I racconti del Professore: Cala Luna a Cefalù
Il Professore è stato da Cala Luna, il ristorante fine dining dell’hotel Le Calette a Cefalù: ecco come è andata.
L’accoglienza alberghiera è un’arte che si apprende passo dopo passo, con i dovuti tempi, con l’esperienza. In Italia è, più che altrove, una storia di famiglie, che ne costituiscono ancora l’ossatura, anche se nelle città e nei luoghi del turismo, sono sempre più presenti le grandi catene, dal lusso al medio basso, che spesso omologano, ovunque si trovino, le esperienze. Oppure in alternativa un offerta di B&B, a volte ben curata, spesso di qualità discutibile. Quando si trova una realtà che è stata costruita nel tempo, con meticolosità, attenzione ai particolari e alla bellezza che la circonda, dove anno dopo anno si aggiunge un tassello a migliorare il tutto, si può essere sicuri di trovarsi in un posto dove si starà bene, sereni, in relax. Uno di questi posti lo trovate a Cefalù, l’Hotel Le Calette, che prende il nome dalle insenature marine naturali che si affacciano alla vista, e alla disponibilità, del cliente, insieme a tutto il comfort che si possa immaginare. Una storia iniziata nel 1967 con Santino Cacciola che cominciò e seguì i primi passi del progetto e oggi giunto, attraverso Francesca Cacciola e il marito Angelo Miccichè, alla terza generazione rappresentata dalla giovane Gaia Miccichè. Un’oasi di piacere a cui mancava un’offerta ristorativa di livello ad affiancare quella quotidiana, più semplice, già presente.
Non è mai una decisione facile, quella di fare la scelta gourmet: gli investimenti sono alti, il ritorno economico, anche se il ristorante funziona, lungo e difficile e bisogna trovare uno chef con il quale si crei unità di intenti, ognuno nei suoi ruoli. La proprietà lo ha trovato in Dario Pandolfo, milazzese, esperienze, serie, dal Geranium al St. Hubertus di Niedrkofler (a proposito di 50 Best 2022), bloccato in Sicilia dal COVID nel 2020 e, come altri, rimasto nella sua terra. Due anni al lancio di una struttura alberghiera nella sua Milazzo e da maggio l’arrivo a Cefalù e l’apertura del Cala Luna. La cucina di Pandolfo prende spunto dalle sue esperienze, soprattutto in una metodicità rigorosa che non ha da intendersi come noia gustativa, anzi, piuttosto come un continuo lavoro sulla definizione dei piatti. Ne sono esempio due portate che avevamo mangiato nella sua precedente esperienza e che qui abbiamo trovato più nette, amplificate: le carote con panna acida e aceto di mele godono del tocco di finocchietto selvatico mentre lo spaghetto al pomodoro in bianco con crudo di gamberi esplode con la sorprendente nota grassa del mascarpone. Ma a parte un’interlocutoria e già vista fin troppo in giro insalata di erbe e fiori ad iniziare, il bello e il buono della cena si trova in questo viaggiare tra classicità, modernità, territorio e tradizione: due menu degustazione, Vieni in Sicilia con me, in cui appunto il viaggio è dichiarato protagonista (90 €) e Libertà Siciliana, più legato all’isola (120 €), e una carta con un prezzo medio introno ai 100 euro. E allora torna il tocco caseario di una ricotta grattata a freddo sul ceviche di tonno e agrumi che fonde Perù e Sicilia; il merluzzo con latticello, acqua di cozze, prezzemolo e caviale di limone, elegante, sferzante e goloso a richiamare l’esperienza danese; il risotto con formaggio di capra girgentina, salsa di cozze alla marinara ed aglio nero è un’esecuzione di alta scuola che unisce classico e moderno, avvincendo una cucchiaiata dietro l’altra.
I secondi invece sono radicalmente, semplicemente, siciliani: la ricciola, fondente, con fiore di zucchina e salsa di tenerumi; il controfiletto di manzo, di precisa esecuzione con la termina di pomodoro verde ad accompagnare. Si chiude in dolcezza con il matrimonio tra il classico transalpino della tarte tatin e il gelato allo zafferano ennese. Il servizio, come nei tempi che corrono, deve registrarsi, la carta dei vini riserva chicche e sorprese soprattutto nel versante isolano, versatili nell’abbinamento, gentili nei prezzi.