Home Cibo Perché il formato della pasta è fondamentale: a lezione da Pipero

Perché il formato della pasta è fondamentale: a lezione da Pipero

di Conte Garozzo • Pubblicato 28 Aprile 2017 Aggiornato 13 Marzo 2018 17:46

Perché esistono tanti formati di pasta? Ogni forma ha il suo scopo, il suo condimento ideale: ecco cosa abbiamo imparato ieri alla lezione da Pipero a Roma.

Ma cosa saremmo noi italiani senza la pasta? Il nostro popolo la ritiene una porzione di genoma, una sorta di gene caratterizzante la nostra capacità di alimentarci. un incontro per capire perché esistano tanti formati di pasta e quale sia la loro importanza Forse per questo motivo l’AIDEPI, l’Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane, ha pensato che il titolo più calzante per raccontare i segreti di questo straordinario alimento fosse L’architettura della pasta, ad ogni formato il suo condimento. Così, ospite di Pipero e del suo fantastico staff, nella nuovissima sede di corso Vittorio Emanuele 246, sono stato accompagnato in un percorso tra segreti, regole e modalità di cottura. Un viaggio che il Direttore Mario Piccialuti ci ha illustrato lasciando a Giuseppe Di Martino e a Micaela Marcaccio (responsabile dell’ufficio stampa di Molisana) il compito di farci capire il perché di tanti formati (circa 300) e dell’importanza che essi rappresentano nell’amoroso matrimonio con il condimento più adatto.

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Alcuni dati. In Italia si producono oltre 3 milioni di tonnellate di pasta all’anno (consumo pro capite di circa 24 kg) per un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro. Un segno straordinariamente importante sia per il mercato nazionale che per il made in Italy. La cosa che più d’ogni altra la rende speciale è la forma. Spesso ci imbattiamo in formati che, a seconda della zona di produzione, si chiamano in un modo invece di un altro. Formati i cui nomi derivano direttamente da fatti storici o da caratteristiche particolari. La forma come architettura, appunto. La forma come memoria di forma, vale a dire come capacità di conservare il caratterizzante aspetto anche dopo la cottura.

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Infatti, a prescindere dalle tecniche di cottura, ogni formato conserva il suo aspetto, ma anche il suo sapore e la sua palabilità quando la si mastica (sappiamo tutti che il corretto tempo di cottura è essenziale per poterla apprezzare al meglio). Per tale ragione, il giovane e talentuoso chef Luciano Monosilio, attraverso una prova, un vero passaggio empirico, ha confermato tutto questo con un assaggio di spaghetti e di rigatoni serviti senza alcun condimento. Questo assaggio, affatto banale, mi ha introdotto, in punta di piedi, in un mondo che tutti noi abbiamo sotto gli occhi ma di cui spesso non ci chiediamo la genesi.

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Pasta liscia o pasta rigata? Trafila al teflon o trafila al bronzo? Pasta lunga o pasta corta? Certo, ora che presento l’interrogativo molti sapranno darsi la risposta ma quello che vorrei rappresentarvi è la straordinaria capacità seduttiva che la pasta è in grado di presentare attraverso i suoi tanti formati. E allora la linguina alle vongole meglio dello spaghetto, perché la sua forma piatta le consente di lasciare più amido e di creare meglio quella cremina che tutti noi amiamo così tanto. Gli spaghetti alla carbonara meglio dei rigatoni, perché l’uovo è capace di avvolgere lo spaghetto quasi fosse una guaina garantendo così quella cremosità unica che contraddistingue una ricetta ben fatta. E poi, quasi a ricordare la perfezione della pasta liscia, gli ziti spezzati al sugo alla genovese meglio delle mezze maniche, troppo aperte e rugose per un sugo con tanto estratto. Ecco perché la forma è sostanza!

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Ma il viaggio non finisce qui: a dimostrazione, così come fu per la pasta scondita, c’è ancora qualche alchimia che Luciano ci ha riservato a conforto di tutti gli argomenti finora presentati. Rigatoni broccoletti, salsiccia e pecorino e Spaghetti alla sua mitica carbonara. Due ricette magnifiche che hanno dimostrato nitidamente che ogni formato ha la sua mission, un mandato preciso per farci innamorare. Valorizziamo ogni architettura con il condimento più adatto, “come il cacio sui maccheroni”.