Viaggio in Perù: gli ingredienti imperdibili della cucina peruviana
Ecco 10 ingredienti fondamentali nella cucina peruviana: venite a scoprire tutto il sapore di questa magnifica terra.
Stai progettando un viaggio in Perù e non sai cosa aspettarti? Ecco gli ingredienti della cucina peruviana che assaggerai sicuramente.
Ingredienti della cucina peruviana
La cucina peruviana è preziosa, ricca come è di ingredienti che non conosciamo. O che usiamo senza conoscere. È orgogliosamente meticcia ma antica, tradizionale ma aperta all’innovazione. È precolombiana, spagnola, africana, araba, francese, italiana, cinese, giapponese, è tutte queste cose messe insieme e nessuna di esse. Fonde ingredienti millenari con colture importate nel secolo scorso. I piatti peruviani sono piccanti, speziati, acidulati e grassi, i peruviani amano gli intingoli e i cereali (o i pseudo cereali) che servono per raccoglierli. La gastronomia peruviana è affascinante e sa adattarsi ai gusti di tutti. Ma per comprendere la cultura gastronomica peruviana non potete prescindere dalla conoscenza dei suoi ingredienti. Ne abbiamo selezionati 10 i più importanti e sempre presenti. Ne abbiamo esclusi almeno 4 volte tanti per stimolare la vostra curiosità e spingervi a scoprire quali sono gli altri ingredienti che fanno grande la cucina peruviana.
Quinoa
Chisiya mama in quechua vuol dire la madre di tutti i semi. Utilizzata da Maya e Inca 3000 anni fa, ha rischiato di estinguersi nel secolo scorso quando le si preferivano altri cereali e la sua coltivazione si limitava a poche zone delle Ande. L’area di origine è quella limitrofa al lago Titicaca ma durante l’impero Inca la coltura di quinoa si estendeva a tutti i territori dominati, capace come è di adattarsi alla varietà dei terreni e dei microclimi. Poi un progressivo disinteresse per questa pianta l’ha sfavorita rispetto al riso e al grano (arrivati in Perù con i primi colonizzatori e con loro cuoche arabe) fino alla 1983, anno in cui la FAO ne promuove la coltura. Fino a giungere al 2013 anno dedicato alla quinoa come coltura capace di garantire la sicurezza alimentare dell’umanità futura. Ricca di proteine, acidi grassi insaturi e minerali, ha un contenuto di fibre che supera il 6% ed è totalmente priva di glutine. Si coltiva nelle regioni di Arequipa, Cusco e Puno e quasi tutta la produzione è inviata in Europa per il suo consumo. Tre sono le varietà più note quella gialla che cuoce in 15 minuti circa, quella rossa che abbisogna di 18 minuti e quella nera per cui ne occorrono all’incirca 12. La cucina peruviana la utilizza sia lessata come accompagnamento ai piatti principali o per le insalate, sia frullata per realizzare polenta, zuppe o dolci.
Patata
Papa. Sicuramente uno degli ingredienti che tutti riconoscono come peruviani. Tanto che 30 maggio se ne celebra la festa nazionale. Ce ne sono quasi 3 migliaia di varietà con colori e caratteristiche completamente differenti, i colori vanno dall’azzurrino al giallo intenso, dal viola al bianco. Alcune sono più farinose altre sode, alcune dolci altre hanno gusto intenso. Si dividono, secondo l’uso, in bianche, gialle e native. Il 90% delle patate si coltiva nella selva peruviana e più specificatamente nelle regioni di Puno, Ayacucho, Cusco, Junín o Cajamarca. Sono consumate appena colte o se ne ottiene il chuno: è la patata sbucciata e disidratata così conservata per mesi che all’occasione viene utilizzata per realizzare zuppe o minestre; più facile da trasportare nei lunghi camminamenti andini. La papa è un ingrediente sempre presente nella cucina peruviana: fritte o bollite ad accompagnare i piatti principali o come elemento principe del piatto. Se ne ricavano zuppe o antipasti. Famosa è la Causa Rellena, patate ridotte in purea arricchite con salsa di peperoncino, tonno o pollo, uova, olive, cipolle e qualche foglia di lattuga per guarnire, il suo nome risale al periodo dell’indipendenza peruviana, quando si serviva questo piatto ai militari che combattevano per la causa indipendentista “va e combatti per la causa” per il futuro ma anche per il rancio, composto da questa ricetta di patate per l’appunto.
Mais
Maiz, candido, nero, rosso, vermiglio, giallo. Il mais peruviano è uno degli ortaggi più straordinario che ci sia. Coltivato da 5000 anni è il terzo pilastro della alimentazione dei popoli pre-ispanici. Se ne distinguono 55 varietà divise per semplificazione in due categorie: sara ovvero il mais delle regioni temperate e fredde, nella Sierra, più piccolo e dai chicchi appiattiti o tondeggianti e il yunca sara, coltivato nelle regioni calde con pannocchie grandi con chicchi di colore bianco. Il choclo, il mais gigante. Ovviamente si utilizza scottato, bollito e ve ne sono varietà non commestibili. Se si ama il mais non si può prescindere da due preparazioni peruviane la Cancha tostada e la Chica Morada. La Cancha tostada si ottiene dal mais gigante, è lo snack per eccellenza, i chicchi della pannocchia vengono essiccati e poi saltati nell’olio proprio come avviene per i pop corn, però anziché esplodere i chicchi diventano leggermente unti ed estremamente croccanti. Si mangiano a manciate. La Chica morada invece si ottiene dal Maiz morado, da bollito se ne ottiene una infusione alla quale viene aggiunta cannella, chiodi di garofano, buccia di ananas e mela, lime e zucchero per ottenere una bevanda molto dissetante che può essere corretta con un distillato di mais.
Peperoncino
Ajì come lo chiamano i peruviani. Tra le principali colture pre ispaniche, il peperoncino occupa un ruolo fondamentale nella archeogastronomia del Paese. Sono numerosissime le testimonianze pre coloniali che parlano di peperoncino. Ingrediente gustoso e salutare, amato tanto per il suo valore nutrizionale quanto per il suo profilo aromatico è a tutt’oggi presente in tutte le ricette tradizionali. Oltre ad essere un valido alleato per la salute: i peperoncini infatti hanno potere analgesico e anticoagulante, ottimi per coloro i quali soffrono di problemi cardiovascolari, aiutano a regolare i livelli di glicemia. È l’ingrediente andino per eccellenza, campione della biodiversità peruviana, non vi è ricetta tradizionale che prescinda da questo elemento. Viene soffritto con olio e aglio cuocere il riso, frullato con formaggio e cipolla per creare una salsa con cui accompagnare la quinoa, è presente nel leche de tigre (la marinatura del cebiche). I peruviani amano i piatti piccanti, per questo coltivano molte varietà di peperoncino Il peperoncino più famoso è l’Amarillo, dal gusto fruttato e dalla piccantezza moderata è riconoscibile per il suo colore giallo carico/aranciato. Solitamente i peruviani lo utilizzano in purezza, se invece voleste cimentarvi ai fornelli, ma non amate la piccantezza, potete sbollentarlo per pochi minuti e fino a 5 volte senza che perda il suo sapore. Solitamente si usa fresco, una volta essiccato prende il nome di Mirasol (per intenderci è simile ai peperoni cruschi). Il gusto è affumicato e dolce. Di profilo aromatico simile il Panca, che invece è di colore rosso scuro. Sia l’Amarillo che il Panca sono coltivati sulla costa. Il Rocoto invece è uno dei peperoncini più piccanti tanto che i più preferiscono sbianchirlo leggermente per far si che perda la sua forza. Questa varietà è coltivata nella Selva Alta. Altrettanto amato è il Limo, piccante e fruttato, ha un colore che varia dal giallo al rosso intenso. Si coltiva quasi dappertutto a patto che il clima sia caldo umido. A differenza di altri prodotti orticoli gli ajì sono disponibili tutto l’anno. In italia si possono reperire nei negozi etnici specializzati nella gastronomica latino-americana.
Lupino
Chocho o tawvi è il lupino andino. Già coltivato dalla civiltà Nazca nella costa desertica, è rappresentato in alcune delle pitture di vasellame della cultura Tiahuanaco. Si tratta di un piccolo legume tondo, dal quale vanno eliminati gli alcaloidi prima di essere consumato (altrimenti risulta terribilmente amaro). L’eliminazione tradizionale avviene attraverso un processo di cottura (di almeno 2 ore) e lavaggio in acqua di fiume per una settimana circa. Ovviamente a questo processo si è sostituito uno altrettanto valido ma semi industriale per impedire la perdita di nutrienti. Il lupino ha un minore apporto di carboidrati rispetto agli altri legumi e può essere consumato anche sotto forma di farina con un alto contenuto proteico, superiore anche a quello della soia. La digestione del tawvi è lenta pertanto è indicato per i diabetici e per chi abbia bisogno di assumere alimenti con un buon contenuto di fibre. Si coltiva nelle regioni di Huaylas, Cajamarca, Ancash, Huánuco, Junín, Cusco e Puno, a quote alte che variano dai 2500 ai 3800 metri sul livello del mare in zone con clima temperato e freddo. L’impossibilità di meccanizzare sistematicamente i processi agricoli legati alla raccolta e alla deamarizzazione ne hanno ridimensionato la fortuna. In Perù si utilizza per realizzare zuppe, stufati, insalate, puree e salse; ma anche sotto forma di farina e latte.
Pesce: ingredienti della cucina peruviana
È davvero complicato scegliere un solo pesce oceanico a cui fare riferimento quando si parla di ingredienti della cucina peruviana. Il Pacifico è popolato da circa 400 specie di pesce e 550 varietà di frutti di mare. Le acque del Perù sono torbide per la enorme quantità di plancton presente. I pesci se ne cibano diventando, rispetto a quelli mediterranei, ancora più grandi e più polposi. Non è raro trovare, ad esempio, sogliole che raggiungono il 20 kg di peso. Le coste pescose hanno fatto la fortuna dei popoli pre ispanici: i conquistadores, infatti, giunti in Perù trovarono popolazioni forti e ben nutrite che consumavano pesce di ottima qualità anche crudo. Il pesce a polpa bianca è quello più utilizzato per realizzare il chebiche, piatto simbolo di tutta la gastronomia peruviana. C’è chi consiglia di adoperare la sogliola, chi il branzino, chi preferisce l’orata o chi ne propone versioni di polpo o di gamberi oceanici. Scegliete quindi il pesce che preferite e marinatelo con il sale, il peperoncino, la cipolla e il succo di lime. Questo piatto è festeggiato come si conviene il 28 di giugno.
Haucatay
È una erba aromatica peruviana, che ricorda per sapore la salvia, la menta, il limone, il dragoncello e il basilico. Cresce nella regione costiera delle Ande e nell’Amazzonia. Sempre presente nelle ricette tradizionali viene adoperata fresca in cottura e poi eliminata nel momento del servizio o per l’ocopa: un intingolo profumato ottenuto con haucatay frullata con l’olio. Viene anche essiccata e utilizzata come insaporitore nella Pachamanca, altro piatto tradizionale in cui carne e ortaggi vengono inseriti all’interno un forno creato scavando nella terra. La carne viene insaporita e marinata preliminarmente con un mix di erbe che include questa menta negra, poi cuoce mediante il contatto con pietre che si arroventano mediante l’utilizzo un vivace fuoco di legna. La struttura è poi sigillata da terra pulita e così completa la sua cottura. La haucatay è usata anche infusa in abbondante acqua favorisce la digestione ed è una alleata nella cura delle malattie respiratorie.
Cacao
Il Perù è composto per il 60% da foresta tropicale, che è l’habitat ideale per la coltivazione della pianta del cacao. Qui si produce il 60% delle varietà di cacao del mondo, sono 30000 i produttori e 25000 gli ettari di produzione. Si coltiva nella parte passa del versante occidentale delle Andre, nella Selva peruviana tra i 300 e i 900 metri sul mare, nelle regioni di Cusco, San Martín, Amazonas, Piura, Ayacucho e Junín. Il cacao è una coltivazione originaria dell’Amazzonia occidentale addomesticata da circa 3000 anni dai popoli pre colombiani che la utilizzavano per le proprie preparazioni. È un ingrediente ricco di minerali, vitamine e fibre, fonte di molti benefici: migliora il tono dell’umore, stimola il sistema nervoso e quello digerente. I chicchi estratti dalla pannocchia matura sono fatti fermentare per 6 giorni per ottenere la giusta dolcezza. In seguito vengono essiccati, tostati e macinati per ottenere la pasta di cacao che solo dopo vari altri passaggi diventa cioccolato. Ad oggi gran parte del cacao prodotto in Perù viene esportato in Europa e in America.
Caffè
Tra gli ingredienti della cucina peruviana che devi conoscere c’è il caffè. Come per il cacao anche per il caffè il Perù si impone tra i Paesi maggiori produttori con 2 milioni di ettari coltivati, 7° esportatore mondiale, 2° se si fa riferimento al caffè organico. Nelle regioni di San Martín, Cajamarca, Junín, Amazonas e Cusco se ne realizza l’87% della produzione. 140mila ettari sono certificati organici e la produzione sembra non subire crisi. Non si tratta di una coltura autoctona, le piante di caffè furono importate nel 18esimo secolo dai colonizzatori e qui trovarono più microclimi adatti alla proliferazione. Ad oggi le varietà più piantate sono il Typica per il 70% e il Caturra per 20%, conosciute per una notevole nota citrica. Dopo la raccolta i frutti sono spolpati e vengono fatti fermentare dalle 8 alle 18 ore. In seguito sono lavati e essiccati, e solo in seguito giungono alla tostatura. Processo fondamentale che permette al caffè di esprimersi in tutta il suo profilo aromatico. Anche per questo ingrediente esiste una festa dedicata che si celebra l’ultimo venerdì del mese di agosto.
Pisco
Il Perù beve Pisco. Un distillato di uva da Pisco fermentata senza nessuna ulteriore aggiunta. 8 i vitigni consentiti divisi tra aromatici (Italia, Moscatel, Albilla e Torontel)e non (Negra criolla, Mollar, Uvina, Quebranta), coltivati principalmente nella zona adiacente alla regione di Ica: il centro nevralgico del Pisco, e più specificatamente nella città di Pisco, nel distretto di Pisco nella provincia di Pisco. La Regione si trova sull’Oceano Pacifico, 230 km più a sud della Capitale. E qui le viti arrivarono 450 anni fa per adattarsi facilmente al terreno e modificandosi per meglio adattandosi al clima. Non si sa quando l’acquavite d’uva peruviana prese il nome di Pisco, ma vi sono prove documentali dell’utilizzo del lemma che risalgono al 16 esimo secolo. In base all’uvaggio utilizzato si distinguono 3 tipi di pisco il Puro, derivato da un solo vitigno. Quello da uva Quebranta è più pregiato e privo di impurità. Con sentori di banana, mela, noci pecan e uva nera. Acholado, ottenuto con uve aromatiche e non ma in blend, a moltiplicare i sentori. Può essere realizzato partendo da diversi uvaggi, da diversi mosti freschi, da diversi mosti fermentati o infine da differenti pisco. Il Mosto Verde di realizza invece con mosto non completamente fermentato. Parte della fama di cui gode il pisco si deve al cocktail che da questo si origina il Pisco Sour inventato negli anni 20 a Lima ad opera del californiano Victor Morris. Mescola il pisco con lo sciroppo di zucchero, il succo di lime, l’albume d’uovo e qualche goccia di angostura per un risultato straordinario.
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