La storia segreta di una tradizione: Cappuccino e Cornetto
Cappuccino e cornetto è una delle tradizioni mattutine più amate, ma vi siete mai chiesti come si è arrivati a questa consuetudine? Scopritelo con noi.
Immaginatevi una colazione perfetta: belli, vestiti come meglio vi aggrada, magari in compagnia del vostro amato o della vostra amata, con un poco di brezza che vi arruffa i capelli e gli occhiali da sole. Seduti magari a riva a Trieste, ai giardini di Venezia, a Vienna nei pressi delle mura, in uno dei tanti meravigliosi caffè o fornai. Chiamate il cameriere e, rigorosamente seri, fornitegli un cd: Mozart opera in A major K.331; se amate il jazz un più semplice Dave Brubeck, Blue Rondo à la Turk. Fatto? l'incontro tra oriente e occidente è cruento ma porta anche scambi e sviluppo Ordinate acqua, cappuccino e cornetto, senza zucchero. Prima però leggete questo articolo. Il mondo è sconvolto dalla Jihad, ma non da stamane, precisamente da quando i discendenti di Maometto hanno litigato per l’eredità morale e temporale. Io parto dal 1571, dopo il massacro di Famagosta, la caduta di Cipro e Nicosia. Occhiali, il prete-pirata calabrese, è padrone del mediterraneo; fedele a Solimano è re di Tobruk, marcia sulle coste della Dalmazia e devasta La Spezia. Gli ottomani arrivano alle porte di Roma: Urbano Ghisleri, Papa forte della vittoria dei Cavalieri a Malta e delle loro piratesche razzie, tenta di resistere alla flotta turca e crea la Santa Alleanza. Il 7 ottobre 1571, a Lepanto, batte la flotta turca con l’aiuto decisivo delle galeazze veneziane. “30mila morti, nubi di frecce che oscurano il sole, il mare rosso di sangue. La voglia di tornarci. Per capire com’erano, allora, gli scontri di civiltà”: lo scrive Paolo Rumiz su Repubblica partendo dal forte San Giorgio e diretto proprio a Levanto. L’incontro tra Oriente e Occidente è cruento: fedi contrapposte, momenti difficili, ma anche scambi e sviluppo. Quando L’Ungheria cade sotto l’egemonia del sultano (siamo nel 1582) anche il Sacro Romano Impero è in bilico.
Nel mentre Prospero Alpini, medico e botanico di ritorno dall’Egitto, porta in occidente la pianta del caffè e la consegna al senatore Costantino Garzoni, a cui racconta dell’uso diffuso a Istanbul, “La sublime porta” di bere “una certa acqua negra” in locali pubblici. Fiutato l’affare, la Serenissima avvia l’importazione: il medico e botanico prospero alpini porta in occidente la pianta del caffè dopo averne sperimentato la bevanda ricavata a istanbul il caffè è una bevanda ottenuta dalla macinazione dei semi di arbusti tropicali del genere Coffea, le cui più diffuse sono l’arabica e la robusta. La parola araba Gahwa (in turco Kahve) diviene in Italiano caffè. Pellegrino Artusi (1820-1911) la descrive così: “V’è chi ritiene il caffè originario della Persia, chi dell’Etiopia e chi dell’Arabia Felice; ma di qualunque posto sia, è certamente una pianta orientale sotto forma di un arboscello sempre verde il cui fusto si innalza dai 4 ai 5 metri e non acquista per ordinario più di 5 ad 8 centimetri di diametro. Il miglior caffè è pur sempre quello di Moka, il che potrebbe convalidare l’opinione esser questo veramente il suo luogo nativo. Si dice che un prete musulmano, a Yemen, avendo osservato che quelle capre le quali mangiavano le bacche di una pianta di quelle contrade, erano più festevoli e più vivaci delle altre, ne abbrustolì i semi, li macinò e fattane un’infusione scoprì il caffè tal quale noi lo beviamo (…) Venezia per i suoi rapporti commerciali in Oriente fu la prima a far uso del caffè in Italia, forse fin dal secolo XVI” (La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, 1891).
Gli affari dei veneziani con la Sublime Porta, guerra e inquisizione permettendo, vanno comunque avanti, mentre il mare è pacificato momentaneamente. Per terra Solimano cerca di prendere Vienna e poi magari Roma. La Jihad è in corso: Ungheria, Stiria e Balcani, tutti cadono sotto la Spada di Allah e ne sono devastati; Vienna è sotto il secondo assedio. Nel 1583 un frate cappuccino in odore di santità, Marco d’Aviano, è inviato a Vienna dal Papa con l’obiettivo di convincere i potenti europei a intervenire per fermare i turchi. Marco d’Aviano non è un prete qualsiasi: oltre che cardinale è anche un noto guaritore, accreditato nelle corti imperiali. Arriva mentre Vienna è assediata e gli ottomani bombardano con obici le mura, usano truppe leggere per scalarle giornalmente, scavano trincee e gallerie sotterranee, minano le fortificazioni.
A luglio gli ottomani cercano di entrare attraverso un tunnel che finisce contro la parete di una panetteria: i fornai si accorgono dell’intrusione e danno l’allarme. Quando l’11 settembre la coalizione cristiana guidata da Giovanni Sobieski libera la città, i fornai festeggiano confezionando un dolce a base di uova, farina , burro, zucchero lievito e acqua tiepida con la forma di mezzaluna turca: è nato il kipferl, in italiano il cornetto. Fuggendo i turchi lasciano sul campo quintali di caffè, di cui un ufficiale polacco (Franciszek Jerzy Kulczycki) fa bottino.
Apre così il primo caffè viennese: Marco D’Aviano, priore cappuccino e rappresentante del Papa e di Dio in terra (in tempo d’inquisizione non è cosa da poco) entra e ne ordina uno. La bevanda non gli piace: è amara, nera e non può addolcirla perché lo zucchero è arabo. Chiede come si possa migliorarne il sapore con qualcosa che sia dolce e magari cattolico e gli aggiungono del latte: il colore gli ricorda il suo saio. Nasce così il melange viennese, che in suo onore sarà poi ribattezzato kaputziner (cappuccino). Per arrivare al cappuccino come lo conosciamo noi serve l’avvento del vapore e del brevetto della macchina da caffè: nel 1901 Luigi Bezzera brevetta la prima macchina da espresso, esposta alla Fiera Internazionale di Milano nel 1906.
Dopo la prima guerra mondiale il caffè si diffonde anche nel Sud Italia, soprattutto nel napoletano. Non entro nel merito della ricetta, ma copio quello che riporta l’Istituto Nazionale Espresso Italiano: il cappuccino italiano certificato deve essere preparato con 25 ml di espresso e 100 ml di latte montato con vapore “il cappuccino di qualità e rispettoso della tradizione è composto da 25 ml di espresso e da 100 ml di latte montato con vapore. Alla base del Cappuccino Italiano Certificato c’è sempre un Espresso Italiano Certificato, preparato in conformità alle regole previste nella certificazione a marchio Espresso Italiano (CSQA n. 214 del 24/9/1999, DTP 008 Ed. 1). Da un punto di vista sensoriale il Cappuccino Italiano Certificato si presenta di colore bianco, ornato da bordo marrone più o meno spesso nel cappuccino classico, con disegni che vanno dal marrone al nocciola nel cappuccino decorato. La crema ha maglie strette con occhiatura molto fine o assente. Ha un aroma intenso in cui, ai soffusi sentori di fiori e di frutta si, aggiungono quelli più intensi di latte, di tostato (cereali, caramello), cioccolato (cacao, vaniglia) e frutta secca. Sono assenti odori empireumatici e biochimici negativi. Il corpo è importante e si esprime con una sensazione suadente, di panna e di elevata percezione sferica, supportato da un sapore amaro tenue e da una bilanciata acidità, quasi impercettibile. L’astringenza è praticamente assente”. Giuro, non ho capito se scherzano oppure no.
Non vi do la ricetta né del cornetto né del cappuccino: è la cosa più anticlericale che mi venga in mente. Bevetevelo al bar, in buona compagnia, e pensate semmai a quanto siano poco cambiate le cose, a quanto voi siate fortunati di stare seduti a berlo tranquilli, mangiando un cornetto a forma di mezzaluna. Solo un consiglio: il cornetto deve essere di pasticceria e fragrante, la macchina del caffè in buone condizioni, il cameriere simpatico e fugace come un’apparizione, la giornata lieve e la compagnia allegra. Per i commenti mi trovate al caffè.
- IMMAGINE
- Cappuccino and croissant via Shutterstock
- Coffee Plant via Shutterstock
- I really take the cake
- Wikipedia
- Il Faro Online