Food influencer, scoppia la polemica. Come distinguere tra marketing e critica?
La polemica è iniziata dal canale dello YouTuber Franchino Er Criminale ed è stata ripresa da un articolo su Repubblica.
La notizia è la seguente: un articolo de La Repubblica getta un’ombra sul variegato ecosistema di foodblogger, influencer, instagramer e simili, prendendo spunto da un dissing tra lo youtuber Franchino Er Criminale e quelli che lui definisce foodpornari marchettari. Chi è Franchino? Uno che prova posti in giro per Roma e critica (anche duramente) o esalta ciò che assaggia. Franchino può farlo liberamente perché compie un gesto fondamentale: paga. L’accusa rivolta ai suoi colleghi è proprio questa: molti esprimono giudizi lusinghieri non dichiarando di essere stati ingaggiati dal ristoratore, con un onorario che va dal pasto offerto fino a diverse centinaia di euro. In poche parole: pubblicità occulta spacciata per recensioni. Vero. Tant’è che dopo la sua denuncia molti influencer sono corsi ad aggiungere (postumi) gli hashtag del caso: #invitedby se si tratta di invito e basta, #adv in caso di ospitata con compenso in denaro. Fine della notizia.
Le parole sono importanti
Nell’articolo però si ricama intorno alla questione, lanciando accuse roboanti a partire dal titolo, in cui si parla addirittura di racket. Dal dizionario, si dice Racket organizzazione diretta all’estorsione intimidatoria e violenta di denaro o di altri vantaggi a persone apparentemente consenzienti. Ipotesi di reato che si configurerebbe qualora, a fronte di una proposta degli influencer con conseguente rifiuto del ristoratore, corrispondesse una minaccia, aperta o velata, di ritorsioni, magari in termini di recensioni negative. Nell’articolo però non vengono citati casi del genere. Si passa poi a un grande classico: il sospetto di evasione fiscale. “Contattati, alcuni ristoratori parlano anche di pagamenti in nero”. Probabile. Ma mantenendo lo stesso riserbo sulle fonti, possiamo affermare che un ristoratore ci ha confessato di essere stato contattato da uno degli influencer menzionati nell’articolo, la cui proposta prevedeva regolare fattura, tra l’altro detraibile in quanto pubblicità. Come in tutte le categorie ci sono onesti e furbetti. Ma purtroppo, in Italia, che tu sia idraulico, medico o tiktoker, imprenditore o partita IVA, sarai inevitabilmente sospettato di non pagare le tasse.
Facciamo un po’ di chiarezza
Al di là del fatto che influencer e foodblogger non sono sinonimi, non c’è nulla di male a proporre contenuti su piattaforme social (reel, foto, stories), per promuovere attività di terzi, sfruttando il proprio sèguito di followers. A patto che le pubblicità siano dichiarate come tali e si paghino le tasse sui compensi. Può sembrare strano, ma dietro alla produzione di contenuti e gestione di una community vi è un lavoro, spesso anche di diverse persone. Al tempo stesso non bisogna biasimare nemmeno chi decide di affidarsi a loro. Sta ai ristoratori capire se, ad esempio, la fan base di un instagrammer sia più o meno simile a quella del proprio locale o se si vuol legare l’immagine dello stesso a quella di un mondo fatto di food porn. Ma ribadiamo un concetto: chi invita o accetta le offerte degli influencer compie semplicemente una scelta strategica diversa rispetto a chi sponsorizza le pagine del proprio ristorante sui social o fa uno spot in radio. L’influencer marketing (e sottolineiamo marketing) è una realtà che può piacere o meno, ma è inutile scandalizzarsi per le cifre richieste: si chiama mercato e, se si è bravi, quello dell’influencer può diventare un mestiere anche molto redditizi. E Franchino che paga i conti e critica liberamente, cosa ci guadagna? Probabilmente ha un altro modello di business rispetto a quelli che lui definisce marchettari. Visti i numeri, possiamo ipotizzare che tragga profitto dalla visualizzazione dei video su YouTube. Dovremmo chiederglielo. Quello che è certo è che, a detta di ristoratori che hanno ricevuto la sua visita inaspettata, il ritorno in termini di clienti è stato immediato e significativo. Con buona pace di chi guarda ancora con un certo snobismo l’intero fenomeno.