Intervista a Mauro Uliassi: “Tornassi indietro, forse, farei il musicista”
Intervista a Mauro Uliassi, del ristorante Uliassi di Senigallia, tre stelle Michelin e tra i migliori ristoranti al mondo.
Per chi conosce bene lo chef marchigiano non è una sorpresa la sua passione per la musica, ma la cosa davvero bella è sentirgli raccontare quando, come e perché la sua vita ha preso una strada piuttosto che l’altra. Il riconoscimento più grande che Mauro Uliassi ricerca ogni giorno, due volte al giorno, è il riscontro delle persone che mettono le gambe sotto i suoi tavoli e questo, oggettivamente, trova nei suoi valori più importanti un parallelismo profondo con la musica. Partiamo da una domanda provocatoria.
Mauro hai mai avuto un momento nella tua carriera in cui ti sei detto, se torno indietro faccio un altro mestiere?
“Tanti, ma alla fine sono stato fortunato a scoprire quale era il mio talento in un’età in cui potevo svilupparlo. Io mi sono innamorato della cucina per caso e poi ho deciso di studiarla perché oltre a piacermi mi veniva bene. Quindi arrivato a questo punto rifarei lo stesso percorso, anche se forse l’unica alternativa che valuterei è fare il musicista.” La musica, come l’arte in genere, è un parallelismo che si avvicina spesso alla cucina. Questione di sensibilità e di capacità espressiva nel coniugare elementi, per restituire risultati di stile personale. Certo che tra scegliere un mestiere fatto di sette note e infinite combinazioni, piuttosto che un altro fatto di infiniti ingredienti in un menu da sette portate, è complicato. Però c’è un fattore determinante e Mauro lo spiega davvero bene. “Un musicista fa i live e sappiamo tutti che ai concerti vince l’emozione e non la perfezione. Nella musica la perfezione la trovi in un album, che è registrato e lavorato in studio con calma e per tutto il tempo necessario a ottenere un risultato ottimale, che poi sarà quello per sempre e per tutti. Non devi più ripeterlo. In cucina invece per due volte al giorno hai da giocare una finale di Champions League che devi vincere in maniera perfetta. Per un cuoco il servizio significa registrare live un album perfetto, per ognuno dei commensali. Un lavoro orchestrale incredibile.”
Se davvero legassimo non per armonia di sensazioni, ma per sintonie di valore e significato, un piatto a una canzone, scriverlo ci riporterebbe a quelle jam session di cucina in cui sulla guida di un autore ognuno aggiunge una nota. Una parola o una sfumatura. Ci vuole un messaggio, uno stile che si distingua e un’armonia che riesca ad ambientare chiunque mangi o ascolti, nel suo scenario necessario a quel momento.
“E sì perché è il momento l’unica cosa a rimanere veramente unica. Neanche il piatto. Il tempo che viviamo è il valore assoluto dell’esperienza e noi possiamo solo caratterizzarla creando un ricordo positivo capace di rimanere. Le nostre note sono meno di sette, tra acido, sapido, dolce, amaro e umami, eppure è su quei tasti che spingiamo il racconto di storie di prodotti e di continua ricerca.”
Ovviamente anche il cibo può avere la capacità di avvicinarsi, come l’arte in genere, a una forma di fruizione universale. Al netto di un valore riconosciuto nella sua forma d’espressione, ci sono filosofie di cucina che necessitano di una comprensione più profonda e altre che risultano immediatamente comprensibili da tutti. “Anche quella è una scelta. Conosco e mi confronto continuamente con moltissimi cuochi di tutto il mondo e ognuno di loro ha il carattere necessario per essere il grande cuoco che ha scelto di essere. Ci sono tecniche di cottura diverse, materie prime infinite, ricerca nelle estrazioni e negli accostamenti di gusto e olfatto che si affinano sempre di più. Tutto questo può risultare in un piatto in diversi modi e tutti sono unici. Io ho scelto una ricerca continua sull’esaltazione dei sapori semplici e concentrati soprattutto sui frutti della mia terra. Mi piace pensare che nei miei piatti ci sia qualcosa di istantaneo, nonostante dietro ci siano anche anni di ricerca per ottenere quel gusto.”
Questo è il caso della Pasta al pomodoro, un piatto del Lab 2021 del ristorante Uliassi. Un vero concentrato di ricerca sulle note vegetali della pianta di pomodoro che, grazie al fine supporto di un’olfattologa amica produttrice di profumi, viene a scoprirsi molto simile a quella di fico. Ed è qui che si riesce a portare in tavola una pasta, di per sé valorosa, con un pomodoro del piennolo non cotto ma asciugato e setacciato, con un estratto vegetale di pomodoro e foglia di fico. Portare al palato quel profumo pungente e resinoso, mischiandolo alla dolcezza pura del suo frutto, è un risultato straordinariamente eccellente nella sua complessa semplicità. “Abbiamo tutti nei ricordi l’odore delle foglie di pomodoro, io mi ricordo quando tiravo su quelle cassette piene dal profumo inconfondibile. Oggi lo usano come riferimento anche nelle analisi olfattive dei vini, tanto per dire quanto sia unico nel suo genere. Noi era da tanto che cercavamo di metterlo in un piatto sotto forma di sapore e alla fine, grazie a quest’amica che produce profumi, abbiamo notato delle assonanze con il fico ed è stata la chiave di volta nella riuscita del piatto.”
L’ultima riflessione dovuta al successo di un lavoro di squadra e non solo al talento di un front man d’eccezione, la fa Mauro spontaneamente. Un abbraccio inclusivo fatto di parole sincere dette con gli occhi piccoli e brillanti. “Io qui devo tutto alle persone che mi circondano. A Catia, Ivano Coppari, Mauro Paolini, Luciano Serritelli e Rocchi Michele, Olga Ivaniciuk, Yuri Raggini, Andrea Merloni, e mio figlio Filippo che sono con me da sempre. Uliassi siamo noi. In più ora c’è un altro fuoriclasse che è Mattia Casabianca e altri giovani cuochi e camerieri molto appassionati come Peppino, Andrea, Mattia, gli Alessandri (ce ne sono 4), Luca, Ilaria e Cristian, Josef e la super Elisa, Francesca la giovanissima sommelier, Miguelina, Gabriele, e Federica. Infine Andrea, con cui sogniamo gli stessi sogni ogni giorno.”
Il Singolo 2021 di Mauro Uliassi e del suo ristorante, che continua a essere una grande famiglia affacciata sul mare, potrebbe essere proprio questa Pasta al sugo. Potremmo dire che anche per la critica sia l’ultimo successo di una star del jazz gastronomico. Chissà se nel futuro c’è un altro locale o la musica: “Ho 63 anni, mi piacerebbe fare un sacco di cose, ma questo posto richiede tutte le mie energie ed io è qui che voglio continuare a metterle. Poi un giorno lascio tutto e prendo la chitarra, giuro che ti chiamo e te lo dico.” Rimane come sempre da scrivere in carta, la nostra, l’incredibile umanità di Mauro. Le due grandi anime delle sue Marche, quella agricola e quella marina, riescono sempre a colpire in maniera semplice e diretta. Proprio come lui.