La regina delle paste romane: la Carbonara
Al centro di diatribe come l’amatriciana, la carbonara è la regina delle paste romane, dalle origini controverse e dalla sacra come una preghiera.
Capitale dell’Impero romano, città del Papa, centro culturale di dimensioni mondiali, da Roma ci si sarebbe quasi aspettati una cucina sofisticata, fatta di ingredienti aristocratici e introvabili, per sedurre palati innaturali. la cucina di roma è prepotente, saporita, costruita con ingegno a partire da ingredienti poveri La cucina di Roma è invece prepotente, saporita, costruita con ingegno a partire da ingredienti poveri, pochi, assemblati con arte. A Roma da sempre si usa quel che altrove si scarta (coda alla vaccinara, trippa alla trasteverina, rigatoni con la pajata), si insaporisce ogni piatto con pochi accorgimenti (puntarelle con le acciughe, pasta e ceci col rosmarino, carciofi con l’aglio). Del maiale si usa sostanzialmente ogni parte: la porchetta di Ariccia è rinomatissima, a Amatrice si producono tipici prosciutti e Spianate, anche per le Coppiette (originariamente cucinate con carne di cavallo affumicata) si usa il suino; e poi salsicce, Coralline, Budelli, Mortadelle. Ma il maiale trionfa nei primi, da leggenda: Gricia, Amatriciana, Carbonara.
Nonostante ci piaccia pensare che la Carbonara esista da sempre, che non sia passato uomo su questa terra senza averla potuta assaggiare, la sua origine, ampiamente dibattuta, potrebbe essere piuttosto recente. una versione dell'origine della ricetta parla dell'arrivo di truppe angloamericane a roma, con bacon, uova e spaghetti Basti pensare che da Ada Boni, autrice del Talismano della Felicità, non è citata nel ricettario sulla Cucina Romana; bisogna perciò concedere che la codificazione di questa strepitosa ricetta sia posteriore agli anni ’30 del ‘900. Secondo una ricostruzione non troppo patriottica ma verosimile, l’intuizione andrebbe collegata all’arrivo delle truppe angloamericane a Roma dopo la liberazione; gli ingredienti a loro più familiari, con cui approntare un pasto, sarebbero stati infatti bacon, uova (anche in polvere), spaghetti. Se invece non riusciamo ad accettare che la carbonara possa in qualche modo essere stata importata, dobbiamo credere a una seconda ipotesi: i carbonai abruzzesi e laziali avrebbero elaborato una ricetta corposa, in grado di dare energie e conservarsi facilmente, per le lunghe giornate da passare nelle carbonaie. In questo caso, la parte grassa (guanciale, pancetta, lardo) avrebbe sostituito l’olio, decisamente meno reperibile perché costoso.
Ogni dibattimento si placa e dimentica nel momento in cui assaggiamo: la carbonara è uno di quei piatti completi, assoluti, da gustare quasi in silenzio, in maniera solenne. Con l’importante precedente della pasta cacio e uova, gli ingredienti sono uova, guanciale, pepe, pecorino (si ricordi che nel Lazio sono prodotte due importanti Dop: Pecorino Romano e Pecorino Toscano). Detto ciò, possono sorgere mille controversie: chi vuole la cipolla nel soffritto, chi usa solo i tuorli, chi aggiunge parmigiano, chi sostituisce il guanciale con la pancetta. In ogni caso, bisogna tagliare il maiale a striscioline e rosolarlo con pochissimo olio a fuoco basso; intanto, in una ciotola, si mescolano le uova (per 4 persone, la quantità consigliata potrebbe essere di due uova intere e un tuorlo; ma potete essere più o meno generosi) e il pecorino grattugiato. A questo punto, si può saltare la pasta cotta al dente nella padella col guanciale, per poi unirla caldissima alla ciotola delle uova e miscelare in fretta, perché il composto resti morbido e cremoso; nel Ricettario di Gualtiero Marchesi troverete un consiglio per non far rapprendere le uova: scaldare la ciotola a bagnomaria.
Alcuni di noi stanno solo pensando alla carne croccante, al contrappunto del pecorino, ma le insidie sono ancora tante: prima tra tutte, quale pasta usare? La pasta è senza dubbio di semola di grano duro. Quanto al formato, tradizionalmente la possibilità di scelta si riduce al duello tra spaghetti e rigatoni; entrambi risultano perfetti per accogliere il sugo denso e scricchiolante. Una versione rivoluzionaria è stata quella dello chef Antonello Colonna: nel suo Negativo di Carbonara, i ravioli all’uovo sono farciti con uova, parmigiano e pepe, per essere poi guarniti con guanciale rosolato, crème fraîche e pecorino.
L’identità di questa ricetta si è imposta in maniera tale che il concetto di Carbonara si è dilatato, fino a comprendere rivisitazioni decisamente lontane dall’originale. Per la carbonara vegetariana si seguono le indicazioni tradizionali, ma invece del maiale si usano zucchine tagliate a julienne o a rondelle; nella carbonara estiva, alle zucchine si aggiungono cipollotti, carote, sedano e patate; più sofisticata è la carbonara di mare, per cui si mescolano alle uova frutti di mare o pesci vari sminuzzati o più semplicemente la carbonara di tonno.
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