Pici, lombrichelli e stringozzi: tutti i modi per chiamare questa pasta fresca
Acqua, farina e sale: una ricetta antica per questa pasta che ha origini Etrusche. Ma che differenza c’è tra pici e lombrichelli?
I più famosi, senza ombra di dubbio, sono i pici diffusi in gran parte della Toscana. Questo tipo di pasta fresca artigianale, che assomiglia a rustici spaghettoni, è nota anche come strangozzi, umbricelli, ciriole e lombrichelli per citare i nomi più diffusi nel Centro Italia. Comuni le origini, si fanno risalire addirittura agli Etruschi, e di fatto anche gli ingredienti: farina, acqua e sale. A fare la differenza è come spesso avviene il condimento. Il sugo ci dice molto più di quello che potremmo immaginare sull’origine del piatto di pasta che ci è stato appena servito in tavola.
Le origini e gli ingredienti
La prima testimonianza che è arrivata ai nostri giorni di pici, o lombrichelli che dir si voglia, la troviamo nella tomba dei Leopardi di Tarquinia risalente al V secolo a.C. L’ignoto autore etrusco ritrae una classica scena di un banchetto dove non sfugge la figura di un servitore che reca in tavola un piatto: all’interno una pasta lunga, di forma irregolare, da molti ritenuta una sorta di pici ante litteram. Il nome pici lo si fa risalire a Marco Gavio Apicio (25 a.C.37 d.C.), tra i gastronomi d’epoca romana più noti, soprattutto per l’opera intitolata De re Coquinaria (L’arte della cucina). Per altri invece il nome deriva da San Felice in Picis, cittadina aretina della zona di Castelnuovo. In provincia di Siena, si ritiene che il nome discenda dalla riserva di abete bianco di Piancastagnaio dalla caratteristica forma lunga, stretta e bianca: il Pigelleto, che assomiglia anche per assonanza ai pici. La versione preferita dai gastronomi vuole, però, che sia il gesto del palmo della mano, detto appiciare, alla base del nome stesso. Umbricelli a Perugia e Lombrichelli nella Tuscia rimandano subito all’immagine dei lombrichi, mentre le varie declinazioni degli stringozzi fanno pensare alle stringhe delle scarpe. Sempre etrusca è l’area di origine, a cavallo di tre regioni: Toscana, Umbria e Lazio. Cambiano i nomi ma non gli ingredienti alla base dell’impasto: farina, acqua e talvolta sale. Le uova vengono usate solo in rari casi. Questo tipo di pasta viene preparato a mano: si ruotano e stendono le strisce d’impasto lunghe circa 20 cm e larghe poco meno di 1 cm, a formare una sorte di cilindro irregolare. Una delle loro particolarità è che devono essere consistenti, senza però diventare duri. Gli unici che si differenziano nella preparazione, pur con gli stessi ingredienti, sono i veneti bigoli che per la realizzazione necessitano di una trafila. In questo caso è davvero tutta un’altra pasta. Tutti i tipi di pasta, però, vanno cucinati in abbondante acqua salata e scolati appena emergono in superficie.
Paese che vai, nome e condimento che trovi
A fare la differenza tra pici, ciriole, lombrichelli e affini di solito è il condimento. In Toscana sono diverse le ricette tradizionali proposte: dal classico trito di cipolla, sale e olio alla versione con briciole di pane raffermo che si fa a Montepulciano. Invece a Montalcino il condimento è a base di ragù di manzo, pollo, prosciutto, salsiccia e fegatini. Nella zona dell’Amiata si prediligono i funghi freschi, nella zona della Val di Chiana il sugo all’aglione. In Toscana, dove è apprezzata la cacciagione, vengono serviti pure con il sugo di cinghiale o d’oca; c’è chi opta invece per il rigatino o perfino la finocchiona. Nelle zone del lago di Chiusi in Toscana e del Trasimeno in Umbria, la creatività e la tradizione puntano sulle proposte di pesce: vanno forti i sughi a base di filetti di persico, di uova di pesce o di anguilla. A Spoleto gli stringozzi, a Terni gli strangozzi e a Orvieto i manfricoli vengono serviti con un sugo di pomodoro, prezzemolo e peperoncino piccante. Questo condimento è molto apprezzato anche nel Viterbese, dove è in uso anche il cosiddetto sugo finto con il classico battuto e il pomodoro per servire i lombrichelli.