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Gianfranco Pascucci, lo chef tra lavoro e vita privata

di Lorenzo Farina 2 Settembre 2020 11:01

Una chiacchierata senza filtri con lo chef del Porticciolo: il lavoro, la personalità e il tempo libero di Gianfranco Pascucci.

Una mattina di fine agosto vado a Fiumicino, più precisamente nella frazione di Isola Sacra, in quella periferia iodata come piace chiamarla al protagonista di questo racconto: Gianfranco Pascucci. Al mio arrivo trovo un quartiere semivuoto a causa della minore affluenza di viaggiatori nel vicino aeroporto. Il faro della zona non è alto e con una luce in cima, ma ha la scritta Porticciolo sulle mura esterne e ha quell’aspetto vissuto e vivo che dona smalto all’intera area.

Il benvenuto della cucina

Dopo averlo scrutato da fuori, entro finalmente all’intero di Pascucci al Porticciolo, senza nascondere una certa emozione. Sono nella casa della cucina di mare, dalle erbe aromatiche delle dune fino ai prodotti delle acque più profonde. I padroni di casa – Gianfranco e sua moglie Vanessa Melis che dirige la sala – non sono ancora arrivati, ma vengo accolto da Kerim e Tommaso. Sono entrambi in cucina: il primo è il braccio destro di Gianfranco, il suo complice ai fornelli da 14 anni. Per lui il Porticciolo è famiglia e lo chef prima che un maestro è ormai un amico con cui passare le vacanze insieme e uscire la sera. Tommaso, invece, è un giovanissimo di appena 22 anni che è in brigata Pascucci già da 3 per apprendere al meglio le materie prime del mare. Si respira un’atmosfera molto serena e familiare, c’è passione e soprattutto divertimento negli occhi dei ragazzi.

Gli inizi del Porticciolo

Arrivano i padroni di casa, subito sorridenti e accoglienti. Dopo essere andati in cucina a salutare tutto lo staff, mi offrono un caffè e mi mettono ancora più a mio agio. Dopo di che io e il cuoco del mare ci accomodiamo nella parte esterna. Capisco subito di avere di fronte una persona schietta e diretta. Sarà che Gianfranco Pascucci si è formato sulle sue spalle, è stato un autodidatta. Il locale che oggi è il Porticciolo era dei nonni, poi dato in gestione e riacquistato all’asta da Gianfranco e Vanessa a fine anni ’90. Inizia così l’avventura, un po’ per caso se vogliamo, e senza una formazione specifica. Gli inizi, mi confessa, sono stati molto difficili: “C’erano molti ristoranti consolidati qui intorno e facevano tutti la stessa cucina, quindi non c’era assolutamente bisogno di un Pascucci che facesse le stesse ricette”. A tenere a galla l’attività erano le camere che si trovano al piano superiore, finché non è arrivata la svolta.

La prima svolta: solo pesce locale

C’era qualcosa che non tornava: tutti i ristoranti preparavano il rombo al forno con le patate, però quando andavo all’asta del pesce tutti questi rombi non c’erano! Ovviamente non era tutto pescato locale, allora ho capito che avevo un’alternativa per differenziarmi dagli altri”. Pascucci inizia a ingegnarsi, a proporre ricette diverse, anche il servizio è meno formale e impostato, finché non diventa un locale di moda. “Per noi è stata una svolta, abbiamo capito come funziona veramente la ristorazione e abbiamo avuto la possibilità di girare l’Italia per fare esperienza diretta nei migliori locali”. Ma la moda cos’è? “La moda è qualcosa che deve cambiare, ma questo al ristorante non succedeva, perché la clientela che avevamo voleva trovare sempre lo stesso piatto o lo stesso vino”. Lo chef si sentiva imprigionato nel successo, ma senza la possibilità di rinnovarsi.

La seconda svolta: sinergia territoriale nella periferia iodata

Arriva così la seconda svolta, una virata verso una cucina ancora più incisiva, sviluppata con ore e ore di prove e il dimezzamento dei coperti. “Abbiamo fatto una scelta molto rischiosa. La nostra è un’impresa familiare, non avevamo un’azienda alle spalle che ci supportava e ci diceva: hai 3 anni di tempo per prendere la stella e noi ti finanziamo”. I riconoscimenti arrivano – nel 2012 la stella Michelin – e non poteva essere altrimenti: nelle parole di Gianfranco si percepisce tutta la tenacia, la passione, lo studio e l’esperienza che ha maturato nella sua professione e che gli hanno dato una certa sicurezza.

La stessa sicurezza (e consapevolezza) con cui mi racconta il suo percorso:“Dopo la stella è cambiato tutto: i ragazzi volevano venire a lavorare per apprendere e io ho capito di dover fare qualcosa per il territorio”. Pascucci racconta di un territorio frammentato, dove tra ristorazione e i produttori, gli artigiani, le altre attività non vi era alcuna sinergia. Cambia il tono della voce, si fa più severo e duro nei confronti di un sistema che deve ancora migliorare: “Dobbiamo capire che chi porta avanti un’attività di qualità e poca quantità con grande passione, va fatto guadagnare, altrimenti quella persona tu l’avvilisci, la distruggi. E non mi venissero a dire che non possono comprare un pomodoro a 3 euro se poi ne spendono 60 per gli scampi”. Dai piccoli produttori locali fino alla riscoperta dell’oasi del WWF di Macchiagrande e la sua grande varietà di erbe aromatiche sorprendenti, portando il sapore delle dune nel piatto. “Oggi vedo che Fiumicino e in crescita e, nonostante sia una persona umile, mi prendo i miei meriti, se permetti”. Direi proprio di sì.

Gianfranco Pascucci, il cuoco cantautore

Si capisce dal suo racconto che ha un carattere forte, determinato, si è fatto sulle proprie spalle, e che spalle. Sa benissimo che il suo non è un lavoro facile: “Nessun cliente verrà mai a chiederti come stai, ed è giusto così sia chiaro. Questo, però, ci fa capire che dobbiamo sempre dimostrare qualcosa in più e dobbiamo dare il massimo ad ogni servizio; facciamo concerti non dischi”. Per Pascucci fare il cuoco è anche prendere la chitarra e suonare dal vivo ogni sera, ma che genere di musica? “Qualsiasi genere, non importa, non ho preconcetti. Non voglio avere una cucina standardizzata, deve esserci dell’improvvisazione, mi piace far ascoltare al cliente quattro note di un piatto che deve ancora essere finito. Posso dire però che sarebbe una cucina di cantautorato, perché sono idee personali che cerco di mettere su ceramica”. Questa volta l’abbinamento lo suggerisco io a posteriori, pensando che migliore di questo non ci sia: Il Pescatore di Fabrizio De André.

Il rapporto sala-cucina, moglie-marito

Insieme a Pascucci nell’avventura del Porticciolo c’è anche la moglie Vanessa, fin dagli inizi. Sono quindi curioso di capire come sia stato per lui lavorare fianco a fianco con la sua compagna: lui fantasioso, sognatore; lei concreta e razionaleMolto facile. A lei le devi dire sempre di sì, fare tutto quello che dice lei e vai d’accordo”. Una classica risata ci coinvolge, ovviamente scherza: “La grande fortuna è quella di avere due caratteri e due attitudini diverse nel lavoro, così come due passioni ben distinte. C’è una grande forma di rispetto professionale tra di noi, perché siamo entrambi molto riconosciuti”. Lui più fantasioso, sognatore, lei più con i piedi per terra; lui più incandescente e impulsivo, lei più calma e razionale. Lo stesso vale nella vita privata, dove si compensano a vicenda. “Penso che se non avessi avuto Vanessa qui con me, e avessi fatto lo stesso lavoro, non avrei avuto una moglie a casa. È difficile capire questo mondo se non lo vivi. Senza di lei probabilmente non sarei arrivato neanche a questi livelli”.

Tempo libero: surf, libri e progetti futuri

E chi ce l’ha!” In quel poco tempo libero lo chef del Porticciolo si divide tra famiglia e sport, più precisamente surf e windsurf; qualcosa di attinente al mare doveva esserci assolutamente.  Poi, tanti libri e tanta lettura, non necessariamente legati al lavoro: “I libri mi danno molta sicurezza, sanno rispondere a delle domande a cui nessuno riesce. Trovo spunti, forza ed energia”.

Il progetto futuro per il Porticciolo è quello di migliorarsi sempre perché secondo lui un ristorante funziona finché la mattina ti alzi con un’ambizione, senza che diventi un ossessione. “Certo non proprio tutti, tutti i giorni. Ogni tanto non va anche a noi di alzarci!” Non sente più la necessità così forte di un riconoscimento altrui, se non appunto un miglioramento personale. Una consapevolezza e una serenità che solo il tempo può dare. Del resto non c’è da stupirsi, con i suoi gesti e le sue parole trasmette cultura e saggezza: “Non posso certo vivere con l’angoscia della seconda stella!” Il piano per quando il Porticciolo finirà la sua avventura, o forse il sogno nel cassetto di Gianfranco e Vanessa, è aprire un 20 posti nella loro casa sul mare in Sardegna. Non male, vero?

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