Top of the Year: Pascucci e Signum i migliori pranzi del 2016
Ancora un premio classico di Agrodolce: il miglior pranzo dell’anno. Due ristoranti eletti: Signum a Salina e Pascucci a Fiumicino.
I pranzi migliori dell’anno li abbiamo fatti a mare. Il primo a Salina, Eolie. Isola. Bellissima. Ancora pura, quasi incontaminata nonostante sia meta turistica molto ambita nella stagione estiva. Qui si è cominciato a proporre un’offerta di qualità oltre a quella turistica delle piccole pensioni, delle case in affitto e della ristorazione tradizionale. In questo la famiglia Caruso all’hotel Signum, è stata antesignana.
Signum, Salina
Clara, attaccata alla sua terra come pochi, è ancora oggi impegnata in prima persona in quelle iniziative tese a diffondere la cultura isolana. Ha messo insieme pezzo su pezzo la struttura alberghiera: elegante, accogliente, luminosa. Suo marito Michele, taciturno e riservato, è stato per anni ai fornelli, intento a preparare piatti della tradizione. Poi sono arrivati i figli, giovani, intraprendenti, a dare il loro tocco. Un tocco sicuramente rispettoso di quello che si era fatto, ma teso a dare più definizione, profondità, nitore.
Luca Caruso, perfetto padrone di casa, è a capo di una squadra di sala molto affiatata e con il sommelier Francesco Previtera ha studiato una carta dei vini che ha pochi uguali per curiosità e ricchezza. E Martina Caruso 26 anni, cuoca giovanissima e dal talento cristallino, ha preso in mano poco più che maggiorenne le redini della cucina dal padre, accerchiandosi di altrettanto giovani collaboratori. Si è formata dopo l’alberghiero e le scuole del Gambero Rosso, e in giro per il mondo da Jamie Oliver a Gennaro Esposito. Ancora oggi, durante la pausa invernale, gira, insieme al fratello per conoscere, apprendere, imparare.
E tutto questo si trasmette sulla sua cucina che unisce, in un filo conduttore tratteggiato ma solido, le radici isolane e le suggestioni di viaggio. Piatto già simbolico di questo percorso la bagnacauda con ricci di mare, che chiunque passi dal Signum non può perdersi. Ma non da meno, anzi, le alici con tuorlo d’uovo, nocciole e piselli disidratati, assolutamente sorprendenti. E poi l’assoluto di triglia, che va oltre la citazione nominalista romitiana, le linguine con latte di mandorla e vongole, i cappelletti con ragù di maialino dei Nebrodi, le cozze lardellate con lenticchie di Ustica. E ci fermiamo qui, sicuri di un grande talento destinato a diventare fuoriclasse.
Pascucci al Porticciolo, Fiumicino
Dallo Jonio al Tirreno arriviamo a Fiumicino, dove il talento si è formato e sviluppato in età matura. Sto parlando di Gianfranco Pascucci e del suo Pascucci al Porticciolo. Seguo Gianfranco da oltre un decennio. Ed è stato veramente un grande piacere vedere crescere consapevolezza, rigore, ricerca sul territorio, oggi approfondita nella riscoperta dell’Oasi WWF di Macchia Grande, area sconosciuta ai più, a mezz’ora d’auto da Roma, dove Gianfranco studia, cerca, scopre, piante, erbe, radici. Un foraging di duna che poi trasmette alla sua cucina, innestandolo al pesce tirrenico, acquistato e cercato al di fuori da dinamiche modaiole e poco rispettose dell’ambiente.
Si veda il lavoro sul muggine pescato nell’oasi di Burano, a due passi da Orbetello, sulla cui interezza dalle carni alle uova Pascucci sta facendo un lavoro mirabile. Il piatto che porta il nome di muggine nell’oasi di Burano, è infatti icona esplicativa per colori, sapori e profumi. E insieme con il tiramisù di pane e alici, l’insalata di gamberi e granatina aromatica, i rigatoni con lo stracotto di tonno, il calamaro -sia nella versione piastrato con rosmarino e radici sia in quella fritta con composta di arance e cipolla – fanno si che oggi Pascucci al Porticciolo sia, a mio giudizio, il miglior ristorante di pesce dello stivale.
E pranzo dell’anno, ad unire i due mari italiani, da Salina a Fiumicino.
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