I racconti del Professore: Concezione a Catania
Concezione è il nuovo ristorante di Manuel Tropea, a Catania: tecnica e modernità nel rispetto degli ingredienti tradizionali.
Ne ho già scritto in passato e lo riconfermo: Catania e la sua ristorazione hanno un problema a tutti i livelli, dalla trattoria al gourmet passando per il ristorante borghese e l’etnico e finire con le pizzerie si fa ancora fatica a contare con le dita di due mani posti di qualità. Cucina e servizio poco curati da una parte e una clientela fermamente convinta che a casa propria si mangi decisamente meglio dall’altra, con il carico di nonne, zie, mamme e succedanei che in ogni caso ritengono che uscendo si spenda troppo non aiutano. Limitandoci agli ultimi anni, dal Carato di Carlo Sichel al QCucina di Bianca Celano (che però è tornata in campo con Materia Spazio Cucina all’interno dell’hotel Habitat, ne riparleremo), dall’avanguardistico FudOff di Valentina Chiaramonte fino alla brevissima stagione del Sum con Davide Guidara, è stato perlopiù un susseguirsi di avventure finite precocemente. È rimasto in piedi Sapio di Alessandro Ingiulla, che fulgido della stella ricevuta quattro anni fa, si sta per rilanciare in una nuova sede. Quest’estate, però, due novità sono arrivate: Piazza Scamacca, un posto polifunzionale con varie proposte che sembra essere partito con accuratezza e intelligenza. E poi (e qui veniamo al punto), Concezione, la proposta di Manuel Tropea in Via Verdi, tra il centro storico e uno dei due grandi mercati del cibo a Catania, la Fiera. L’apertura, preceduta da un lungo battage comunicativo, a dire il vero non ci aveva convinto appieno. “Un catanese per i catanesi” il motto, forse più adatto a una campagna elettorale che al lancio di un ristorante. Eppure si tratta di uno slogan assolutamente vero, sincero, perché da Concezione si mangiano ingredienti e ricette che affondano le radici nella storia gastronomica della città, riletti con tecnica e modernità ma senza alterazioni eccessive.
Tropea ha iniziato la carriera in trattorie e tavole calde etnee, dove si è accesa la sua passione per i fornelli che ha sviluppato in giro per l’Italia e per l’Europa fino al ritorno in Sicilia, durante la Pandemia, a Noto alla Dimora delle Balze. Nel mentre, ha però sempre continuato a maturare con la calma dovuta l’apertura di Concezione. Il posto, ancora in divenire, ha aperto a luglio in modo rilassato per poter iniziare a inserire le marce più alte con l’autunno. Quindi, cantina e sala sono ancora in costruzione ma la cucina ha già quell’idea forte di cui dicevamo, declinata in tre menu a 70, 90 e 120 euro. I piatti sono costruiti con grande tecnica e precisione, che qualche volta sovrastano ancora il risultato, come in Concezione da Tiffany (ah i nomi) dove zucchina in cappuccino, frutti (e acqua) di mare e agrumi si confondono più che fondersi o nel Risotto al nero di trippa, piatto elaborato dove il riso cuoce in un fumetto stracotto di pesce e la trippa subisce tre passaggi: in salamoia, cotta in brodo e tagliata a pezzi, finita sotto pressione nelle sacche della seppia. Il piatto, rifinito con interiora di seppia e il suo nero, risulta alla fine un filo troppo sapido, non per sale aggiunto ma proprio per la simmetria degli ingredienti. Ma, da qui in poi, tutto scorre a meraviglia immergendosi nel capoluogo etneo, a partire da un pane buono e invitante come pochi altri.
Good morning Catania è un’altalena tra dolce e salato dove fichi, anche e soprattutto quelli d’India, vongole, cedro candito, datteri e melanzane si maritano a perfezione. Lo Spaghetto tenerumi e cicala di mare è un duetto goloso tra crudo, cotto e calibrati fondi, il Cefalo con datterino e prosciutto crudo un’esercizio di stile, questo sì ben riuscito, elegante e corposo. Ma sono tre i piatti che illuminano la cena e quel concetto di catanesità che lo chef vuole trasmettere. La Costardella (piccola aguglia), ormai quasi scomparsa dai mercati e dalle tavole catanesi dove era protagonista fino a non più di venti anni fa, cotta in olio cottura e poi al barbecue, rifinita con glassa di mele verdi, nocciola e funghi sciroppati, è un viaggio dal mare all’Etna, un brivido di sapori. Il Sauro, altro pesce tradizionalmente presente nella tradizionale agliata, qui è rivisto con la marinatura del pesce sotto sale poi essiccato con polvere di pomodoro e finito al forno, prima di essere glassato con aceto di lamponi e interiora dello stesso pesce e una spuma all’aglio nero: il sapore di una volta con una spinta in più. Infine, la carne di cavallo, must del cibo catanese, qui servita sotto forma di raviolo ripieno di diaframma e tendini con un tocco di ricotta salata e condito con salmoriglio e brodo di cipolle di Giarratana bruciate. Centrato il nome del piatto: Ritorno a Via Plebiscito, la strada dove tradizionalmente si consumava la carne di cavallo nelle bracerie a cielo aperto. E proprio lì ti sembra di passeggiare mordendo il raviolo di consistenza tenace all’inizio e morbida poi, con il brodo di cipolla a sferzare. E capisci ancora più che quello slogan descrive al meglio la cucina di Manuel Tropea dalla quale, siamo sicuri, possiamo aspettarci ancora di più.