I carciofi secondo Niko Romito
Niko Romito, chef abruzzese a 3 stelle, ci racconta come utilizzare il carciofo e il segreto di una delle sue ricette più note, carciofo e rosmarino.
Andare al cuore degli ingredienti, celare dietro l’apparente sottrazione un linguaggio complesso e rotondo. Un’alchimia che a pochi chef riesce e tra questi c’è senza dubbi Niko Romito, lo chef niko romito ha al suo arco diversi piatti-icona, tra cui il carciofo e rosmarino che nell’arco di pochi anni è riuscito a conquistarsi uno spazio certo nell’olimpo dei cuochi stellati. Non è da tutti seguire una strada e imporre uno stile, diventare un punto di riferimento per molti: a piccoli passi, dal ristorante Reale Casadonna di Castel di Sangro (in provincia dell’Aquila) la sua fama è cresciuta in maniera esponenziale e alcune delle sue ricette sono diventate dei piatti-icona. Come il Carciofo e rosmarino, che incarna la filosofia della sua cucina: ad Agrodolce ne racconta la realizzazione passo dopo passo.
Chef, che momento è per la tua carriera?
(Ride) “Bella domanda. È un momento di consolidamento, di crescita e soddisfazioni. Tutto quello che si sta sviluppando, affonda le radici in un progetto che curo da 5 anni: dietro c’è un grande lavoro di programmazione e di obiettivi da raggiungere. Oggi si sta concretizzando quello in cui credo e sogno da anni“.
Nel 2001 hai fatto una scelta per molti anticonformista: rifiuti di dirigere il Bulgari Restaurant di Tokyo, preferendo investire nella tua terra d’origine, ovvero la provincia dell’Aquila.
“Prima giochi in casa, ti crei gli strumenti e poi, quanto di sei consolidato, porti avanti le tue idee. Tutto nasce da Spazio, ovvero il progetto-scuola, cominciato nel 2011. Credere nelle risorse dei ragazzi, nella formazione, nel creare sviluppo e opportunità: è stata questa la mia scelta, la mia filosofia“.
C’è chi ti definisce il re della sottrazione: è un’etichetta in cui ti ci ritrovi?
“Assolutamente no. Il linguaggio finale può apparire semplice, ma dietro c’è un gran lavoro di addizione. C’è una complessità incredibile nella mia cucina. Il linguaggio è esteriormente semplice ed è ecco perché piace al gourmet, che riconosce la profondità di quello che c’è oltre il primo impatto, e al neofita che riconosce il gusto primordiale. Penso a il carciofo e rosmarino, che ho in carta in questo periodo: sembra un semplice carciofo laccato e invece è la stratificazione di più passaggi. È una cucina complessa, ma mai complicata: la complicazione nel piatto non serve“.
È vero che sei uno stacanovista?
“Dal nulla non si crea un progetto come il ristorante Reale Casadonna o Spazio. La scorsa settimana sono riuscito a prendermi 7 giorni di ferie dopo 5 anni. Abbiamo avuto sempre portato avanti tanti progetti, ci siamo strutturati piano piano: io non ho mai avuto reti di protezione o imprenditori che mi finanziassero. Tutto quello che siamo riusciti a realizzare è opera mia e di mia sorella“.
Una parola chiave, che ritorna spesso quando racconti la tua cucina, è innovazione: che cos’è per te?
“È riuscire a creare un’offerta che può essere una tecnica, un format, nel mio caso un concetto di scuola: è realizzare spunti e stimoli per tutte quelle persone che vogliono fare ristorazione. Penso al lavoro che ho fatto sull’estrazione dei vegetali o un piatto come l’assoluto di cipolle, che poi ho visto con soddisfazione declinato da altri chef. Per me quello vuol dire che abbiamo creato innovazione“.
Hai già un altro obiettivo al quale stai lavorando?
“Ultimamente leggo che c’è un problema legato al servizio in sala: ecco, vorrei concentrarmi sulla formazione del lavoro in sala perché è uno snodo fondamentale. Chi cucina deve conoscere le esigenze cliente e il dialogo cucina sala è basilare“.
Prima citavi il carciofo e il rosmarino, che è diventato uno dei tuoi piatti cult.
“Mi piace quel piatto perché rappresenta un punto cardine della filosofia della mia cucina: c’è la stratificazione, il linguaggio facile e al tempo stesso un lavoro complesso e complicato. L’equilibrio degli ingredienti, ovvero il carciofo e il rosmarino, è sottile: è difficile lavorare con così pochi ingredienti perché ti metti a nudo“.
Il lavoro sulla purezza dell’ingrediente per te è fondamentale: perché?
“Perché il futuro si gioca sulla leggerezza, sull’eliminazione dei grassi superflui: che non vuol dire perdere in gusto o in complessità ma piuttosto lavorare sull’ingrediente per estrarne tutte le potenzialità“.
Qual è la varietà di carciofo che preferisci?
“Dipende dal piatto che voglio realizzare. Una delle varietà che preferisco è sicuramente il carciofo romano, che riesce a esprimere una bella varietà di note, da quelle più dolci a quelle amare“.
Carciofo e rosmarino è di un’essenzialità che stordisce. Come lo realizzi?
“Con 3 ingredienti, ovvero acqua, carciofo e resina di rosmarino. Il carciofo è cotto a vapore sottovuoto, a 90 °C per un’ora circa. Dal gambo e le foglie esterne con l’aggiunta della resina del rosmarino ottengo un vero e proprio concentrato di carciofo, che filtro per ottenere una salsa con cui poi vernicio il carciofo“.
È vero che in molti ti chiedono la ricetta, convinti che ci sia l’aggiunta di qualche ingrediente segreto?
“Quando porti il carciofo all’estrazione totale, andando al cuore del prodotto, rivela delle note che ricordano l’acciuga e la liquirizia: sembrano aggiunti, invece sono solo nascosti. Esplodono note non s’immagino, senza ulteriori manipolazioni. Quando spiego che non aggiungo altro, alcuni clienti restano sorpresi“.
Il carciofo è un prodotto versatile?
“Assolutamente sì. Se la materia prima è di qualità si può mangiare crudo, in insalata. Cotto si sposa bene con le patate e la menta, è perfetto anche come ripieno per la pasta fresca. Fritto è strepitoso“.
Lo scorso anno, durante una lezione a Identità Golose, proponesti anche un risotto ai carciofi.
“Quella ricetta esprimeva proprio il lavoro di estrazione che si può fare da un prodotto. In quel caso ho fatto vedere come da un carciofo puro, con aggiunta di pochissimi ingredienti, si può ottenere un piatto dalle note inaspettate. E utilizzando tutto il prodotto: dal cuore ottengo una purea di carciofo, da una parte dell’acqua nel quale hanno cotto i carciofi ottengo una riduzione che poi si aggiunge al risotto quasi a fine cottura. Non si butta nulla, insomma“.
Ultima domanda. Ma il carciofo e rosmarino si può rifare a casa?
(Ride) “Ogni tentativo è lecito ma ho un’idea precisa su questo: penso che un certo tipo di cucina difficilmente sia replicabile a casa. Anche per una questione di tecnica, ma non solo. Mi piace pensare che certi piatti siano come un sogno, di quelli che ti restano per sempre impressi nella memoria“.
- IMMAGINE
- Francesco Fioramonti
- Casadonna
- Food Wine Advisor