Le 6 cause giudiziarie più assurde nel mondo del cibo
Le cause giudiziarie contro i colossi del mondo del cibo sono quasi all’ordine del giorno: ecco le più assurde negli Stati Uniti e in Italia.
Fare causa alle catene di fast food americane è uno dei passatempi preferiti dei loro clienti. Oltre a consumare prodotti sempre uguali e affidabili in tutto il mondo, molto spesso i consumatori trovano le scuse più incredibili per spillare un po’ di denaro alle multinazionali del cibo. Tutta colpa di Stella Liebeck, che nel 1993 fece causa a McDonald’s, vincendo 2,86 milioni di dollari solo perché le cadde addosso del caffe bollente. Da quel momento le più incredibili cause sono state intentate a brand legati al food e alla caffetteria come Starbucks. Ecco quali sono le cause più inutili in campo alimentare secondo il sito Eater (più una made in Italy).
- Starbucks e il ghiaccio. Le cause che affliggono la catena di caffetterie molto spesso riguardano la quantità di prodotto servito. Da un lato ci sono quelli che citano in giudizio l'azienda perché non riempiono completamente i bicchieri, accusando quindi di derubare i clienti. Dall'altro ci sono quelli che si lamentano del quantitativo di ghiaccio abbinato al tè freddo. Mentre per la prima i giudici si stanno ancora scervellando, per quella sul ghiaccio il verdetto è stato molto chiaro: i consumatori sanno che quando ordinando una bevanda fredda si riceve sia questa che del ghiaccio.
- Gli sms di Papa John. Jonathan Anozie ha fatto causa alla catena di pizzerie Papa John a causa dell'insostenibile numero di sms che il marketing gli invia con le offerte dell'azienda. Anozie ha anche tentato di fermare l'ondata di messaggini, scrivendo STOP al sistema automatico, ma questo sembra non aver compreso il messaggio del cliente. In questo caso, il robot ha violato il Telephone Consumer Protection Act. In questo caso il giudice, citando "ansia, frustrazione e disturbo" prodotti dal sistema, ha dato ragione ad Anozie, che riceverà 500 dollari per ogni sms ricevuto da Papa John.
- L'inutile dissidio con Burger King. Tra le cause davvero evitabili c'è quella intentata da Doug e Patty Wargo. Burger King ha fatto pagare loro due volte per un solo pasto. Richiesto il rimborso all'azienda, non fu però erogato sul posto, così hanno portato la catena di fast food in giudizio. Il giudice ovviamente ha dato loro ragione e la coppia ha riavuto indietro i 17,35 dollari del dissidio. Ma poi hanno chiesto anche che Burger King pagasse le spese processuali, richiesta accolta dalla giuria. Tutta la questione però avrebbe potuto essere risolta con un paio di tweet scritti per bene diretti alla catena di hamburger.
- Il coltello di Popeye’s fried chicken. Nel 2016 uomo del Missisipi ha fatto causa alla catena specializzata nella produzione di pollo fritto perché , nel preparare il suo ordine, gli addetti al servizio drive drop si sono dimenticati di dargli un coltello. Con la spork (forchetta-cucchiaio) il malcapitato non è riuscito a tagliare il pollo e così ha rischiato di strozzarsi con un boccone troppo grande. Ha fatto dunque prontamente ricorso alla giustizia che si è schierata dalla sua parte. Raccomandiamo però al signore di ricordarsi che si possono anche mordere pezzi più piccoli e che mangiare alla guida non è proprio il modo più sicuro per viaggiare.
- I panini troppo corti di Subway. Secondo un uomo australiano i panini di Subway sono troppo corti. Lo ha provato fotografando un sandwich accostato a un righello, e dimostrando che l'alimento era lungo solo 27,94 centimetri (11 pollici). A questa protesta si sono unite altre 10 persone, dando vita a una class action che ha fruttato a ognuno dei dimostranti 500 dollari di risarcimento. Tuttavia la catena specializzata nella produzione e vendita di panini ha rigirato la frittata, ricorrendo in appello e richiedendo che la causa fosse annullata perché troppo frivola. Non possiamo dargli torto.
- La campagna contro Nutella. Meno frivola rispetto alle proteste mosse contro l'ultimo spot Buondì è la causa che la Ferrero ha vinto contro Choco Delhaize sulla questione dell’olio di palma usato nella Nutella. La Corte d’appello di Bruxelles ha accolto il ricorso di Ferrero, giudicando "denigratoria, menzognera e fuorviante la promozione" realizzata contro il prodotto italiano da parte della catena di supermercati belga Delhaize. Per questo la società ha dovuto prima di tutto stoppare la campagna di marketing. Poi è stata stabilita un’ammenda di 25.000 euro nel caso in cui l'azienda continui a danneggiare il prodotto italiano, per un massimo di 1 milione di euro di multa.