Perché la Guinness ha una pallina sul fondo? E altre stranezze delle birre, spiegate
• 1 Dicembre 2020 14:00
Perché nella lattina di Guinness c’è una pallina? E perché la bottiglia di Corona è trasparente? Ecco la spiegazione ad alcune stranezze legate alle birre.
Per Brand Recognition si intende la capacità di riconoscere un marchio, grazie a elementi visivi (il logo, il packaging, i colori) oppure verbali (il nome, uno slogan). Nell’ambito delle birre, negli ultimi tempi anche i produttori artigianali stanno riponendo maggiore attenzione nei confronti di questi aspetti, mentre il comparto industriale fornisce da sempre fulgidi esempi di scelte mirate ad accrescere la riconoscibilità dei propri prodotti.
- Il triangolo della Bass. Il nostro viaggio parte inevitabilmente da Burton on Trent. Questa cittadina nel cuore dell’Inghilterra è famosa per essere una sorta di capitale birraria del Regno Unito, per via delle acque della zona, particolarmente adatte alla produzione di birre ben luppolate. Tra i birrifici di Burton c’è Bass, il cui logo vanta un primato: il triangolo rosso è infatti il primo marchio registrato nella storia della Gran Bretagna. Un brand tanto semplice quanto efficace, ripreso perfino da Manet e Picasso nei loro dipinti.
- La bottiglia trasparente della Corona. Anche un homebrewer alle prime armi, sa che le bottiglie da preferire per le proprie produzioni casalinghe sono quelle scure, al fine di proteggere la birra dai raggi ultravioletti. Eppure, c’è una un marchio che ha basato le propria immagine proprio su una bottiglia trasparente. Parliamo ovviamente della Corona, la lager messicana, diventata una delle più famose al mondo, grazie a massicce campagne pubblicitarie, ma soprattutto per il suo packaging e a una geniale trovata relativa al servizio: la birra non è mai versata nel bicchiere ma bevuta direttamente dalla bottiglia, nel collo della quale solitamente viene inserita una fettina di lime.
- La pallina nella lattina di Guinness. Il Guinness World of Advertising è lo spazio, negli stabilimenti di St. James Gate a Dublino, dedicato alla storia delle campagne pubblicitarie del birrificio irlandese. Pur essendo Guinness da sempre all’avanguardia per la comunicazione, a livello visivo, nulla è più iconico della loro birra: scura e sormontata dalla tipica schiuma densa e pannosa, che va a formarsi gradualmente, grazie alla spillatura con il carboazoto (anidride carbonica e azoto). Per replicare a casa l’esperienza del pub, nelle lattine della celebre stout, è inserita una pallina contenente la stessa miscela di gas per donare alla birra, oltre al gusto, anche il suo aspetto inconfondibile.
- Il bicchiere Kwak. Ogni stile birrario necessita del giusto bicchiere di servizio: un mantra che tutti gli appassionati conoscono bene. Ci sono poi birrifici che hanno portato all’estremo il concetto, realizzando bicchieri dal design unico, tanto diventare un tratto distintivo del marchio stesso. È il caso della Kwak (Belgian Strong Ale prodotta dalla Brasserie Bosteels) la cui grande popolarità deriva proprio dal celebre bicchiere dalla forma inconfondibile, dotato di un apposito supporto di legno con tanto di impugnatura.
- Il caso Nastro Azzurro. Nel 1933, per la prima volta una nave italiana conquistò il riconoscimento che un tempo veniva concesso al transatlantico più veloce del mondo: il cosiddetto Nastro Azzurro. L’omonima premium lager di Peroni, punta molto sul concetto di italianità, sebbene da tempo sia di proprietà straniera. Al di là delle curiosità delle origini del nome, questa birra ci fornisce un ulteriore esempio di quanto sia sorprendente la brand recognition. All’estero infatti, in alcuni paesi è commercializzata con la scritta Peroni in grande e quella Nastro Azzurro in secondo piano. Tuttavia l’identità visiva (bottiglia verde, font e colori dell’etichetta) è talmente forte che, nonostante il marchio diverso, agli occhi di un consumatore italiano quella resterà inequivocabilmente una bottiglia di Nastro Azzurro.
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