9 piatti tipici che in realtà non lo sono davvero
Ci sono piatti, invenzioni geniali, a cui siamo legati e che amiamo, ma che in realtà non sono davvero piatti tipici: scoprite quali siano su Agrodolce.
Ci sono piatti che riescono a descrivere un paese, a rappresentare una città o uno stato soltanto con l’elenco degli ingredienti; sono quei piatti che ci prepariamo ad assaggiare quando viaggiamo per il mondo, che citiamo per primi e che ci vengono in mente con lo sfondo della bandiera di provenienza. a queste nuove invenzioni ci si affeziona: ci piacciono, le cerchiamo e diventano davvero piatti tipici Tra questi piatti, ahimè, molti hanno poco o nulla a che fare col presunto paese d’origine. Sono portate che idolatriamo e in madrepatria nessuno hai mai visto o sentito. L’Italia, sfruttata come marchio, ha offerto tante suggestioni al mondo, stimolando la diffusione di piatti per noi impensabili; ma anche l’idea che ci facciamo della Cina, del Giappone o dell’India è spesso una mistificazione fantasiosa, costruita su cibi che non esistono in nessuna tradizione e che non sarebbero mai assemblati come sogniamo noi. Con il tempo, a queste nuove invenzioni ci si affeziona; ci piacciono, le cerchiamo e diventano davvero piatti tipici; magari non del paese a cui venivano legate, ma dell’universo globalizzato, liquido, da post verità, o qualunque altro luogo comune giornalistico vi venga in mente per descrivere i guazzabugli dell’era moderna. Ecco 9 piatti tipici che in realtà non lo sono.
- Fettuccine Alfredo. Ci sono libri che ne parlano, telefilm americani in cui si mangiano, ricettari che le citano come grande classico italiano. Si tratta di una bella cofana di fettuccine condite con burro e parmigiano; eventualmente, addizionate di besciamella perché tutto risulti più cremoso e uniforme. A rigore questo piatto nasce a Roma, in un locale appartenuto a un ormai leggendario Alfredo di Lelio, davanti al quale potete leggere tutt’oggi una targa ufficiale con la mirabolante scoperta, ma purtroppo attualmente per chiunque di noi sappia anche solo accendere il gas non costituisce niente di più di ciò che mangi quando proprio non vuoi fare la spesa.
- Spaghetti con polpette. Spaghetti and meatballs, piatto amato da Joe Bastianich e Lilli di Lilli e il Vagabondo; in Italia si vede solo quando nonna Maria non vuole sporcare due piatti e mischia il primo col secondo. Si tratta di spaghetti ben conditi con polpette, ragù e parmigiano. Sarebbe come mettere un panino con l’hamburger dentro il tacchino del Ringraziamento, ma contenti loro…
- Spaghetti bolognese. Non troppo diversi dai precedenti, ma negli Stati Uniti ci tengono a mantenere la differenza. A rigore, si tratta di un cumulo di spaghetti scotti, sormontati da una colata di ragù pronto. L’Emilia Romagna è piena di sfogline che si farebbero uccidere piuttosto che rinunciare alle tagliatelle e metterci sopra un sugo riscaldato al microonde.
- Chicken Tikka Masala. Va premesso che esistono almeno 40 ricette semi-uffciali e che di tanto in tanto si prova a rivisitare questo piatto diventato già leggenda. I punti fermi sono il pollo (servito a pezzi) e la salsa masala (a base di pomodoro, latte di cocco, panna e curry). Amato in tutto il mondo come specialità indiana è stata invece elaborata nel Regno Unito, a opera degli immigrati provenienti dal Bengala; a Glasgow si sta cercando di farla riconoscere come Indicazione Geografica Protetta. Comunque sia andata, è diventato il vero piatto nazionale britannico.
- Chop Suey. Siamo alla fine dell’Ottocento, a San Francisco, quando in un ristorante cinese arrivano di notte dei minatori ubriachi; il cuoco, spaventato, tenta di tenerli buoni con un piatto inventato all’impronta con tutti gli avanzi, che da allora è spacciato per leccornia cinese. Che la leggenda sia vera o meno, questa specialità può tranquillamente tenere a bada dei minatori in stato d’ebbrezza: bocconcini di pollo saltati in padella (volendo, si può aggiungere anche del maiale) con un soffritto di funghi , cipollotti e listarelle di cavolo, da guarnire con la tipica salsa a base di soia, zucchero, olio, amido di mais. Per finire, coriandolo tritato.
- Chili con carne. Icona della cucina messicana è in realtà un classico prodotto dell’incontro con gli Stati Uniti. Per realizzarlo in vero stile tex-mex bisogna stufare la carne (manzo sia in bocconcini, sia macinato) con concentrato di pomodoro, pelati, fagioli rossi e molte spezie (peperoncino, aglio, cumino, origano).
- Uramaki. Si tratta della varietà di sushi tipica di… Los Angeles! Il rotolino con l’alga all’interno (in alternativa al tradizionale rivestimento esterno) è una specialità messa a punto in California, tra l’altro in epoca abbastanza recente: intorno agli anni ’70. Non a caso, l’uramaki che contiene cetriolo, avocado e surimi è universalmente conosciuto come California roll. Tale variante pare abbia costituito un tentativo dei cuochi giapponesi arrivati negli Usa di attenuare i gusti forti del pesce crudo con ingredienti più conosciuti e meno aggressivi, adatti a palati non così avventurosi.
- Biscotto della fortuna. Anche quei pochi miscredenti che non amano i ristoranti cinesi sono sedotti dal biscotto della fortuna; di per sé, si tratta di una sfoglia croccante ottenuta con farina, zucchero, olio, vanillina; ma dopo il primo morso, dall’interno emerge un foglietto (la fortuna) che pronostica qualcosa del nostro futuro (in una lingua mista di inglese, cinese e elfico). È tipo una versione tascabile di Paolo Fox. Gli abitanti di Cina e Taiwan affermano di non conoscerli, ma andavano forte tra gli immigrati in Usa e Canada degli inizi del ‘900.
- Chicken Parmigiana. Quando sentiamo noia per i fatti della vita proviamo persino a modificare la nostra parmigiana, che invece è perfetta; così sostituiamo le melanzane con le zucchine, magari non le friggiamo, usiamo un formaggio diverso dal parmigiano; ma nessuno deve mai essersi spinto dove sono arrivati gli americani, quando rimpiazzano le melanzane con le cotolette di pollo.