Addio a Renato Caimi, inventore della “schiscetta”
L’inventore del portavivande in alluminio per la pausa pranzo fuori casa, meglio conosciuto come schiscetta, è morto all’età di 97 anni. La sua idea, nata da un pentolino rovesciato su un tram, è diventato il simbolo della rinascita insdustriale italiana. Ma non solo.
Si è spento ieri – all’età di 97 anni – l’imprenditore lombardo Renato Caimi, inventore e depositario (nel 1952) del brevetto del portavivande che rivoluzionò le abitudini alimentari della nostra classe operaia: la schiscetta. Quando il delivery e il take away erano ancora un’utopia, questo imprenditore di Nova Milanese ebbe infatti la geniale idea di disegnare un contenitore che permettesse ai lavoratori di trasportare in sicurezza il pasto, rigorosamente fatto in casa, che avrebbero poi consumato durante la pausa pranzo.
L’idea
Pare che Renato, fondatore insieme al fratello Mario della Caimi Brevetti, una mattina si trovasse a bordo di un tram quando – a causa di una brusca frenata del mezzo – un passeggero rovesciò il pranzo che aveva con sé. In quel momento, Renato ebbe l’illuminazione e pensò di realizzare un contenitore in alluminio a chiusura ermetica che potesse rendere più smart la vita di tutti quei lavoratori costretti a consumare i pasti fuori casa. Il nome, poi, che deriva dal dialetto meneghino “schiscià” e sta a indicare lo schiacciamento del cibo con il coperchio del contenitore, non fu difficile da trovare.
Da allora, questo contenitore ne ha fatta di strada: diventato nel tempo un oggetto di design e ricreato nei materiali più svariati, continua infatti a essere quotidianamente utilizzato da lavoratori e studenti di oramai tutto il mondo.
Da idea a oggetto della memoria
Oggi, quindi, non possiamo che ricordare Caimi con gratitudine. Non solo per aver reso i pasti di milioni di persone più piacevoli ma anche per aver realizzato quello che – come sottolineato due anni fa dal capo dello Stato Sergio Mattarella, quando gli venne donata una schiscetta originale – potremmo definire un “simbolo del lavoro, dell’impegno di uomini e di donne nella rinascita post bellica, oggetto della memoria che, scandendo un momento della giornata, quello dedicato al pasto in fabbrica, racconta quel fare impresa che fin da allora è innovazione, creatività e inclusione sociale”.