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Maritozzo romano con la panna: “Te guardo ’mbambolato e con amore”

di Nadine Solano 11 Maggio 2024 12:00

Straborda di panna, è gonfio e sontuoso. Sfacciato, per certi versi. Ma il maritozzo romano conserva saldamente il suo trono, facendo strage di cuori. E qui c’è tutto quello che dovete sapere sul suo conto.

Ogni romano doc è cresciuto a latte (anzi, meglio il cappuccino) e maritozzi. E continua a concedersi un sacrosanto maritozzo a intervalli regolari, se non tutti i giorni. Chi va a Roma, per scoprirne le bellezze o per qualsiasi altro motivo, inevitabilmente s’imbatte in questa golosa specialità ripiena di panna e finisce per amarla. Allora ecco tutto, ma proprio tutto quello che c’è da sapere sul suo conto.

Cos’è il maritozzo

Maritozzo

Dov’è nato il maritozzo? Semplice, a Roma. Ma cos’è esattamente? Una sorta di piccola pagnotta semi-dolce, rotonda oppure ovale, preparata con farina, lievito, zucchero, latte, uova e olio (o burro). Una volta cotta, viene aperta a metà e riempita con una generosa – molto generosa – quantità di panna montata (fresca!).

Ci sono anche le versioni farcite con crema pasticcera o gelato, guarnite con granella di pistacchi o frutta fresca o cioccolato e via dicendo; buonissime, per carità, ma il maritozzo romano tradizionale è quello appena descritto.

Chi ha inventato i maritozzi

La ricetta risale addirittura all’Antica Roma. Si preparavano queste pagnottelle come dono per le future spose, allora nell’impasto c’erano anche il miele (al posto dello zucchero), l’uvetta e i pinoli. Si consegnavano il primo venerdì di marzo e non di rado celavano, all’interno, un anello o un altro oggetto d’oro. Così, abbiamo anche spiegato perché si chiamano maritozzi: da “marito”.

C’è anche da dire, però, che il maritozzo era una preparazione semplice e dunque appartenente alla cosiddetta cucina povera. Nel Medioevo, le mogli di pastori e contadini li preparavano per dar loro qualcosa di energetico che li aiutasse a sopportare le lunghe giornate fuori casa.

Come si mangia un maritozzo

Maritozzo

Può sembrare una domanda strana, ma solo a chi non si è mai trovato al cospetto di questo lievitato capitolino. In caso contrario, è un quesito che sorge spontaneo. Perché il maritozzo straborda di panna. È gonfio, pieno. Sfacciato.

A Roma dicono che sporcarsi di panna, nell’addentarlo, è praticamente obbligatorio. In ogni caso, la faccenda è talmente seria che abbiamo creato una guida apposita. Pochi e semplici con regole per gustarlo al meglio. A proposito di gustare: la combo perfetta è quella con il caffè o il cappuccino.

Il maritozzo nella letteratura

Maritozzo

Ebbene sì: il maritozzo ha un posto anche nella letteratura nostrana. L’hanno citato diversi autori, noti e meno noti; tra gli altri, Giuseppe Gioacchino Belli, Giggi Zanazzo, Adone Finardi.

E Ignazio Sifone, che negli anni Sessanta addirittura ha composto l’Ode ar maritozzo: “Me stai de fronte, lucido e ’mbiancato, la panna te percorre tutto in mezzo, co ’n sacco de saliva nella gola, te guardo ’mbambolato e con amore. Me fai salì er colesterolo a mille, lo dice quell’assillo d’er dottore, ma te dirò, mio caro maritozzo, te mozzico, poi pago er giusto prezzo”. Rende perfettamente l’idea, no?

Il Maritozzo day

Il maritozzo, a Roma, è un vero e proprio culto. Per rafforzare questo concetto, dal 2017 si celebra il Maritozzo day. Ogni anno, il primo sabato di dicembre. Gli ideatori della manifestazione sono Silvia Pontarelli e Gabriele Lupo di Tavole Romane. In quella giornata speciale, la Capitale viene travolta – sia pur metaforicamente parlando – dalla panna.