Perché tutti vogliono il manzo di Kobe?
Il Manzo di Kobe è un marchio registrato, nato per tutelare una delle carni più saporite al mondo: ecco tutti i segreti di questo alimento pregiato.
Immaginate campagne variopinte, venti leggeri; risuona da lontano musica classica, i manzi sono massaggiati con l’olio, accarezzati con guanti imbevuti di sakè; mangiano soltanto cereali, bevono birra. È una scena quasi mistica, degna di un Giappone idealizzato e magico. i bovini tajima dal manto nero sono nutriti solo con grano, fieno e riso e allevati in ambienti rasserenanti Tuttavia, parlando di manzo di Kobe, si tratta in gran parte di leggenda; la realtà non si discosta troppo, ma è meno poetica. I bovini Tajima dal manto nero sono nutriti esclusivamente con grano, fieno e riso, allevati in ambienti rasserenanti, in cui lo stress sia ridotto al minimo (ad esempio, sono spesso massaggiati per compensare lo scarso movimento). La linea genealogica degli animali è selezionatissima: si tratta di bestiame rimasto per secoli isolato nelle regioni montuose giapponesi, mantenendo intatta la sua purezza e il corredo genetico originario; le tecniche di macellazione sono strettamente codificate.
Negli ultimi anni, in Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Stati Uniti, molti produttori hanno cominciato a usare analoghi strumenti e pratiche di allevamento, per conferire anche alle proprie carni il prestigioso appellativo Manzo di Kobe. Per questo, un’apposita associazione giapponese (Kōbeniku Ryūtsū Suishin Kyōgikai) è corsa ai ripari registrando il marchio. Perché un taglio di carne possa fregiarsi del contrassegno Kobe-Wagyu, non solo la carne deve provenire da animali nati e cresciuti nella prefettura di Hyogo, anche gli allevatori devono far parte di una specifica federazione territoriale; per essere ancora più precisi, le carni devono essere macellate all’interno dei confini della prefettura. Oltre ai manzi, possono esser considerate Kobe le mucche vergini; infine, il peso lordo della carne ottenuta non deve superare i 470 kg.
Il prezzo di mercato è notoriamente altissimo, tanto da far parlare di bene di lusso: negli Stati Uniti si aggira attorno ai 350 dollari al chilo, nei ristoranti una sola bistecca può costarne oltre 100; anche in Europa si favoleggia di bistecche pagate più di 1000 euro al chilo. Già a prima vista la carne appare splendidamente marmorizzata: il grasso intramuscolare è perfettamente distribuito lungo tutta la superficie, rendendola tenerissima, succulenta e saporita. Trattandosi poi di grassi polinsaturi, l’apporto di colesterolo è notevolmente inferiore rispetto alle carni rosse che consumiamo abitualmente.
Se vi dovesse capitare di maneggiarla, intanto siate consapevoli del vostro privilegio: state toccando, cuocendo e assaggiando il sogno di ogni carnivoro; in secondo luogo, considerate che potete trattarla come una bistecca qualunque, anche se non è una bistecca qualunque. Si può cuocere sulla griglia, sulla piastra, sulla ghisa; dovete stare sempre attenti a non bucarla (per non perdere i succhi) e soprattutto a non farla asciugare: la cottura al sangue risulta la più efficace per valorizzare la struttura grassa e salvare la vostra coscienza.
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