma: Friccico, il bistrot per innamorarsi della selvaggina
Aperto poco prima della pandemia, Friccico – Mangia e Bevi è un bistrot dall’atmosfera romantica dove assaggiare piatti con sapori autentici.
Friccico è un bistrot, uno di quei posti piacevoli in cui ti siedi volentieri. Affacciato su un ampio marciapiede al centro dei Colli Portuensi di Roma, su cui estende un gradevole dehors, Friccico restituisce letteralmente quella sensazione istantanea di piacevolezza che ha nel nome. Ché poi, per completezza, sarebbe Friccico – Mangia e Bevi. Nel conoscere e raccontare la storia di questo posto, se ormai sappiamo che le cucine dei ristoranti non nascondono segreti, ma tecnica, estro e dedizione, dobbiamo però dire che la cucina in sé un segreto lo custodisce: innamorarsi.
Detta così, in un’epoca di ideologie e retorica, sembra un romantico incarto a un dono di buona sostanza; tuttavia, innamorarsi della cucina come di qualsiasi altra cosa o persona prevede un’empatica attitudine alla comprensione. Allo studio, alla curiosità, alla voglia di stupire e di stupirsi generando stimoli. Simone La Rocca è innamorato. Della cucina e della donna che in sala si fa ambasciatrice del sentimento che lui esprime in cucina. Tutti gli chef sono innamorati, forse, ma la cosa che più colpisce della figura di cuoco di Simone è quella riservatezza che usa per custodire il suo sentimento.
La filosofia di Friccico
Il cuoco Simone La Rocca, che comunque non riesce a celare una grande voglia di confronto su ricette e tradizioni, custodisce il rispetto e la passione smisurata che nutre per la storia e l’evoluzione della cucina. Tanto per quella contadina, dove pianta le radici, quanto per quella avanguardista dove invece ricerca spunti creativi. Il suo sport preferito è fare la spesa. In un tragitto che da Cerveteri a Roma (quasi centro) lo porta ogni giorno nelle aziende agricole di fiducia, fatte di persone e prodotti e animali di cui ormai conosce la storia, si perde in quelle chiacchiere che gli piacciono tanto su come valorizzare sempre di più quello che compra. Il suo impegno preferito sono le carni. La selvaggina e la cacciagione, quando disponibile, così come tutti gli animali di cortile sui quali elabora piatti, sughi e fondi, sono una passione quasi viscerale.
Friccico, il locale
Gli ambienti hanno un’ispirazione francese, per questo il richiamo a un bistrot. Caratterizzati da un arredamento attento e informalmente elegante, colpisce il design dei colori tenui e accomodanti. Le sedute comode e i tavoli di legno, così come l’apparecchiatura in stile classico, coniugano la raffinatezza francofona a un senso di casa. 28 coperti in sala, 18 nel dehors permanente e riscaldato all’occorrenza di stagione, più 5 posti al bancone dirimpetto alla cucina. Su quest’ultima si aprono una finestra e una griglia di brace viva dove il leccio argentino profuma il corridoio d’aria che l’attraversa. La vista non è male e neanche l’olfatto. Serena è la disinvolta responsabile di sala, estroversa e dinamica, ma è anche la curatrice degli spazi e di una concentrata ma divertente carta dei vini. In quest’avventura gastronomica Simone conta su di lei e sull’appoggio instancabile di due soci, Andrea e Iacopo.
La cucina di Friccico
Il menu, oltre ai classici antipasti, primi e secondi piatti, con contorni e dessert, offre una voce interessante. La Gastronomia, dove tra una Carne salada con stracciatella e un Culatello o altri salumi artigianali, l’assaggio è ricaduto su un pregevole Prosciutto d’anatra con composta di pere e cipolle. La manifattura artigianale preserva una consistenza di piacevole mordenza e il taglio manuale, raro per questo salume, lascia a ogni fetta una percentuale di grasso di gradevole scioglievolezza.
Tra gli antipasti abbiamo assaggiato la Terrina di fagiano con funghi cardoncelli alla brace e il Vitello tonnato con salsa antica. La terrina si presenta su una fetta di pane bruscata e il contrasto nelle consistenze, tra la croccantezza del pane e la dovuta resistenza dei funghi, è un gioco gustoso intorno alla morbida delicatezza del fagiano. Un piatto terroso che gratifica, tra dolcezza e note bruciate. Il vitello è stilisticamente alla regola, per morbidezza e gusto, ma la differenza esplosiva la fa la salsa tonnata in versione antica, ovvero senza maionese. Il cappero ha una spinta decisa e intensa, mitigata e caratterizzata dalla forza del tonno. Un piatto che se considerato tra i grandi classici, ha il valore aggiunto di sorprendere.
Nei primi piatti torna la selvaggina e il cortile con degli Gnocchi di patate al ragù di coniglio e carciofi, insieme a dei Plin ripieni di fagiano alla cacciatora, funghi e pesto di broccoletto romanesco. Anche se agli gnocchi sarebbe servita forse più consistenza con trenta secondi in meno di cottura, il ragù risulta avvolgente e correttamente sapido mentre i carciofi prendono corpo in un’asprezza vigorosa. Una spigolatura che restituisce carattere al piatto e invoglia inevitabilmente al boccone successivo. Lo spessore e la cottura dei plin sono perfetti e nonostante la ripetizione dell’ingrediente, si assaggia un fagiano diverso e ben gestito nella componente acida della lavorazione. Sapore intenso e acidulo, che insieme ai funghi, ma soprattutto all’equilibrato pesto di broccoletti ripassati, si trasforma continuamente lasciando una persistenza aromatica piacevole.
À la carte i secondi sono schierati in assetto da imbarazzo della scelta. Petto d’anatra alla brace, Lepre à la Royale farcita con foie gras e tartufo, Galletto con patate e Rollè di coniglio. Sarà per questo che alla fine abbiamo optato per un fuori menu, la Guancia di manzo brasata su purè di patate. Servita abbondantemente guarnita del suo fondo, una salsa intensa dalle sensazioni scaloppate, il piatto si presenta avvenente e la sostanza non tradisce le aspettative. Appetitosa e succulenta, la guancia trova nel suo comfort il valore aggiunto di un porto sicuro per il palato, laddove a dargli manforte il purè racconta di patate dolci, noce moscata e burro profumato.
A chiudere, le Frittelle con farina di castagne, salsa al cachi e gelato al fiordilatte, son un buon mix tra pulizia e giusto compiacimento da dessert. Un Etna Rosso di Firriato è riuscito ad accompagnare tutto con amabile trasversalità. Friccico apre la sua cucina agli inizi della pandemia, resiste a tutto nonostante tutto e oggi con un carattere deciso, ma elegante, si presenta con una tavola dalla filiera fidata. Simone, con la sua dedizione riservata, e Serena, con la sua emergenza espressiva, insieme lavorano per valorizzare quel segreto che la cucina mantiene e che nella loro buona parte, gli appartiene. Andrea e Iacopo contano su di loro e fanno bene. Friccico, nel suo insieme, è il riflesso gradevole dell’esperienza che ti aspetti. Sicuramente è una bella storia da ascoltare.
Friccico (Via dei Colli Portuensi, 169) è aperto a cena dal martedì al sabato (dalle 19.30 alle 24) ed a pranzo dal giovedì alla Domenica (dalle 12.30 alle 15).