La Matarca: come si preparano i taralli del Sannio
Siamo stati da La Matarca, laboratorio del Beneventano dove si preparano ottimi taralli: ecco passo passo tutte le fasi della lavorazione.
Nel Beneventano i taralli sono una cosa seria: cibo semplicissimo e povero, fatto con le materie prime del luogo – grano, olio extravergine locale e poco altro – e accompagnato tradizionalmente con un bicchiere di vino rosso locale (Aglianico, solitamente, ma pure Piedirosso o Barbera del Sannio, vitigno autoctono dalla storia curiosa da non confondere con il più famoso vitigno piemontese), i taralli più noti nel beneventano sono quelli di san lorenzello, chiusi su sé stessi e insaporiti con finocchietto a dimostrazione che l’espressione finire a tarallucci e vino non è solo una frase fatta: qui, ancora oggi, tante discussioni – non per forza ostili – cominciano e finiscono proprio così, bevendo un buon bicchiere mentre si sgranocchiano fragranti taralli. Protagonisti di aperitivi e merende di campagna, magari insieme anche a qualche fetta di saporito salame locale e a qualche pezzetto di formaggio, non mancano mai nelle dispense locali e sono perfetti anche da soli come rompi-digiuno, considerando che grazie al contenuto di olio extravergine sono sostanzioso e appaganti. I più noti sono quelli di San Lorenzello, paese dell’area sannita famoso anche per la lavorazione artigianale della ceramica: qui, tradizionalmente, i taralli sono intrecciati prima di essere chiusi su sé stessi a formare un cerchio, e sono insaporiti con l’aggiunta di finocchietto.
Noi, però, di recente abbiamo scoperto quelli de La Matarca (Contrada S. Tommaso, 36, Castelvenere – Benevento), biscottificio – così si chiamano in zona i forni che fanno taralli, che pur essendo salati sono cotti due volte e dunque sono a tutti gli effetti dei biscotti – di Castelvenere che prende il nome dalla tradizionale madia in legno utilizzata per impastare e conservare il pane e in generale i prodotti da forno. Nato a San Lorenzello appositamente per la produzione artigianale dei taralli, e poi trasferitosi nella sede di Castelvenere, il laboratorio sforna anche molte altre bontà dolci e salate, dalle torte rustiche alle focacce farcite, dalle tipiche morsette natalizie (biscotti da inzuppo simili ai cantucci, con mandorle e cannella) al panettone.
Accanto al laboratorio-negozio c’è pure una bella sala per eventi e degustazioni chiamata I tre punti della Matarca che poi sarebbero “incontro, gusto e tradizione”. Qui gestione e manodopera sono quasi del tutto al femminile: Adriana e Loredana sono le titolari, impegnate in prima persona nella preparazione quotidiana dei taralli aiutate da Filomena, Maria Assunta e Amalia con la collaborazione di Rodolfo e Roberto.
Dai loro gesti esperti e precisi nascono i taralli tondi e lisci, senza aggiunta di aromi e spezie (almeno nella versione classica), friabilissimi e gustosi grazie alla generosa aggiunta di olio locale, delicato ma saporito. Unico difetto: non contenendo conservanti devono essere mangiati presto ma vi assicuriamo che una volta aperta la busta – o iniziata la ‘nzerta, la corona di taralli appesi allo spago chiuso alle due estremità, con cui tradizionalmente si conservavano e trasportavano – non c’è speranza che durino più di un giorno. Li abbiamo assaggiati insieme a un buon bicchiere di Barbera Don Bosco della vicina cantina Anna Bosco, una vendemmia tardiva di buona struttura e piacevolmente morbido senza alcuna nota stucchevole, e possiamo confermare che si tratta di un ottimo abbinamento.
Le fasi di preparazione
Ma, prima, abbiamo sbirciato nel laboratorio per vedere all’opera Adriana e le altre impegnate nella stesura e messa in forma dei taralli e Loredana che, con stoica resistenza al calore e grande pazienza, bolliva i taralli prima di cuocerli in forno. Ecco le fasi per preparare i taralli de La Matarca:
- L'impasto preparato con farina, sale, olio extravergine (13%) e con la biga (pre-impasto del giorno prima, che un tempo era costituito dalla pasta rimasta attaccata sul piano di lavoro della matarca) è tagliato in grossi pezzi, lavorati con le mani fino a formare dei filoncini.
- Da questi si tagliano con il coltello dei tocchetti piccoli, che sono stesi in cilindri lunghi e sottili rotolandoli con i palmi delle mani su di un piano di legno. Il materiale è fondamentale, perché – insieme al calore delle mani – fa sì che la pasta non si raffreddi e non si ritiri. Ecco perché la lavorazione manuale è impareggiabile.
- I cilindri sono chiusi su sé stessi unendo le due estremità, battendo forte con un pugno all'attaccatura per evitare che si aprano durante la cottura.
- I taralli così ottenuti si sistemano nelle ceste di plastica forate (unica concessione alla modernità insieme all'impastatrice oggi utilizzata per preparare l'impasto) e si fanno riposare per qualche minuto.
- A questo punto, i taralli vengono messi nell'acqua bollente e fatti cuocere per pochi minuti. Quando salgono a galla, Loredana li sistema con cura sulle teglie rivestite da carta forno evitando che si attacchino tra loro.
- Giusto il tempo di cuocere e sistemare l'intera cesta e poi i taralli sono infornati per la seconda cottura, per circa 40 minuti. Se riposassero di più, indurirebbero troppo e il risultato non sarebbe tanto friabile.
- I taralli, fatti appena raffreddare, sono pronti per essere imbustati o legati nelle 'nzerte. E poi, mangiati!