Pastel, lo street food giapponese che ha trovato casa in Brasile
Il pastel è un raviolo fritto che, da street food tipico del Giappone, è stato adattato nella cucina Brasiliana, diventandone un simbolo.
Si scrive pastel, si pronuncia pasteu ed è lo street food brasiliano per eccellenza. Si tratta di un tortello (molto vicino al romagnolo gnocco fritto ma senza lievito) che può contenere un ripieno salato o dolce.
Le origini
Il pastel arriva in Brasile negli anni ’40 portato dagli immigrati giapponesi. Infatti, quando i giapponesi arrivarono nel Paese sudamericano, adattarono i gyoza agli ingredienti che trovarono in loco. Per esempio, il sake è stato sostituito dalla cachaça, un distillato brasiliano ottenuto da succo di canna da zucchero fermentato, conosciuto perché ingrediente principale della Caipirinha. Svelto e gustoso, il nuovo cibo dall’allure esotica spopolò nei mercati di strada di San Paolo dove i giapponesi li servivano caldi per guadagnarsi qualcosa da vivere, diventò lo street food carioca più diffuso al mondo.
“Il pastel – spiega Ana Estrela, titolare di Bistrot Sociale Multietnico di Bari, presidente dell’associazione Origens e creatrice del progetto Ethnic Cook – come accade per molti cibi popolari, è nato in un modo e poi si è trasformato nel tempo. Ai suoi esordi era piccolo, a forma di mezzaluna, proprio come il suo antenato giapponese gyoza. Col tempo è diventato più grande e sono spuntate anche versioni quadrate. Mi ricordo che ero bambina quando ho visto il primo pastel quadrato e mi ha incuriosito molto”.
La ricetta dell’impasto è molto semplice e ricorda quello delle nostrane chiacchiere di Carnevale. Farina 00, acqua e cachaça si impastano fino a ottenere un panetto che viene fatto riposare al fresco per un tempo che va da mezz’ora a 40 minuti. Passato il tempo l’impasto viene porzionato, stirato e riempito.
“Il ripieno originario – continua Ana – è composto da carne macinata soffritta con cipolla, peperoni e spezie. Col tempo si sono aggiunte diverse versioni, anche dolci”. C’è il pastel al catupiry, un formaggio cremoso creato nel 1911 da Mario e Isaura Silvestrini, una coppia di immigrati italiani che vivevano a Lambari, nello stato di Minas Gerais nella regione del Sudeste. Ci sono poi i pastel al pollo, ai gamberi e al baccalà.
In versione dolce il pastel tradizionale è ripieno con la goiabada o doce de leite. Il primo è un dessert popolare nelle regioni di lingua portoghese che nasce nel periodo coloniale in Brasile, dove il guava, frutto utilizzato nel dolce, era usato, nella preparazione delle marmellate, come sostituto della mela cotogna. Mentre il secondo è un dolce a base di latte che si prepara facendo cuocere a lungo il latte e lo zucchero fino a ottenere una crema dal sapore molto simile a quello delle caramelle mou. Sempre in tema di dolce, i ritagli della pasta vengono re-impastati, tirati sottili e tagliati a pezzetti che vengono fritti e spolverizzati con una miscela di zucchero e cannella.
Oggi il pastel ha messo radici e si trova in locali specializzati le pastelerie dove il fagottino è diventato gourmet. Per esempio, il Bar do Adão di Rio de Janeiro, vincitori di diversi premi per i suoi pasteis, li propone, oltre che con i tradizionali ripieni, anche con brie e albicocca, mozzarella, funghi e gamberi o gorgonzola e noci. Al Pastel Bonito di Jacaré, nello stato del Mato Grosso, il pastel in versione dolce è ripieno di Nutella o di banana alla cannella mentre per il salato di carne di alligatore o di carne secca e formaggio o ancora di tilapia, un pesce d’acqua dolce tipico del Sud America. Le bevande che tradizionalmente accompagnano il pastel sono il caldo de cana (succo della canna da zucchero), la guaranà, una bibita analcolica realizzata con le bacche di guaranà, la cachaça o la birra.
«Nel mio viaggiare – ricorda Ana – ho trovato versioni locali del pastel in tutti i continenti. In India ma diffusosi in tutta l’Asia centro-meridionale e intorno all’Oceano Indiano, nella penisola arabica, nel Corno d’Africa, in Africa orientale (dalla Somalia al Mozambico), risalendo attraverso la cultura araba anche in Nord Africa, in Turchia, in Grecia e intorno al Mar Nero il corrispettivo del pastel si chiama samosa. Ha forma triangolare ed è farcito principalmente con patate ma anche con cipolle, piselli, lenticchie, formaggio, carne di manzo o pollo e varie spezie locali come peperoncino o coriandolo. In Bagladesh c’è il purì che si accompagna con verdure, salse e zuppe».
Nel suo bistrot barese Ana ha fatto del pastel, che qui viene assimilato al panzerotto, un simbolo di integrazione. Ci sono i pasteis con ripieno di manzo stufato al berberè eritreo, con bouraní bandejam, melanzane con sugo di pomodoro e yogurt tipiche dell’Afghanistan o con il messicano guacamole. Ana sta studiando anche i pasteis vegani con crema di lenticchie rosse, con le zucchine e con tante altre verdure del territorio.