Il menu del pranzo di Natale secondo Valeria Piccini
Valeria Piccini, chef del ristorante Da Caino, ci illustra il suo menu di Natale ideale, con molte proposte invitanti a base di carne.
Il conto alla rovescia è ufficialmente scattato. A poche settimane dal Natale, l’incognita menu incombe: meglio puntare sui grandi classici della tradizione o azzardare ricette innovative, col rischio di scivolare sulla brutta figura? per valeria piccini il pranzo di natale si trascorre in famiglia o da amici, non al ristorante Agrodolce prova a fare un po’ di chiarezza e si affida all’esperienza di alcuni dei più celebri chef italiani, ad esempio Valeria Piccini, neo eletta Cuoca dell’Anno dalla Guida L’Espresso 2016, patron del ristorante Da Caino, punto fermo della cucina toscana a Montemerano, nel cuore della campagna Maremmana. “Niente panico da menu: basta aprire i ricettari di famiglia e si trova un’infinità d’idee”, ci racconta la chef, cui abbiamo chiesto qualche suggerimento per realizzare il pranzo di Natale, momento iconico delle incombenti festività. “Pranzo che io trascorro in famiglia o da amici. Mia nonna ci disse: Un giorno in più al ristorante non ti risolve l’anno e dal ’93 è l’unica festa che facciamo a casa”.
Valeria, leviamoci subito ogni dubbio: qual è l’errore da non fare pensando al menu del pranzo di Natale?
L’errore principale è che si cucina sempre troppo, mettendo assieme cose molto diverse. Il problema, volendo azzardare, è quasi culturale: per tutti la tavola di Natale è un trionfo di cose, dall’antipasto ai primi, dalla griglia, ai bolliti. Diciamo che è un errore ma non è un errore, perché ormai siamo abituati così. La festa richiama l’abbondanza e per noi golosi è un piacere.
La stesura del menu toglie il sonno a molti italiani: copio dalla rivista patinata, rubo la ricetta dell’amica del cuore, m’invento un piatto mai realizzato. Come se ne esce?
Giocando di sottrazione. Quasi tutti in casa hanno il ricettario della nonna, oppure quello della mamma o del papà. Ecco, puntiamo sulle ricette della nostra tradizione di famiglia, senza avventurarci in piatti sconclusionati che ci tolgono tempo: la convivialità, il piacere di stare assieme e non restare confinati in cucina per tutta la durata del pranzo, vengono prima di ogni cosa.
Il tuo piatto simbolo del pranzo di Natale qual è?
Mio nonno per il pranzo della festa pretendeva che tra l’antipasto e il primo fosse servito il brodo, per preparare il palato, diceva. Ecco, quella tradizione l’ho mantenuta e così preparo un brodo con carni miste dove c’è sempre la gallina, che era la carne a disposizione. A quel tempo si faceva anche la galantina, che ora non fa quasi più nessuno perché è molto lunga da preparare, dovendo togliere le piume senza averla bagnata, per poi disossarla e lasciarla intera.
Il brodo invece come lo fai?
Alla maniera classica, partendo dall’acqua fredda. Aggiungo gli odori, il pomodoro spaccato, prezzemolo e basilico, porro e infine le carni miste e sto bene attenta a schiumarlo man mano che le impurità vengono in superficie.
L’antipasto che sulla tua tavola di Natale non deve mai mancare?
I crostini con i fegatini. Un grande classico della tradizione toscana. Semplice ma gustoso.
Giocarsi bene la carta del primo significa incassare mezza vittoria.
La pasta ripiena è il grande jolly. Piace in maniera trasversale, mette tutti d’accordo. Io punto sui cappelletti in brodo. La pasta la faccio in maniera classica, con farina e uova, mentre per il ripieno torno alla ricetta di famiglia: oltre alla carne di manzo, pollo e maiale, aggiungo il prosciutto e poi anche le animelle e il cervello di vitello, ingredienti che non mette quasi più nessuno. È un ripieno ricco, non mancano parmigiano e una grattugiata di limone, e il gusto è davvero particolare.
Ma anche uno dei tuoi piatti icona, i tortelli di cinta senese, sarebbe perfetto per il pranzo di Natale…
Beh sì, il connubio tra il brodetto di castagne e gallina e il profumo della cinta senese è sublime e perfetto per il Natale. È un piatto invernale che non riesco a togliere dal menu eppure sono passati trent’anni da quando l’ho proposto.
Come secondo invece, su cosa punti?
Gioco sul rustico, richiamando i sapori della mia infanzia. C’è sempre una bella grigliata mista, di agnello e pollo, e poi un pezzo di agnello arrosto, succoso e ricco di profumi. A Natale poi non manca mai una frittura leggera di carciofi: si sposa con tutto e chiude il pranzo prima di passare ai dolci.
Variazione sul tema. Oltre ai grandi classici, panettone e pandoro, su che dolci si può scommette per fare bella figura con gli ospiti?
Ripeto, per me il Natale è tradizione, non mi piacciono i grandi colpi di testa. Ogni regione ha le sue specialità – addirittura ogni provincia – ed è giusto mettere in tavola quelle: da noi non mancano mai i ricciarelli e il panforte. Io poi punterei su tiramisù e zuppa inglese, che sono relativamente facili da fare e piacciono a tutti.
Dei vini immagino si occupi inevitabilmente tuo marito, Maurizio Menichetti, uno dei più celebri sommelier d’Italia.
Assolutamente sì, anche perché io sono astemia e al massimo assaggio un po’ di Moscato. Per Natale, a casa nostra si stappano bottiglie importanti e il Brunello non manca proprio mai.