Pesce crudo: i rischi a cui fare attenzione
Il consumo di pesce crudo ha ormai preso piede da anni, ma non bisogna mai dimenticarsi di sceglierlo coscienziosamente: ecco tutti i rischi.
Il consumo di pesce crudo è parte integrante della cultura gastronomica del nostro Paese, soprattutto delle regioni costiere meridionali. Negli ultimi anni, a causa di una maggiore attenzione per la salute e un’intensificazione della distribuzione negli ipermercati e supermercati, il pesce crudo non è un alimento per cui ci si possa affidare al caso ci si è indirizzati verso un maggior consumo di pesce rispetto alla carne, essendo questo ritenuto più digeribile, meno grasso, più leggero e, in definitiva, componente fondamentale di un’alimentazione sana ed equilibrata. In Occidente la diffusione della cucina giapponese e del sushi in particolare hanno contribuito a far impennare la preferenza per il pesce, soprattutto crudo. Portare l’attenzione sui rischi del consumo di questo alimento senza cottura è doveroso, poiché spesso nel mangiarlo, magari superficialmente, ci si affida al caso.
È pur vero che, prima di arrivare nelle mani del consumatore finale, il pesce crudo dovrebbe essere sottoposto a un duplice controllo, quello degli organi veterinari del mercato del pesce fresco e quello del negoziante o dall’ipermercato che lo vende al pubblico, ma bisogna sempre tenere conto di alcuni rischi principali. Il pesce crudo può essere contaminato da diversi microrganismi che provocano infezioni come Listeria, Escherichia coli, Salmonella, tutti batteri che danno origine a disturbi gastrointestinali (problemi relativi non solo al pesce crudo, ma anche ad altri alimenti come carni, latte crudo e derivati). Le contaminazioni di diversa natura che il pesce può subire nell’ambiente marino sono molteplici e in alcuni casi si possono abbattere solo con la cottura, tra queste abbiamo:
- Contaminazione da batteri: ne esistono due specie; i batteri detti autoctoni che vivono nell'ambiente marino e altri detti allotoctoni i quali sono indotti nell'ambiente attraverso scarichi e versamenti umani. Tra gli autoctoni troviamo i vibrioni, la listeria e l'aeromonas, i quali posso creare disturbi gastrointestinali più o meno gravi o addirittura in alcuni casi infezioni polmonari e setticemia (particolarmente a rischio anziani e bambini). Tra gli allotoctoni troviamo l'Escherichia coli, le salmonelle, le spighelle, gli stafilococchi, i quali contaminano l'ambiente marino attraverso scarichi umani. I sintomi manifestati sono disturbi gastrointestinali associati a febbre.
- Contaminazione virale: riguarda principalmente i cefalopodi (seppioline, polipetti e calamari) e i molluschi (cozze, ostriche, ecc.) e la contaminazione avviene per mezzo di riversamenti in mare di scarichi fognari. Le infezioni attaccano il fegato e sono epatite A e Norovirus.
- Contaminazione da parassiti: il rischio maggiore per chi consuma pesce crudo si chiama Anisakis. Definito tecnicamente nematoda è una sorta di parassita intestinale presente in numerosi mammiferi marini (delfini, foche, ecc.) e si trova sotto forma di larva in molti pesci tra cui tonno, salmone, sardina, acciuga, merluzzo, nasello e sgombro. È estremamente diffuso in quanto presente in più dell'85% delle aringhe, nell'80% delle triglie e nel 70% dei merluzzi.
Come avviene il contagio?
I parassiti si insediano nelle viscere del pesce e nelle sue carni se, quando catturato, non è prontamente eviscerato. Ingerendo l’alimento crudo o non completamente cotto o in salamoia, le larve dei parassiti possono impiantarsi sulla parete dell'apparato gastrointestinale della persona le larve possono impiantarsi sulla parete dell’apparato gastrointestinale della persona, dallo stomaco fino al colon. I parassiti per difendersi dai succhi gastrici attaccano violentemente le mucose degli apparati perforandole e determinando, nei casi più gravi, una parassitosi acuta o cronica. La prima si scatena dopo poche ore e si manifesta con intenso dolore addominale, nausea e vomito; l’altra può generare malattie infiammatorie o ulcerose dell’intestino o di altri organi come fegato, milza, pancreas, vasi ematici e miocardio e in alcuni casi può dar vita a reazioni allergiche o portare addirittura a shock anafilattici.
Purtroppo nella maggioranza dei casi la terapia risulta essere quella chirurgica, laddove si tenta di rimuovere la parte infetta e lesionata intervenendo con delle pinzette per via endoscopica: a volte può risultare sufficiente un trattamento farmacologico a base di albendazolo.
Come evitare i rischi
La soluzione è mangiare solo pesce crudo congelato o abbattuto come indicato dalla normativa dell’Autorità Europea sulla Sicurezza Alimentare. È consigliabile infatti, dopo l’acquisto, eviscerare il pesce evitando che i parassiti, visibili a occhio nudo, possano infiltrarsi dall’apparato gastroenterico alle fasce muscolari. Successivamente il pesce va congelato a una temperatura di -20 °C per almeno 36 ore. Per i più pigri invece, non ci resta che consigliarvi di cuocerlo a una temperatura superiore ai 65 °C per almeno un minuto, abbandonando l’idea di consumarlo crudo.
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