È davvero giusto tassare le mance?
La Cassazione ha deciso che le mance dovranno essere tassate perché vengono guadagnate durante l’orario di lavoro.
“Il resto è mancia“. Quante volte l’abbiamo detto o sentito dire? Ora la Corte di Cassazione ha accolto un ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate riguardo un lavoratore di hotel che in un anno ha incassato 84 mila euro solo di mance.
Perché si lascia la mancia?
La mancia affonda le sue radici in Francia, in un passato nel quale esisteva ancora la servitù, che non percepiva uno stipendio ma solo vitto, alloggio e un vestito che doveva durare per tutto l’anno. Mancia infatti deriva dal francese manche ovvero manica. La parte più usurata del vestito erano infatti le maniche che erano le prime a logorarsi e quindi il padrone, donando loro la mancia, consentiva di poterle cambiare. Sono cambiati i tempi e le usanze ma la mancia continua ad essere un modo per ricompensare i camerieri di un lavoro ben fatto.
La sentenza della Cassazione, depositata il 30 settembre, ha stabilito che andranno pagate le tasse sulle mance perché vengono ottenute durante l’orario di lavoro. “In tema di reddito da lavoro dipendente, le erogazioni liberali percepite dal lavoratore dipendente, in relazione alla propria attività lavorativa, tra cui le cosiddette mance, rientrano nell’ambito della nozione onnicomprensiva di reddito fissata dall’articolo 51, primo comma, del Dpr 917/1986, e sono pertanto soggette a tassazione“.
Ma come è possibile tassare le mance? Probabilmente una via percorribile sarebbe quella intrapresa dagli Stati Uniti dove lasciare la mancia è un’usanza consolidata. Qui il compito di rendere conto di queste donazioni spetta allo stesso soggetto ricevente che, in caso non dichiarasse tutto l’importo, si espone a rischio di multe. Oppure come si fa già in Italia per i croupier nei casinò, per i quali le mance vengono tassate al 75%, ma in questi casi, essendo erogate in fiches, la registrazione del guadagno risulta decisamente più facile.
- FONTE
- La Stampa