Cotechino e lenticchie: i consigli di Giorgio Parini
Lenticchie e cotechino sono nei menu del primo dell’anno per tutta Italia. Qui i consigli di Pier Giorgio Parini per prepararli al meglio.
È un grande classico delle libagioni natalizie, una di quelle ricette intramontabili che supera indenne mode culinarie e novità da gastrofighetti. lenticchie e cotechino sono nei menu del primo dell'anno per tutta italia. qui i consigli di pier giorgio parini per prepararli al meglioPassano i decenni, ma il cotechino con le lenticchie continua a troneggiare fiero e godurioso sulle tavole degli italiani nei giorni di festa: dalla vigilia di Natale al pranzo dell’Epifania passando per l’atteso cenone di domani sera, quello dell’ultimo dell’anno. È uno di quei piatti trasversali che proprio non devono mancare. Come si scegliere un buon insaccato da cucinare? Quali sono gli errori da non commettere? Come si cucinano le lenticchie? Agrodolce l’ha chiesto a Pier Giorgio Parini, talentuosissimo chef stellato del Povero Diavolo di Torriana – provincia di Rimini – osteria considerata uno dei templi della cucina gourmet. In poche mosse, ecco come cucinare cotechino e lenticchie senza commettere errori.
Pier Giorgio, partiamo dalla base. Come si sceglie un buon cotechino?
“Innanzitutto è preferibile sempre un cotechino fresco invece di uno precotto: meno ingredienti ci sono per confezionarlo, meglio è. La cosa migliore sarebbe comprarlo dal macellaio di fiducia o da produttori locali: l’importante è che sia di qualità”.
Quali caratteristiche deve avere un cotechino di qualità?
“Non dev’essere solo cotenna e grasso. Mi è capitato di mangiare cotechini impresentabili, dalla consistenza bavosa: la parte magra è fondamentale. Meglio poi che la carne sia un macinato grosso: la grana è importante al palato e se è tritata troppo finemente è un escamotage per “nascondere” gli ingredienti”.
Cotechino e lenticchie è una tradizione del Natale anche in casa Parini?
“Certo, a casa mia si è sempre mangiato. Confesso però di non amare troppo le lenticchie, o meglio, i legumi in generale: gli unici che mi piacciono sono i ceci, ma ovviamente cucino di tutto”.
Momento delicatissimo, la cottura. Il dilemma è: il cotechino va bucato?
“La morte del cotechino è tuffarlo nell’acqua, rigorosamente fredda, con qualche foglia di salvia e di alloro. Oppure si può cuocere a vapore, anche se è più difficile da controllare: se il vapore è troppo forte, soprattutto a inizio cottura, rischia di rompere cotenna. Quando si compra, il cotechino è già bucato ma per sicurezza si possono fare altri fori – molto piccoli – per farlo spurgare. In un paio d’ore è pronto”.
Cotechino chiama lenticchie. Quale qualità scegliamo?
“Sempre italiane perché in Italia ci sono molte varietà e tutte buonissime, dunque è meglio privilegiare i prodotti del nostro territorio. Per il ristorante, scelgo una varietà autoctona che un produttore coltiva su un altopiano vicino Sulmona. Le lenticchie abruzzesi sono molto buone, così come quelle di Castelluccio di Norcia, in Umbria”.
Non ami le etichette, ma conosciamo la tua passione per le erbe: quali è meglio utilizzare per preparare le lenticchie?
“Rosmarino, salvia e alloro sono fondamentali. Io utilizzo una varietà di piccola grandezza che non richiede la messa a bagno: le sciacquo e poi le immergo direttamente in acqua con uno spicchio d’aglio e delle spezie, come la cannella, qualche chiodo di garofano e due bacche di ginepro”.
Un errore da non fare?
“Il dosaggio dell’acqua. È inutile esagerare con troppi litri di acqua per 100 grammi di lenticchie, sennò tutto il sapore del prodotto resta nel liquido quando le scoliamo: invece le lenticchie vanno servite moderatamente asciutte e non brodose. Vanno fatte cuocere molto lentamente, meglio ancora se in un tegame di coccio”.
Niente soffritto?
“Non sono un grande amante dal soffritto, soprattutto nella preparazione dei legumi, che già hanno una tendenza dolce: se aggiungo un soffritto con cipolla o scalogno aggiungo dolcezza a dolcezza”.
Altra questione fondamentale: lo spessore della fetta di cotechino
“Una volta cotto, il cotechino si scola e di taglia. Le fette devono essere spesse almeno un dito, per lasciare intatta la consistenza della carne. Si toglie il budello, la cotenna, e poi si servono le fette appoggiate sulle lenticchie che vanno appena salate e condite con un po’ di olio: se il prodotto è di buona qualità, non c’è bisogno di troppi condimenti, meglio lasciarle al naturale”.
Qual è il cotechino più buono che tu abbia mangiato?
“Ce ne sono diversi. Mi piacciono molto quelli di Fausto Fratti, l’ideatore dell’Osteria Il Povero Diavolo: hanno un gusto particolare perché nonostante la parte importante di cotenna, sono molto magri. È intrigante come sapore la mariola, una sorta di cotechino gigante che si produce nel parmense: è molto speziata e aromatizzata rispetto al cotechino classico che è condito con sale e pepe. Poi, sempre per rimanere tra i prodotti di nicchia, c’è il Prete, un insaccato stagionato della tradizione norcina parmense: è una sorta di tasca di cotenna ripiena di carne di maiale, in particolare stinco e spalla, non macinata ma a pezzi interi”.