Lasagne: da Orazio a tutte le nonne italiane
Le lasagne sono un piatto molto amato in Italia di cui esistono tante varianti quante sono le famiglie dello Stivale, in varie declinazioni regionali.
Autunno e piove. Domenica mattina, è tardi, la notte trascorsa ti pesa come un macigno. Apri gli occhi e ricordi di aver accompagnato la tua fidanzatina a casa alle 3. L’idea di andare al mercato di Porta Portese è sfumata, è troppo tardi, a occhio sono le 11.30 e piove. le lasagne hanno il sapore della domenica di festa, di casa Il profumo che arriva dalla cucina però è inconfondibile: è domenica, a occhio è il compleanno di qualcuno, altri 10 minuti di riposo, ti giri nel letto ma sale l’acquolina. Tua madre sta cucinando le lasagne. È domenica, è festa, mancano solo le pastarelle di Marinari. Anzi, ora ti alzi e le vai a prendere. Si dice (io ci credo e me lo confermava bene lo chef Arcangelo Dandini qualche sera fa a cena) che la formazione del gusto avviene entro i primi 20 anni di vita. I piatti dell’infanzia e della crescita sono quelli che più segneranno il palato nella vita. Vi racconto quindi la storia della mia lasagna o sarebbe più corretto scrivere lasagne, dal grego laganon/λάγανον.
Una pasta all’uovo tagliata a grossi rettangoli, disposti a strati, con all’interno le cose migliori della stagione: spesso la besciamella, a volte addirittura in brodo con polpettine. Le lasagne fanno parte di quei pasticci da ripassare al forno, per dare alla casa quel profumo di buono, di caldo abbraccio. Il poeta latino Orazio, nelle Satire, scrive di voler tornare a casa perché lo aspettano porri et ciceris refero laganique catinum, ossia una scodella di porri, ceci e laganum (fogli di pasta fresca). Le lagane poi sarebbero diventate le lasagne perché cotte nel lasanum, la pentola contenitore, vaso da cucina o treppiede, dove far bollire le fette di pane o le tractae appena tirate. Catone il censore (che non è proprio un simpaticone) in De agricoltura riporta la seguente ricetta della placenta di farina: fare una base con due libbre di farina di grano duro, aggiungendo a poco a poco la prima all’impasto già tirato. Questo impasto è chiamato tracta in greco tràkta, dal verbo trahere, tirare: si realizza un prodotto molto vicino alla nostra attuale sfoglia di pasta fresca.
Marco Gavio Apicio riporta ben 7 ricette che terminano con l’indicazione quando bolle, rompi la tracta e servitene per legare il tutto. Nella commedia Le Donne in Assemblea di Aristofane, V sec. a.C., si usa la parola làganon (da cui il latino làganum) per indicare un impasto di semola e acqua. apicio riporta ben 7 ricette in cui si parla di un'antenata delle lasagne Apicio dà molte indicazioni su come condire le lagane ma non parla mai della loro preparazione base. Nel suo De Re Coquinaria si legge: fai seccare tre gallette (tractae) di pasta, rompile e gettale nel latte (libro V, capitolo I). Il giornalista Paolo Monelli nel suo Il Ghiottone Errante (1935) scrive così: “Ho letto libri sacri e profani, ho cercato in mille volumi certezze e consolazioni, ma nessun libro vale questo volume di lasagne verdi che ci mettono innanzi i salaci osti bolognesi. Fra pagina e pagina e un vischio di formaggio, un occhieggiare di tartufi, un brulicare di rigaglie preziose. Sfogliate, divorate pagine: è un Decamerone, un manuale di filosofia storica, una consonante poesia che ci fa contenti di vivere”.
La tradizione della produzione delle lasagne si è mantenuta nell’Emilia, in Romagna e nelle Marche. Tecnicamente, le lasagne tradizionalmente preparate dalle cosiddette sfogline o rezdore emiliane con un impasto di farina di grano tenero e uova tirato al matterello, non sono pasta, in quanto la pasta alimentare in base alla legge italiana può essere prodotta solo con il grano duro, sconosciuto sino all’unità d’Italia. Va però detto che in Emilia non ci si riferisce alle lasagne con il nome di pasta: per esse, come per tutti gli impasti freschi preparati con grano tenero e uova, con o senza ripieno (tortellini, maltagliati, agnolotti, tagliatelle, ravioli, tortelloni ecc.), si usa il termine sfoglia. La tradizione emiliana e bolognese prevede le lasagne condite a strati con ragù, besciamella e parmigiano reggiano, e poi passate al forno.
In altre regioni il termine può indicare anche strisce lunghe e larghe (circa 2 cm) di pasta all’uovo, da consumare quasi sempre asciutte, più raramente nei minestroni. Nelle Due Sicilie il termine è usato alternativamente a sagne: strisce lunghe e larghe, ma ricavate da un impasto di semola di grano duro e uova o acqua. In Basilicata si usano le sagne ‘ncannulate, cioè attorcigliate, ovvero girate intorno a un supporto cilindrico in forma elicoidale e non si mette l’uovo nell’impasto. A Napoli la lasagna riccia tipica del Carnevale alterna a strati di ragù, uova sode, ricotta, pepe nero, polpettine fritte e salumi vari.
Ora, per non scontentare nessuno, racconto la ricetta delle lasagne di mia madre, quelle che più ricordo. Il giorno prima in cui si intendano consumare le lasagne, su un fondo di ossa di carne, preparate uno stufato: per 2/3 carne di manzo e 1/3 di di salsiccia di maiale macinata a punta di coltello. la carne per il sugo deve cuocere a lungo, fino a sfaldarsi Per il fondo soffriggete sedano, carote, cipolle rosse e bianche, bacche di ginepro, pepe bianco in grani interi e sale, poi aggiungete le ossa. Dopo almeno mezz’ora, aggiungete la carne e stufate, bagnando continuamente con vino bianco e rosso. A parte sbollentate il sedano e sfibratelo. Dopo un’ora di cottura lenta, alla carne aggiungete del pomodoro (nel formato che avete a disposizione) e l’alloro e lasciate cuocere finché è completamente sfaldata. Grattugiate del cioccolato fondente e lasciate riposare. La mattina seguente, di buonora, scegliete se preparare delle polpettine o tenere la carne a pezzetti. Preparate la besciamella con una punta di noce moscata e mantenetela piuttosto lenta. Cuocete per 2 minuti al massimo la pasta, inserendo nell’acqua calda i rettangoli di pasta fresca e scolandoli direttamente nella teglia da forno. Formate strati di ragù alternati a strati di besciamella e pasta, fino a riempire la teglia all’orlo. Coprite con il parmigiano grattugiato per creare una crosta croccante. Infornate per mezz’ora a 180 °C, fino a che il profumo si spande nel salotto di casa e capite che è pronta.
Vi segnaliamo anche le lasagne bianche e fra queste quella agli asparagi, perfetta per la primavera.