La classifica dei peperoncini più piccanti del mondo
La Scala Scoville fu inventata nel 1912 per misurare la piccantezza del peperoncino: abbiamo raccolto i peperoncini più piccanti in una classifica.
Fu Wilbur Lincoln Scoville, un chimico statunitense nato alla fine dell’Ottocento, a mettere a punto un sistema per valutare la piccantezza dei peperoncini. Il test ideato nel 1912 prevedeva l’utilizzo di un estratto della bacca, da diluire in acqua e zucchero; la scala di scoville misura la piccantezza dei peperoncini con un test ideato nel 1912 il punteggio, misurato appunto sulla scala di Scoville, derivava dalla quantità di soluzione necessaria per rendere inavvertibile la piccantezza. Il peperoncino è il frutto di una pianta erbacea delle Solanacee, dalla cui essiccazione si ottiene una spezia usatissima e inconfondibile. La capsicina, alcaloide responsabile del sapore pungente, si concentra soprattutto nella placenta interna che contiene i semi. Rispetto a quello fresco, l’esemplare essiccato aumenta la propria potenza e può essere usato intero o in polvere. Moltissimi sono gli effetti benefici: il contenuto di vitamina C è rilevante, i flavonoidi agiscono da antibatterici e la capsaicina contribuisce a una rapida digestione; come vasodilatatore l’avrete sperimentato nelle settimane di raffreddore più drammatico. Ecco una classifica dei peperoncini più piccanti al mondo. Riguardo i punteggi in Shu (Scoville Heat Units) bisogna precisare che il test mantiene margini di soggettività e che i singoli frutti possono raggiungere vette più alte rispetto alla media della propria specie.
- Peperoncino calabrese, fino a 30.000 Shu. Il peperoncino si diffuse in Calabria fin dal ‘500, quando fu importato insieme ad altre spezie dalle Americhe; da allora, è diventato un vero caposaldo della cucina calabrese, sfruttato in quasi ogni portata e dal carattere assolutamente riconoscibile. Nel nostro immaginario, Calabria vuol dire piccante; sorprenderà dunque sapere che il nostro peperoncino più audace non supera i 30.000 punti della Scala Scoville e che nel mondo esistono decine di varietà decisamente più cruente.
- Byadagi, fino 100.000 Shu. Prende il nome da una città indiana dello Stato federato del Karnataka; si tratta di un peperoncino di colore rosso intenso, raccolto tra gennaio e maggio, per una produzione che supera i 20.000 chili all’anno. Diffusissimo in India del Sud, è il valore aggiunto di molti piatti tradizionali a base di verdure e legumi, come sambar, chutney, bisi bele bath, ma è abbinato anche alle carni. L’olio essenziale è sfruttato dall’industria cosmetica per la produzione di rossetti e smalti.
- Rocoto, fino a 100.000 Shu. Frutto del Capiscum pubescens (pianta dal notevole sviluppo verticale, caratteristica per cui è nota anche come albero del peperoncino), il rocoto è una varietà particolarmente diffusa in Bolivia e Perù, tra le rare che sopportino climi freddi e altitudini elevate. I frutti sono molto carnosi, presentano semi neri e possono raggiungere le dimensioni di una mela. In Perù è riempito con un trito di carne e verdure e cotto al forno, ma risulta ideale anche per salse e sughi; ad esempio, per la tradizionale papa a la huancaina, è frullato insieme a olio, latte, formaggio e servito su patate bollite.
- Piri Piri, fino a 200.000 Shu. Conosciuto come il diavolo africano, è una varietà di origine etiope, attualmente coltivato in Malawi, Uganda, Zambia e Zimbabwe. Particolarmente nota è la salsa Piri Piri, di origine portoghese ma utilizzata, oltre che nelle zone di produzione, in Sudafrica, Angola e Namibia, soprattutto per marinare o condire altri alimenti; il peperoncino è frullato insieme a succo di limone e scorza di agrumi, aglio, cipolla, pepe, e altre spezie a seconda delle varianti regionali.
- Bird’s eye, fino a 250.000 Shu. Diffuso in tutto il Sud-Est asiatico trova particolare utilizzo nelle gastronomie vietnamita, Kerala, Thailandese; la pianta selvatica è sfoggiata come arbusto ornamentale, in virtù delle sfumature cromatiche che vanno dal verde chiaro ai toni rossi. Il frutto è di forma allungata e presenta un retrogusto fruttato che lo rende ideale per le insalate miste, dove spesso è servito crudo. In Thailandia è indispensabile per il curry rosso, mentre per l’indonesiano sambal è tritato insieme ad aceto di riso, salsa di pesce e zenzero.
- Scotch Bonnet, fino a 350.000 Shu. Noto anche come palla di fuoco per il colore che va dal giallo accesso al rosso aranciato, prende il nome dal tipico cappello scozzese Tam o’ Shanter. Diffuso soprattutto nelle isole caraibiche e in Africa Occidentale, è uno dei peperoncini più utilizzati per insaporire salse e intingoli. In Giamaica il pollo, dopo essere stato bagnato col lime, è marinato in una salsa a base di scotch bonnet, zucchero, cannella, aglio, cipolle e poi arrostito.
- Habanero, fino a 500.000 Shu. Cultivar proveniente dallo Yucatan è diffusa in moltissime varietà, di differente piccantezza: Congo, White Bullet, Carribean Red, Peach, ma si attestano tra le più piccanti Red Savina, Orange, Chocolate. La bacca ha dimensioni comprese tra i 2 e gli 8 centimetri, con la caratteristica forma a lanterna. Imprescindibile per moltissime zuppe calde e salse piccanti, l'habanero è impiegato in tutta l’America Latina e negli Stati Uniti: il Messico è il maggior consumatore.
- Naga Bhut Jolokia, fino a 970.000 Shu. Ibrido derivato dall’incrocio tra Capsicum Frutescens e Capsicum Chinense, nel 2007 si è aggiudicato il titolo di peperoncino più piccante del mondo. Conosciuto come Ghost Chili, Peperoncino Serpente, Re cobra, ha frutti rossi allungati, che vanno dai 5 ai 10 centimetri. Gli effetti micidiali possono durare per ore. Nel Nord-Est dell’India è utilizzato in abbinamento al maiale o per le marinature del pesce fermentato.
- Naga Viper, 1.300.000 Shu. Gerald Fowler, imprenditore agricolo inglese, studiò questo pericolosissimo ibrido incrociando Naga Morich, Bhut Jolokia, Trinidad Scorpion, riuscendo così a conquistare la vetta del Guinnes World Record per il 2011. Il frutto è di colore verde chiaro e poi rosso accesso, a maturazione avvenuta; di forma conica, può raggiungere i 5 centimetri di lunghezza.
- Seven Pod, fino a 1.800.000 Shu. Esistono moltissime varietà di questo Capsicus Chinense, come Congo, Orange, Yellow, Long, Barrackpore, ma le più piccanti risultano essere Brown Chocolate e Brain Strain. Il frutto presenta colorazioni sui toni del verde, del giallo aranciato, del rosso vivo, fino al rosso scarlatto. Si distingue per l’aroma ricco e fruttato e la pelle rugosa e irregolare. È detto anche Seven Pot: un solo frutto può infuocare 7 pentole di stufato.
- Trinidad Scorpion, fino a 2.000.000 Shu. Individuato dall’Università del New Mexico, è un peperoncino originario di Trinidad e Tobago. Per tutto il 2012, la varietà Moruga ha detenuto il primato di peperoncino più piccante del mondo, con singoli frutti che hanno superato i 2.000.000 di Shu. La piccantezza si unisce al dolce del retrogusto fruttato; il bruciore può manifestarsi qualche minuto dopo averlo consumato, ingannando gli assaggiatori più intrepidi.
- Carolina Reaper, 2.200.000 Shu. Ibrido studiato dal coltivatore Ed Currie, che in Carolina del Sud ha incrociato varietà caraibiche di Habanero con Pakistan Naga. In novanta giorni di maturazione, raggiunge i 5 centimetri di lunghezza; la forma è a lanterna, resa inconfondibile da una coda appuntita. La pelle rugosa si presenta di un rosso accesissimo. Dal 2013 ricopre la vetta del Record mondiale, avvicinandosi pericolosamente ai punteggi di piccantezza dello spray al peperoncino della polizia. Gli avventurieri che hanno osato assaggiarlo testimoniano note aromatiche che vanno dal cacao alla cannella.
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