Pizza potentina: storia comunitaria di una città in ascesa (gastronomica)
Siamo stati da Peppone Calabrese, volto noto della tv gastronomica, per esplorare l’universo che c’è dietro la pizza potentina e non solo.
Non mi sono ancora abituato a vedere la sua faccia in TV. Mi fa strano. Conosco Peppone Calabrese da circa trent’anni, siamo cresciuti nello stesso rione a Potenza e condividiamo due grandi passioni: quella calcistica, un volto televisivo passato dalla prova del cuoco a linea verde per la squadra della nostra città, e l’altra per il buon cibo. Archiviati gli studi universitari, Peppone ha aperto Cibò, un’oasi del gusto che, pur cambiando sede e format, dal 2006 contribuisce a rendere meno provinciale l’offerta enogastronomica del capoluogo lucano, facendo scoprire ai potentini ricercatezze alimentari di altri territori. L’occasione di diventare un volto televisivo gli è capitata per caso: prima La Prova del Cuoco, adesso Linea Verde, ma lui continua a definirsi soprattutto un oste. “Quando giro l’Italia grazie alla Rai e incontro dei ristoratori la prima cosa che gli dico è che siamo colleghi!”
La pizza potentina
Dopo qualche mese di stop per lavori di ristrutturazione, di recente ha riaperto il suo locale con una formula diversa: continuano a esserci grandi prodotti italiani e cucina di territorio, ma protagonista assoluta è una versione contemporanea della pizza potentina cotta nel ruoto (la teglia tonda). In dialetto si chiama ruccul’, tradizionalmente si faceva con lo stesso impasto del pane e si infornava prima delle panelle (pagnotte), quando il forno a legna era al massimo della temperatura. Da prodotto collaterale della panificazione, ha poi ottenuto ulteriore diffusione, nei decenni scorsi, grazie all’apertura in città di diverse pizzerie al taglio.
Prove di impasto
Qualche settimana fa, un giorno ricevo una telefonata di Peppone: “Stiamo facendo le prove al forno delle Sorelle Palese. Quando vieni a Potenza avvisami: mi serve il tuo parere sull’impasto!” Non mi sono tirato indietro: mi presento al panificio un sabato pomeriggio e incontro Luisa, figlia di una delle sorelle Palese e nuova socia di Cibò. Con lei c’è la zia Antonietta e la nonna, che a dispetto dell’età è attivissima. Impossibile per me non cedere alla tentazione di rubarle uno scatto davanti alla bocca dell’enorme forno. Zia Antonietta ha dalla sua manualità e competenze tecniche. Per nulla intimorito, con lei parlo di forza delle farine, percentuali di idratazione e della ricetta che un guru degli impasti come Stefano Bongiovanni, ha studiato per loro. Finalmente provo la pizza: osservo, tocco, annuso e assaggio. Esprimo il mio giudizio: c’è un aspetto che mi lascia perplesso (non vi dirò quale) e mi permetto di elargire un consiglio. Luisa, che mi ha lasciato parlare per tutto il tempo mi fa: “Ti ho ascoltato, io sono tecnologa alimentare”. Se l’avessi saputo, dal basso dei miei studi in comunicazione e marketing, mi sarei dimostrato meno spregiudicato ma poi aggiunge: “Le tue osservazioni sono corrette, proveremo a darti retta”.
Pizza e comunità
Mi confessa Peppone: “Credo molto nelle sinergie e nel valore della comunità. Volevo la tua opinione perché hai un palato esperto ma sei potentino e certi sapori sono nella tua memoria: io voglio migliorare la tradizione senza stravolgerla”. migliorare la tradizione senza stravolgerla, questo l'obiettivo E continua: “Il nostro Ruccul’ vuol essere una sintesi di esperienze. Partiamo da quella di una realtà artigianale storica come il forno delle Sorelle Palese. Antonietta e Ippolita hanno mostrato grande entusiasmo quando ho chiesto loro di andare da un grande esperto come Stefano Bongiovanni in Piemonte per studiare l’impasto. Attualmente arriviamo a tempi di lievitazione e maturazioni che si aggirano intorno alle 96 ore. Alcuni produttori di grani locali ci forniscono il 30% delle farine. A Roberto Rubino, altro amico potentino e grande conoscitore di formaggi ho chiesto una mano per selezionare le migliori produzioni locali e non solo. Con noi c’è anche Giorgio Cutro, maestro pizzaiolo e tecnico dei forni Castelli”. L’ultima puntata di questa storia va in onda un mese dopo quel primo test. Cibò finalmente ha riaperto, seppur in sordina; vado a trovare Peppone che raggiante mi accoglie dicendo: “Ti abbiamo ascoltato, ora ti faccio sentire che buono il nostro impasto!”
Ingredienti eccellenti
La pizza nel ruoto si presta a essere farcita con ingredienti di ogni tipo, potete immaginare cosa può diventare un giocattolo del genere nelle mani del bambino Peppone che da sempre tende a valorizzare le eccellenze gastronomiche: dalla mozzarella di Agerola di latte nobile, al prosciutto di suino nero lucano dell’azienda Agrimar, passando per i prodotti selezionati da un altro gastronomo lucano, Vincenzo Mancino di DOL.
Cibò 3.0
L’inaugurazione ufficiale c’è stata il 23 novembre, anniversario del terremoto del 1980, data drammatica ma anche simbolo di rinascita per l’intera comunità. Da Cibò 3.0 (chiamato Palese…mente Cibò a conferma del legame con il già citato panificio) non c’è però solo la pizza: il locale è infatti aperto dalla colazione al dopocena. Al mattino si servono cornetti all’italiana e torte preparate dalla nonna di Luisa. A pranzo e cena il menu prevede primi e secondi piatti: c’è sempre una zuppa di legumi e la pasta fatta in casa. Grande attenzione è poi riservata alle carni locali da animali allevati liberi al pascolo. Non mancano poi taglieri di salumi e formaggi, da accompagnare volendo con la tipica Strazzata, una focaccia a forma di ciambella impastata col pepe.
La scena gastronomica di Potenza
Le ultime riflessioni con Peppone riguardano la scena gastronomica potentina. Potenza non è una città turistica e questo, unito alle sue dimensioni modeste, non le consente di avere un’offerta ristorativa completa. Tuttavia, oltre a Cibò, ci sono altre realtà molto interessanti. La presenza di alcuni professionisti che hanno avuto riconoscimenti a livello nazionale è fondamentale: Giuseppe Misuriello (Osteria Marconi), Salvatore Gatta (Pizzeria Fandango – Racconti di Grano), Massimo Carleo (Massimo Carleo Home Restaurant) e ovviamente Vincenzo Tiri. Conclude Peppone: “Mi auguro inoltre che ci siano sempre più artigiani e che possano nascere nuove botteghe del gusto e osterie anche nel centro storico. Sarebbe auspicabile infine che le trattorie mantengano in vita la tradizione ma che inizino anche un serio lavoro di ricerca“.