Le ossa aggiungono sapore alla carne?
Cerchiamo di risolvere un dilemma legato alla carne: si cuoce con o senza l’osso? L’osso dà veramente sapore in cottura?
Cucinare la carne senza togliere le ossa è giusto? O forse è meglio lasciarle? Si guadagna in sapore lasciando il trancio tutto intero? O le aree vicino all’osso sono le sole a beneficiarne? Insomma, lasciare le ossa è una regola culinaria valida?
Ossa si ossa no?
Lo ripetono sempre tutti: lasciare l’osso attaccato alla bistecca e comprare un trancio da arrostire munito di osso. Gli chef e gli autori dei libri di cucina lo ripetono in coro: lasciare le ossa vuol dire aggiungere sapore alla carne. Ero scettica, come lo sono spesso, e così qualche anno fa ho fatto una serie di prove per determinare se ci fosse del vero in queste affermazioni e per scoprire se cucinare con tutte le ossa desse qualche altro vantaggio che non avesse nulla a che fare col sapore. Vi darò i risultati tra qualche istante, ma prima parliamo di cosa sono fatte le ossa e da dov’è che dovrebbe venire questo sapore aggiuntivo.
Le ossa hanno tre componenti: il rivestimento esterno calcificato duro, il midollo interno (che può essere rosso o grigiastro, quest’ultimo è quello grasso che al momento è tanto in voga nei ristoranti di tendenza e nelle bisteccherie) e le sezioni di tessuto connettivale e di grasso che restano attaccate alla superficie. L’osso vero e proprio, quello che fa venire in mente gli scheletri di Halloween, è una materia insapore che impiega molto tempo a dissolversi nell’acqua o nel grasso, e perciò non può di certo contribuire al sapore della carne. Il midollo è racchiuso al centro delle ossa e non può essere estratto efficacemente a meno che le stesse ossa non vengano spaccate o segate a metà. E visto che di solito con gli arrosti non vengono servite ossa frantumate, neanche quello può contribuire al sapore.
Avete mai provato a fare un brodo usando ossa intere e integre prive di tessuto connettivale? Non funziona. Qualche minerale si discioglie in acqua, certo, ma poco o niente aroma. Per dare corpo e aggiungere sapore, bisogna spaccare le ossa e assicurarsi che abbiano, sulla superficie, del tessuto connettivale. Infine c’è il tessuto connettivale e il grasso di superficie. Qui forse facciamo fuocherello. Sanno tutti che la parte più gustosa di una costoletta è nei pezzettini di grasso che si rimuovono dall’osso direttamente usando i denti. Dunque il sapore dev’essere per forza nascosto lì, no?
Sarebbe bello se si potesse spremere una bistecca come un limone, ma anche se l’immagine mentale può sembrarci divertente, un taglio di carne non è di certo una spugna, e da lì il liquido non scorre via liberamente. Non ci credete? Provate a fare così: asciugate la superficie di una bistecca con un tovagliolo di carta e poi spremete la bistecca con tutta la forza che avete in corpo. Forza, strizzate, strizzate forte! Chiamate il vostro amico superpalestrato e fatevi dare una mano. La bistecca è composta al 70% di acqua. Eppure non esce neanche una goccia, vero?
A meno di non avere una forza sovrumana non vedrete uscire tanto liquido. Questo succede perché nella bistecca la componente acquosa è fermamente compartimentalizzata. È per questo motivo che le marinature in genere non riescono a insaporire che la superficie delle carni, e lasciare qualcosa a marinare tutta la notte non intacca che un paio di millimetri. Che possibilità hanno dunque le componenti saporite dell’osso di entrare nella carne durante il poco tempo che trascorrono in forno?
Lo so, già vi sento dire: ma le cose non cambiano quando inizia la cottura? Sicuramente l’acqua e il sapore si miscelano con più facilità in quella fase. È così. L’umidità inizia a muoversi all’inizio della cottura della carne e la fibra muscolare prende a contrarsi. Ma non galleggia liberamente, non si abbandona a un moto di risacca come un sassolino tra le onde. Si sposta soltanto in una direzione: verso l’esterno. Non c’è niente che possa far sì che i succhi provenienti dalla porzione esterna della carne (le ossa) si spostino verso il centro.
L’esperimento
Ora tutta questa teoria va bene per fare una premessa, ma siamo persone concrete, no? Che ci importa della teoria? Vogliamo una prova empirica. Presto fatto. Per fare questa prova ho preso quattro tranci identici di arrosto. Il primo è stato cotto con l’osso, al secondo l’ho tolto ma l’ho lasciato vicino alla carne durante la cottura, al terzo ho fatto la stessa cosa ma l’osso l’ho incartato con un foglio di stagnola impermeabile pesante, e il quarto l’ho cotto del tutto senza osso.
Assaggiati l’uno vicino l’altro, i primi tre erano indistinguibili. Il quarto, d’altro canto, era un po’ più coriaceo nella zona dove c’era l’osso. Questo cosa indica? In primis, vuol dire che la teoria dello scambio di sapori è infondata, in quanto il pezzo intatto di carne aveva lo stesso sapore di quello con l’osso avvolto nella stagnola. Però vuol dire anche che l’osso assolve una funzione importante: isola la carne, ne rallenta la cottura e restringe la superficie tramite la quale si perde l’umidità residua.
L’osso, da solo, è un conduttore di calore migliore della carne, Ma comunque non è solido: ha una struttura ad alveare che lascia spazio a molteplici sacche d’aria. E come la coibentazione casalinga, mettono al riparo dalle fluttuazioni di temperatura, così l’osso protegge la carne che gli è vicina. Da qui viene l’espressione tenero fino all’osso, visto che la carne vicino all’osso è meno cotta e dunque più tenera, e perciò è importante inserire il termometro lontano dall’osso quando si misura la temperatura di cottura: se non si fa così, si ottiene un parametro di lettura artificialmente basso. E poi l’altro vantaggio indiscutibile di cucinare con l’osso è che vi da tanta cartilagine e grasso da sgranocchiare.
Riassumendo: Il miglior modo di cucinare il manzo è di togliere l’osso ma di rimetterlo sulla carne in fase di cottura. Si ottiene la stessa qualità di cottura di un trancio intatto di arrosto col vantaggio aggiuntivo che una volta cotto, fare le porzioni sarà semplice quanto togliere il filo e affettare il tutto.