Lost in translation, le parole italiane del cibo usate anche inglese
• Pubblicato 19 Febbraio 2021 Aggiornato 25 Marzo 2022 10:20
Nei Paesi di lingua anglosassone i termini in italiano crescono e si affermano ogni anno: dai classici come pasta e pizza si arriva a latte e confetti.
I puristi della lingua italiana si lamentano costantemente dell’invasione di anglicismi nel nostro comune parlare. E se ci siamo piegati alla dittatura dello schedulare e alla golosità dei pancake in tutte le loro forme (frittelle nostrane comprese), vi stupirà sapere che le parole italiane legate al cibo usate anche in inglese sono numerosissime. Per dire: se andate a New York e chiedete un gelato, vi daranno la stessa cosa che vi servirebbero in Italia. Ma non solo:
- Pasta. In tutto il mondo anglosassone non esiste addetto ai fornelli che non sappia cos’è la pasta. Sul come cucinarla non siamo ancora tutti allineati, ma nelle grandi cucine la risposta è una sola: «Al dente, of course». Importata dagli emigrati italo-americani, la pasta è molto presente anche nella tradizione britannica o d’oltreoceano. Se i Tortellini, gli Spaghetti and meatballs e le Fettuccine all’Alfredo (sempre in italiano) sono tra i capisaldi degli amanti del cibo italiano in America, basti pensare che durante la pandemia è sorto un problema che ha gettato nello sconforto molti appassionati di cibo: il Bucatini shortage. Misteriosamente questo formato di pasta molto amato è scomparso. Rachel Handler ha svelato l’arcano su Grub Street.
- Pesto. Anche il Pesto alla genovese, uno dei cardini della cucina ligure, ha attraversato l’oceano per finire nelle cucine americane intatto sia nel nome che nella ricetta (almeno il più delle volte). Anche l’assonanza tra pasta e pesto ha fatto gioco alla popolarità di queste pietanze all’estero. Tra le prime tracce storiche c’è un pezzo del The New York Times del 1944 in cui si menziona un barattolo di pesto importato. Due anni più tardi Angelo Pellegrini pubblica una ricetta per la salsa al basilico sul Sunset. Ma la popolarità del pesto in America diventa realtà tra gli anni Ottanta e Novanta.
- Lasagne. Amatissime da Garfield, le Lasagne (sì, i popoli britannici le menzionano sempre al plurale, ma gli americani al singolare) sono tra i piatti più famosi della cucina italiana all’estero. Basti pensare che nel ricettario del quattordicesimo secolo The Forme of Cury, nato alla corte del re Riccardo II, c’era una ricetta in inglese che riprendeva la famosa pietanza influenzata dalla tradizione culinaria napoletana.
- Con la parola Cannelloni si indica la versione cilindrica delle Lasagne, servita come da tradizione con un ripieno di ricotta e spinaci o carne macinata, il tutto ricoperto di salsa di pomodoro. Quando i Cannelloni incontrarono gli americani, intorno al 1770, questi iniziarono a chiamarli Macheroni ripieni. La parola Cannelloni fece la sua comparsa agli inizi del Novecento, anche se nel corso del tempo si sono affermati anche i Manicotti. La differenza? I primi sono fatti a mano e arrotolati attorno al ripieno, mentre i secondi sono tubi di pasta secca da riempire.
- Anche Gnocchi è ormai una parola famosissima e intraducibile per i popoli che parlano l’inglese. I foodie sanno perfettamente che si tratta di un tipo di pasta fresca fatta con un impasto a base di patate. Nati più o meno 9.000 anni prima della nascita di Cristo, a quel tempo si usava solo acqua e farina per farli. La ricetta che conosciamo oggi è figlia della scoperta dell’America, quando Cristoforo Colombo portò in Europa le patate.
- Pizza. Con tre musei da visitare dal vivo e uno online, con tanti stili diffusi su tutto il continente americano e tante scene a lei dedicate nei film, la Pizza e la sua intraducibilità linguistica sono forse il più granitico avamposto della cultura gastronomica americana nel mondo. Data la sua versatilità e la possibilità di adattamento a diversi modi di consumo, è amata da tutti e guai dunque a cambiarne il nome, conosciuto in tutto il mondo.
- Gelato. Come ha dimostrato il Gelato World Tour nel 2017, i maestri gelatieri di tutto il mondo non usano la generica parola inglese ice cream per definire le proprie creazioni. Tutti conoscono e amano il gelato, operatori compresi. Inoltre, tra i due termini ci sarebbe una differenza tecnica. Come spiega il Cambridge Assessment English la parola ice cream, infatti, indica la versione preparata con latte, panna, zucchero e, molto spesso, tuorlo d’uovo. La parola gelato, invece, indica la ricetta senza uova e con una diversa proporzione tra panna e latte, molto più simile alla versione italiana.
- Latte. Durante un viaggio in un paese anglosassone può capitare di entrare in un bar e di leggere la parola latte tra le varie proposte. Si tratta però di un false friend: chi lo ordina, non berrà un bicchiere di bianco liquido, ma una bevanda molto simile a un latte macchiato o a un caffelatte, non adatto ai più piccoli.
- D’altra parte anche la parola Cappuccino resta in Italiano anche nei menu di Starbucks, che almeno in Italia offre la versione originale che tanto amiamo.
- Anche per panino, come per lasagne, la lingua anglosassone ha adottato il plurale. In molti paesi anglofoni, il nome Panini è associato a un panino alla griglia fatto con qualsiasi tipo di pane – baguette, ciabatta, focaccia e michetta – che viene tagliato orizzontalmente e riempito con diversi ingredienti quali formaggio, prosciutto, mortadella, salame. Spesso viene servito caldo dopo essere stato pressato su una griglia rovente. Molti chef hanno recuperato questa forma gastronomica per poter continuare a lavorare on the road anche durante la pandemia.
- Pistacchio. Anche la cucina italiana, così come l’arte, ha prestato moltissimi termini all’inglese e tra i più curiosi c’è pistacchio, trasformato nei paesi anglosassoni in pistachio. Per la storpiatura, però, non bisogna incolpare gli inglesi. Il termine, infatti, è entrato a far parte della loro lingua nel Sedicesimo secolo, quando in Italia si usava ancora la parola pistaccio, senza l’acca.
- Confetti. La parola italiana è usata anche inglese, ma il suo significato cambia. Se in Italia, infatti, il termine confetti fa riferimento ai piccoli dolci di forma ovale o tonda spesso inseriti nelle bomboniere di matrimoni e battesimi, nei paesi anglosassoni si riferisce ai coriandoli. La coincidenza è curiosa, se si pensa che ad Andria (Bt), a Carnevale, c’è ancora la curiosa usanza di lanciare confetti alle maschere, usando i dolcetti sferici come se fossero coriandoli. Ancora oggi, nel Regno Unito, i confetti spesso si lanciano alla sposa, mentre in Italia si regalano agli invitati solo dopo il pranzo di nozze.