Se vi piace il gin, provatelo rosa
La rinascita del gin come bevanda di moda è dovuto anche alla diffusione del gin rosa: nato come cocktail, oggi è un distillato vero e proprio.
Più dolce di quello bianco e soprattutto bello da vedere, assolutamente instagrammabile: è il gin rosa, variante cromatica del tradizionale distillato a base di bacche di ginepro. Non c’è mixologist oggi che possa farne a meno nel suo menu, stravolgendo grandi classici come lo Spritz o arricchendo tradizionali Martini. Ma come ha fatto questo tipo di gin a conquistarci tutti? Facciamo il punto fuori e dentro il bicchiere, grazie a sei gin rosa tutti made in Italy.
La storia del gin rosa: il cocktail
Iniziamo con una premessa. Quando parliamo di gin rosa, dobbiamo sapere che in origine non era un distillato, bensì un cocktail, fatto mescolando gin e angostura. Il drink, nato a Milano, è un grande classico della città dal 1820. il ginrosa è nato come cocktail e poi si è evoluto in distillato Si prepara ancora usando gin, angostura e scorza d’arancia. Il locale diventato celebre grazie a questa creazione si chiama – non a caso – Ginrosa e si trova all’interno della galleria San Babila. In origine era somministrato come cura medica. Secondo un’altra teoria furono i marinai della Royal Navy a inventarlo, dato che gli amari puri non erano facili da mandare giù. Proprio come il medico olandese Franciscus de le Boë Sylvius, che unì il gin al chinino inventando il gin tonic, i marinai unirono il distillato agli amari curativi, ottenendo il gin rosa. Per preparare il gin rosa a casa vi serviranno gin, un cucchiaino di angostura, scorza d’arancia. Mescolate il tutto in un bicchiere tumbler e poi, dopo aver rigirato ancora, servite.
Dal cocktail al distillato
Esiste poi il gin che finisce in bottiglia già rosa, senza bisogno di aggiunte coloranti nel bicchiere. Questo è possibile distillando il gin e poi aromatizzandolo con frutti rossi. Ad esempio la colorazione rosata è possibile aggiungendo fragole, lamponi, ciliegie, rabarbaro o petali di rosa. Il risultato è un gin più dolce di quello bianco, cosa che ai clienti piace molto. Nel Regno Unito i produttori di gin rosa sono passati da 15 (2013) a oltre 150. Ma mentre il trend del gin è ingrossato da piccole distillerie indipendenti, il mercato del distillato rosa è in mano a grandi industrie come Diageo, che possiede il marchio Gordon. Proprio questa distilleria già nel 1880 lanciò Gordon’s Premium Pink Distilled Gin. L’altro caposaldo della produzione mondiale di gin rosa è Pernod Ricard con il Beefeater Pink.
Le ragioni di un successo
Ma perché il gin rosa piace così tanto? Innanzitutto, perché è instagrammabile. Fotografare un bicchiere che, attraverso il vetro, lancia seducenti riflessi rosati, produrrà una foto con big likes. Il gin rosa ha giocato un ruolo molto importante nella rinascita del gin. Infatti, grazie al suo sapore meno duro rispetto alla formula pura a base di solo ginepro, questa variante del distillato conquista molti più palati, anche meno esperti. Come sostiene la bartender americana Jessie Smyth, “c’è un gin per tutti là fuori“. Inoltre, il gin rosa si presta perfettamente come base per creare rivisitazioni di grandi classici come lo Spritz.
I migliori gin rosa italiani
Se volete assaggiare alcuni gin rosa di qualità, ve ne segnaliamo 6 di produttori italiani.
- Gin Rosa – Bordiga. L’antica distilleria piemontese presenta un gin con sfumature rosa chiaro, profumo di fiori rosa, per la precisione boccioli di rosa distillati – e agrumi, con un sorso rotondo, equilibrato, fresco e piacevole.
- Pigsking pink gin – Silvio Carta. La botanica principale da cui mutua il suo caratteristico aroma è il mirto. Assieme alle foglie e alle bacche di ginepro, l’azienda Silvio Carta assembla questo prodotto distillando anche elicriso, salvia desoleana e artemisia. Dopo la distillazione, al gin è aggiunto un infuso di bacche selvatiche raccolte a mano: solo al termine di questa operazione il gin diventa rosa. Al naso, questo gin rosa ricorda la macchia mediterranea, con sentori fruttati ma anche minerali.
- Malfy Vergnano. Distillato dalla famiglia Vergnano, questo gin – come il suo fratello bianco – punta a suggerire, sin dal primo sorso, la stupenda sensazione del dolce far niente. La distilleria di Moncalieri, nata nel 1906 e guidata da Carlo e la moglie Piera, con i figli Rita e Valter, mette al centro di questo prodotto il rabarbaro. È questo elemento a dare la colorazione al Malfy Pink Gin. Al naso spiccano anche i sentori fruttati e freschi del pompelmo.
- Gin 40 Hibiscus. Questo gin monobotanica porta con sé 40 gradi alcolici e un colore dai riflessi granata, ereditato dall’infusione di fiori d’ibisco. Il gusto acidulo ricorda il karkadè, arricchito da note acide di lime e limone, erbacee, unite a sentori di lampone e rabarbaro.
- Gin Tovel’s Tresenga Blood. La distilleria Tovel arricchisce il suo gin con botaniche rigorosamente trentine. In questa edizione limitata nota come Tresenga Blood, la colorazione è affidata all’infusione con frutti di bosco e ibisco. Il colore rosso acceso rende omaggio a un’antica tradizione locale secondo la quale in alcuni periodi dell’anno, le acque del lago di Tovel si colorano del sangue della Regina Tresenga. La sovrana ha combattuto contro il bruto Lavinio per difendere il popolo di Ragoli. Il suo sangue e quello dei guerrieri finì nel lago che, ancora oggi si dice, colora le acque.
- Gin agricolo Evra. Una delle tre creature di Franco Cavallero, proprietario del wine bar Il Cicchetto, unisce i frutti di bosco al ginepro, menta, cardamomo e scorza d’arancio. Il gusto si completa con la vaniglia e il cacao. La colorazione è affidata al lampone, che dona al gin rosa un aroma fresco e fruttato.