Maison Flipot, Torre Pellice
Da Maison Flipot sembra essere ritornata la conoscenza degli Alpeggi, delle Aziende Agricole del territorio e dell’accoglienza autentica.
Da Maison Flipot l’arte del ricevere è una vocazione di famiglia che ha origini antiche. Più di un secolo fa, lo stabile era già proprietà degli avi di Patrizia Colombo, Chief Director della nuova Maison. Dopo una laurea alla Normale di Pisa, Patrizia è rientrata in Val Pellice e nel 2016 ha riacquistato gli spazi che per anni hanno ospitato il ristorante Flipot, noto per la sua cucina di livello ma chiuso ormai da tempo. Avviati i lavori di ristrutturazione che le hanno permesso di dare all’ambiente, riservato e curato in ogni dettaglio, il suo tocco personale, nel 2018 il ristorante ha riaperto al pubblico. Gli arredi d’epoca sofisticati, appartenenti alla famiglia, i pavimenti in legno e i camini fatti con la pietra di Luserna (eccellenza del luogo) permettono ai commensali di sentirsi come a casa. La sensazione è infatti quella di fare visita a una lontana zia, legata a quei valori valdesi di cura e attenzione che da queste parti sono ancora vivi. E se ci si vuole fermare anche a dormire, è possibile. Maison Flipot, grazie a sei confortevoli camere, è anche bed&breakfast. Ma è a tavola che il ricordo di una storia lontana, fatta di passione per accoglienza e ritualità studiata, si combina con una sperimentazione gastronomica rispettosa delle materie prime. Una volta accomodati, è piacevole perdersi nell’osservazione attenta della mise en place, sobria ed elegante, impreziosita dalle ceramiche lavorate a mano e dai piccoli vasetti di vetro contenenti fiori freschi, probabilmente del giardino che si scorge dalle vetrate della sala e che rappresenta l’orgoglio della proprietaria (esperta in botanica e piante officinali). Decidere tra le proposte del menu, attento alla stagionalità e alla territorialità, non è semplice ma per facilitare la scelta ci sono due menu degustazione, rispettivamente a 37 e 55 euro. I piatti sono quelli della tradizione ma innovazione e creatività non mancano, soprattutto, come si scopre al momento dell’assaggio, per quanto riguarda le consistenze e gli abbinamenti inediti. Dopo gli amuse bouche, che preannunciano la filosofia dello chef, da non perdere tra gli antipasti la battuta e la bisque, dove alla carne cruda (tagliata rigorosamente al coltello) viene accostata una maionese di gambero rosso di Mazara, mentre, per chi è vegetariano o ama le verdure è obbligatoria la zucchina e la sua declinazione, uno studio rigoroso dell’ortaggio, proposto in quattro modi diversi. Tra i primi, da assaggiare sicuramente il limone e la lingua, un risotto Aquarello mantecato ai limoni salati, polvere di prezzemolo, capperi fritti e lingua scottata, e i tajarin e la gallina, pasta fresca fatta in casa al ragù di gallina, spuma del suo brodo e maggiorana. Piatti della cucina piemontese che riportano ai sapori del passato ma che divertono, grazie a intuizioni più moderne. In carta, ci sono anche gli agnolotti del plin al tovagliolo, serviti con il loro consommè in una tazza a parte: a voi la scelta, potete intingerli o mangiarli asciutti e sorseggiare il brodo come fosse una bevanda. Tra i secondi la faraona, l’albicocca e il sesamo è di certo il più goloso: la coscia cotta sottovuoto e il petto scottato e glassato con il suo fondo si sposano con le albicocche caramellate, piastrate e in purea e la rucola in modo più che equilibrato. Anche i dolci sorprendono, per non parlare dei vini che provengono dalla cantina, ricavata dalle originali mura della Maison. Le etichette sono più di 100 e spaziano dai vini più pregiati alle produzioni autoctone del territorio. Il piccolo caveau è anche visitabile, su prenotazione. In sala, il servizio è cortese e premuroso, e la sua preparazione sugli ingredienti permette di indagare la vera cucina piemontese, quella profondamente contaminata dalle usanze valdesi.