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Impasto della pizza napoletana: i trucchi per farlo a casa

di Gabriele Valdès • Pubblicato 26 Ottobre 2016 Aggiornato 19 Aprile 2019 17:27

Preparare la pizza napoletana in casa non è semplice e bisogna tenere a mente diversi concetti fondamentali: ecco quali sono e come seguirli.

Permettetemi di fare una premessa sulla pizza napoletana, una premessa che per me ha un valore affettivo,  perché la pizza napoletana con il suo impasto sono stati il mio primo amore. una premessa doverosa: senza un forno che arrivi almeno a 400 °C, non si può preparare un'ottima pizza napoletana Tanti anni fa, quando iniziai a impastare e studiare il mondo della pizza, incontrai subito sulla mia strada questa tipologia e provai per tanto tempo a realizzarla, test dopo test, condividendo con altri appassionati come me ogni risultato buono o cattivo, come se si trattasse di una questione di importanza vitale. Non riuscii però a realizzare nulla di interessante fino a quando non trovai un forno adatto per sfornare qualcosa di apprezzabile. Tornando al punto, il fine delle mia premessa è legato al primo comandamento degli impasti napoletani: se non avete un forno performante, che possa arrivare almeno a 400/450 °C, passate ad altri tipi di pizza. Il mondo degli impasti è variegato e ci sono tante pizze e focacce realizzabili con mezzi domestici, senza dover violentare ricette e impasti per ottenere pizze ibride arrangiate senza arte né parte. Quindi: avete un buon forno a legna, gas o perfino elettrico che possa superare i 400 °C? Possiamo iniziare.

Le caratteristiche

Pizza alla napoletana

La pizza napoletana trova nella sofficità il suo marchio di fabbrica. L’impasto cotto è morbido e la fetta tagliata non si regge da sola se sollevata dal piatto: la pizza va mangiata con le mani e diventa tutt’uno con il condimento. Che possa piacere o no, la pizza napoletana ha sempre avuto queste caratteristiche fisiche e probabilmente continuerà ad averle, nonostante l’innovazione tecnologica abbinata alle conoscenze nel campo degli impasti abbiano provveduto a migliorarne alcuni aspetti nutrizionali ed organolettici. La pizza napoletana inoltre risulta così morbida perché cotta in tempi rapidissimi grazie al forte calore del forno: le temperature alte gelatinizzano gli amidi dell’impasto in tempi stretti, mantenendo la morbidezza della struttura senza creare friabilità. Questa caratteristica deriva in parte da tempi di cottura dilatati e rappresenta quindi un difetto per i cultori della vera napoletana.

pizza napoletana

La pizza napoletana, se fatta bene, ha una gommosità ridotta al morso, ma va comunque mangiata appena uscita dal forno per non accentuare quest’ultimo difetto. L’idratazione dell’impasto, ovvero la quantità di acqua rapportata al kg di farina utilizzato, può variare dal 60 al 65 % circa, consentendo un impasto morbido e leggero. La lievitazione e maturazione dell’impasto è condotta perlopiù a temperatura ambiente con tempi che variano dalle 8 alle 24 ore: questo presuppone quantità di lievito basse e variabili, rapportate alle condizioni climatiche stagionali.

La lavorazione

Pizza ripiena 3 impasto

Un impasto napoletano classico da pizzeria è lavorato con impastatrici di diverso tipo e ha al suo interno una percentuale di acqua tale da mantenere una struttura morbida, in aggiunta a una buona ossigenazione interna grazie ai movimenti della macchina impastatrice. Ipotizzando una lavorazione condotta interamente a mano e nel rispetto della tradizione partenopea, l’inserimento degli ingredienti deve partire dall’acqua con il lievito sciolto al suo interno. La farina va inserita a seguire in due o tre riprese, permettendo all’impasto di assorbire i liquidi e strutturare la maglia glutinica grazie all’energia impressa dalle mani. L’impasto si dirà chiuso quando avrà raggiunto il cosiddetto punto di pasta, ovvero la consistenza ideale della massa lavorata pronta per la fase successiva di riposo.

Calibrare gli ingredienti

lievito di birra

Il lievito di birra fresco è dosato sulla base dei tempi di riposo dell’impasto, calibrandolo ulteriormente a seconda delle condizioni climatiche. Le percentuali di lievito aumentano nei mesi freddi diminuendo viceversa con il caldo. Il sale è inserito quasi all’inizio della lavorazione, in dosi variabili che permettano di contrastare il metabolismo dei lieviti, favoriti dal lavoro a temperatura ambientale. Il caldo ad esempio aumenterà il metabolismo dei lieviti, favorendone la moltiplicazione e successiva fermentazione; una maggiore quantità di sale tenderà a contrastare questa iperattività.

farina

Tradizionalmente i pizzaioli napoletani erano soliti aggiungere al nuovo impasto una porzione di pasta del giorno prima chiamata criscitoquesta aggiunta si chiama pasta di riporto ed è ancora parzialmente utilizzata. Il riporto aggiunge acidità all’impasto, favorendo la maturazione dello stesso a patto che le dosi siano giuste, per non incappare in possibili difficoltà in lavorazione dovute proprio all’apporto di acidità del riporto. Le farine utilizzate nella napoletana sono in genere delle tipo 0 oppure 00 di media forza; negli ultimi anni si cominciano a vedere alcuni mix interessanti che abbinano alle farine tradizionali alcune varianti  di tipo semi integrale. I grassi come l’olio extravergine di oliva sono inseriti a discrezione del pizzaiolo e hanno funzione di apportare un’ulteriore estensibilità della maglia glutinica.

Il riposo o puntata

Pizza ripiena 8 riposare

L’impasto terminato è ora pronto per il primo riposo all’interno di una madia o contenitore chiuso che lo possa contenere fino a 3 volte il suo volume iniziale. Questa fase è chiamata puntata, termine tecnico derivante dal verbo puntare in riferimento all’azione dell’impasto che crescendo spinge sulle pareti del contenitore. Durante la puntata i lieviti terminano la loro fase riproduttiva utilizzando l’ossigeno presente nell’impasto e innescano la fase di fermentazione producendo anidride carbonica e alcol. Questa fermentazione utilizza come carburante prima gli zuccheri presenti nell’impasto e successivamente quelli prodotti dall’azione degli enzimi della farina attivati in fase di impasto. Durante la fermentazione l’impasto cresce di volume grazie ai gas prodotti. I tempi della puntata variano sulla base delle esigenze di lavorazione: se si lavora a temperatura ambiente, sono compresi tra le 2 e le 10 ore circa. La fase successiva alla puntata sarà la pezzatura o staglio.

Lo staglio e appretto

salvatore di matteo

La massa d’impasto già parzialmente lievitata è divisa in porzioni di peso tra i 220 ed i 280 grammi circa e in seguito modellata in forma sferica. Questa fase si chiama staglio e serve a dare alle porzioni di pasta la forma di una pallina ben liscia e omogenea. Durante lo staglio il glutine con la sua maglia si rimette in tiro e le palline o panielli sono pronte per la lievitazione finale chiamata appretto. L’appretto avviene all’interno di apposite cassette di plastica con il coperchio: le palline sono sistemate una vicino all’altra, con lo spazio necessario per raddoppiare di volume. I tempi di appretto possono variare sulla base del tipo di impasto e delle condizioni climatiche: si può andare dalle 4 alle 12 ore, con il caldo che come al solito accelera le tempistiche di riposo. Una volta terminata questa fase, le palline di impasto potranno essere stese, condite e finalmente cotte.

La stesura

gallery7

La scuola napoletana è famosa per le tecniche di stesura. Le palline prelevate dalla cassetta, dopo un veloce passaggio sulla farina in modo da levare l’umidità accumulata, sono stese o ammaccate con i polpastrelli sul banco di lavoro, spingendo attentamente i gas verso il bordo esterno per formare il caratteristico cornicione. Di seguito i dischi parzialmente stesi sono allargati con la tecnica dello schiaffo sul banco, movimenti veloci fatti con i palmi delle mani che, roteando sul disco, terminano la stesura. Le pizze sono condite e in seguito trascinate sulla pala e allargate ulteriormente prima di andare in forno.

La cottura

pizza napoletana

Come già spiegato, una pizza napoletana per dirsi tale deve essere morbida. Questa caratteristica deriva in buona parte della cottura fulminea ad altissima temperatura grazie al calore delle fiamme del forno a legna o a gas. Alcuni forni elettrici di ultima generazione, lavorando sopra i 400 °C, riescono a simulare performance simili a quelle di alcuni forni a legna. La cottura della napoletana raramente arriva a 90 secondi: in genere lo standard si assesta sul minuto scarso di permanenza in forno. Questa cottura veloce lascia la pizza morbida e soffice, a patto che ogni fase dell’impasto sia stata curata con attenzione. Il rischio gommosità è sempre dietro l’angolo e la differenza come sempre è data unicamente dalla maestria del pizzaiolo.

Le varianti

pizza napoletana

Sebbene la pizza napoletana sia l’unica a beneficiare di un vero e proprio disciplinare che è seguito più o meno alla lettera, esistono ovviamente delle varianti di lavorazione che seguono tecniche più moderne e si adeguano alle conoscenze sempre maggiori in campo di impasti e di tecniche annesse. La maturazione e lievitazione dell’impasto può anche essere svolta in cella frigorifera allungando i tempi di riposo dalle 24 alle 48 ore e aumentando le dosi di lievito in ricetta. Gli impasti classici normalmente svolti in metodo diretto, ovvero con l’inserimento degli ingredienti in maniera pressoché contemporanea, sono a volte affiancati da tecniche di impasto di tipo indiretto, ovverosia con utilizzo di pre-impasti o pre-fermenti studiati per apportare caratteristiche organolettiche ulteriori rispetto agli impasti standard.

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