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Perché la zucca è il simbolo di Halloween?

di Carlotta Mariani 30 Ottobre 2021 10:00

La storia, tra mito e realtà, di un oggetto simbolico della festa di Halloween. Ma sapevate fa parte anche della tradizione italiana?

La zucca è il simbolo dell’autunno, non solo nei piatti ma sempre più anche nelle decorazioni delle nostre case. In particolare per un giorno preciso, quello della festa di Halloween, il 31 ottobre. Corrisponde all’antico Samhain, il capodanno celtico che segnava il passaggio dall’estate all’inverno e l’inizio di un nuovo anno, che per i Celti cominciava proprio il 1° novembre. In linea con quanto accadeva in natura, il tema dei festeggiamenti era quello della morte. Si credeva infatti che per una notte si dissolvesse la barriera che separava gli spiriti dai vivi e che i morti potessero tornare sulla Terra.

Per non subire scherzetti e brutte sorprese, i Celti lasciavano cibo e torce accese davanti alla porta. Per tre giorni giravano mascherati per spaventare gli spiriti e la notte del 31 ottobre si radunavano nei boschi per l’accensione del Fuoco Sacro. Finita la cerimonia, le persone tornavano al villaggio conservando le braci del Fuoco Sacro in delle cipolle intagliate. Cipolle, non zucche. Quest’ortaggio, infatti, seppur conosciuto e apprezzato dagli Antichi Romani che, probabilmente, lo scoprirono grazie ai Fenici, venne quasi dimenticato in Europa fino alla scoperta dell’America. Come è diventato allora il simbolo di Halloween in tutto il mondo?

Le leggende attorno alla zucca

In Irlanda c’era una volta un certo Jack, un uomo avaro e terribilmente astuto che riuscì a ingannare persino il diavolo. Quando morì né il Paradiso né l’Inferno vollero accoglierlo, condannandolo a vagare per l’eternità. Questo mito irlandese ha tante versioni diverse ma portò le persone a incidere la superficie delle rape con facce mostruose per spaventare lo spirito di Jack. L’associazione con Halloween e il ritorno delle anime dei defunti fu immediato.

Si dice poi che il diavolo lo cacciò dagli Inferi lanciandogli un tizzone ardente che Jack, un po’ come i Celti, ripose in una rapa scavata per farsi luce nel suo vagare. Da qui deriverebbe il nome della zucca di Halloween ovvero Jack’o’Lantern, Jack della lanterna. Anche se ancora dovremmo parlare di rape.

Probabilmente la storia di Jack nacque per spiegare i fuochi fatui, le fiammelle che si possono verificare nelle zone paludose quando prende fuoco materia organica in decomposizione. In ogni caso da questa leggenda si sviluppò una vera e propria tradizione nell’intaglio degli ortaggi che gli irlandesi portarono con sé negli Stati Uniti dove dovettero immigrare nell’Ottocento a causa di una grave carestia. Qui gli immigrati entrarono in contatto con grandi e belle zucche e iniziarono a inciderle. Del resto, era molto più semplice intagliare dei volti su questa superficie ampia rispetto a una cipolla o a un tubero. Secondo Cindy Ott, professoressa di storia dell’università del Delaware, è nel 1867 che troviamo la prima immagine di una lanterna di zucca pubblicata sulla rivista Harper’s Weekly.

Intanto gli americani iniziarono a prendere anche confidenza con le celebrazioni per Halloween e ci sono testimonianze di feste del 31 ottobre a fine ‘800 in cui si parla di decorazioni a base di zucche intagliate. E dagli Stati Uniti la mostruosa e, allo stesso tempo, divertente consuetudine si è diffusa in tutto il mondo. Anche in Italia. Ma nel nostro Paese si trattava davvero di un fatto così nuovo?

Tradizioni italiane

Ancora prima dell’affermazione di Halloween, anche lungo la nostra Penisola c’era l’abitudine di intagliare le zucche. Nel Nord Italia prendevano il nome di lumere, dalla Liguria al Friuli, passando per Lombardia, Veneto ed Emilia. Del resto, sono tutte zone che hanno subito l’influenza celtica nella loro storia. E così, fino alla Seconda Guerra Mondiale, si usava porre queste speciali lanterne vicino ai cimiteri e alle chiese, probabilmente per indicare alle anime dei defunti la strada. Nel Lazio la zucca o la rapa intagliata prendeva il nome di Beccamorta o la morta.

In Toscana, fino a qualche decennio fa, nelle campagne tra agosto e ottobre si faceva il gioco dello zozzo (o morte secca). La zucca veniva svuotata, si ricavano occhi e bocca e si posizionava un lumino all’interno. A questo punto la testa inquietante si metteva sui muretti, sotto a degli abiti scuri, per far spaventare chi passava da quelle parti dopo il tramonto.

In Sardegna il 30 novembre si festeggia ancora oggi la notte di Sant’Andria, una tradizione antichissima legata al culto di Bacco. I giovani svuotano le zucche, incidono le sembianze di un volto e posizionano una candela all’interno. Poi le appendono al collo e girano per le strade raccogliendo dolci, noci e monete. Alla fine, con tutto il paese, si radunano nella piazza principale a mangiare caldarroste e a bere vino.

E non è finita qui perché anche in provincia di Pescara, a Serramonacesca, si porta avanti una consuetudine, frutto di una tradizione popolare di lunga data. Il 31 ottobre e l’1 novembre i bambini del comune vanno in giro bussando alle porte con una zucca a mo’ di lanterna, simbolo dell’anima dei defunti. Alla domanda del padrone di casa “Chi è?” la riposta tradizionale è “L’anime de le morte”, le anime dei morti, e ricevono frutta secca, caramelle e monete.

Qualcosa di simile era consuetudine fino a poco tempo fa pure in un paesino in provincia di Vibo Valentia, Serra San Bruno. I piccoli giravano con la loro zucca-lanterna e ripetevano “Mi lu pagati lu coccalu?”, Mi pagate il teschio di morto? e il padrone di casa offriva qualche soldo. Pensate che secondo l’antropologo calabrese Luigi Maria Lombardi Satriani la festa di Halloween americana e la tradizione del giro per le case dicendo “Dolcetto o scherzetto?” nasce proprio da qui, dalla Calabria e dalla festa del Coccalu di muortu, il teschio di morto. Difficile definirne esattamente l’origine. Quel che è certo che in Italia, in questo modo, abbiamo riscoperto il piacere di intagliare le zucche e di gustarle in tante ricette diverse.