Giappone, la terra delle stranezze culinarie
In Giappone la tradizione gastronomica millenaria si mescola con nuove tendenze e stranezze. Scopritele con Agrodolce.
Giappone, terra di eccessi dove tradizioni millenarie e avanguardia assoluta si incontrano, si fondono oppure si contrastano a tal punto da essere parte di una meravigliosa e stupefacente eterogeneità. il giappone mescola tradizioni gastronomiche millenarie e avanguardia assoluta Non è raro, soprattutto nelle grandi città come Tokyo, vedere sullo stesso marciapiede un signore di mezza età abbigliato in abiti tradizionali così impostato e fiero da sembrare un antico samurai, e una signora travestita da succinta cyborg che fa allegramente shopping. Anche il mondo del food è decisamente in linea con quanto appena detto: i nipponici infatti non si accontentano di possedere la tradizione culinaria tra le più antiche, complete, vaste e interessanti del mondo, ma si divertono a sperimentare in un insolito ping pong tra concetti seri e vere e proprie provocazioni.
Una delle preparazioni più antiche di tutta la nazione, e molto diffusa nella cucina giapponese, è legata a un altrettanto antico metodo di conservazione, la fermentazione, nato per esigenze effettive data l’assenza di frigoriferi e divenuto poi una pratica a cui i giapponesi sono molto legati. Il funazushi è realizzato solo con gli esemplari di sesso femminile di una particolare specie di carpa, la Funa appunto, che è magistralmente eviscerata dalle branchie usando delle bacchette, avendo cura di lasciare all’interno la sacca con le uova. Una volta svuotati, i pesci sono riempiti di sale e lasciati macerare per quattro anni in barili di legno, alternandoli a strati di riso bollito e aceto di riso. Alla fine di questo periodo i pesci vengono puliti, lasciati asciugare al sole e nuovamente fermentati nel riso per un altro anno, per poi essere consumati al naturale, tagliati in fette piuttosto spesse.
Una simpatica mania giapponese è quella di geometrizzare il cibo, partendo dal mostro sacro del sushi e i famosissimi bento (quelli che a Milano chiamerebbero schiscètte), contenitori porta-pranzo non solo per i bimbi, i cibi disposti geometricamente nei bento rappresentano personaggi e a volte raccontano addirittura storie all’interno dei quali il cibo viene disposto in modo tale da rappresentare figure, personaggi e raccontare storie. Alcuni ingredienti sono già deformati ad hoc, cresciuti all’interno di stampi già a partire dalla pianta: nascono così l’anguria cubica e le pere nashi a forma di Buddha. In Giappone la freschezza del cibo è a dir poco un’ossessione e porta a fenomeni che noi considereremmo eccessivi, persino disgustosi e per niente appetibili: basti citare i testicoli di capra crudi serviti a fette, il sashimi di rana macellata al momento con tanto di testa ancora semovibile come garanzia di genuinità, il cocktail preparato con sakè e sangue fresco di tartaruga appena sgozzata (servito anche nel pluristellato ristorante Nobu) e, dulcis in fundo, il pesce appena estratto dall’acqua, fritto velocemente immergendolo nell’olio bollente dalle branchie alla coda.
Un’altra strana passione del Paese del Sol Levante è di certo quella per i cibi velenosi. A quanto pare il sashimi di Fugu (pesce palla) e di pesce pietra, entrambi potenzialmente mortali rispettivamente per le sostanze prodotte dal fegato e per il veleno contenuto negli aculei posti sulla pinna dorsale, sono una prelibatezza centenaria ormai divenuta famosa in tutto il mondo. Stesso discorso per la zuppa di serpente marino, tra i più velenosi al mondo, e per il gelato al gusto di vipera. E a proposito di gelati: come farsi mancare i gusti carbone, lingua di mucca, aglio, intestino di polpo e cavallo? Avete già comprato i biglietti?
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