La pizzetta sfoglia, istituzione cagliaritana dalle origini misteriose
Fonte immagine: Natalia Ghiani
Se siete stati a Cagliari avrete sicuramente provato la pizzetta sfoglia tipica della città: ma da dove viene questa colazione tipica?
Basta trascorrere qualche giorno a Cagliari per accorgersene: molto spesso, sul tavolo della prima colazione al bar o in pasticceria, caffè e cappuccini sono accompagnati non da brioche e cornetti ma da dei – più o meno – piccoli rustici rotondi e sfogliati, che nascondono un ripieno salato: pomodoro, origano, talvolta un cappero – possibilmente quelli pregiati di Selargius, come fa Stefano Pibi da PBread Natural Bakery, tra i pochi a usare ancora questo ingrediente – e ancor più raramente un’alice, per un risultato complessivo goloso e intenso ma sobrio. E irresistibile. È la pizzetta sfoglia, che qualcuno chiama anche pizzetta cagliaritana, a rimarcare il legame strettissimo con la città: anche se si trova anche in altre zone della Sardegna, è uno dei must gastronomici del capoluogo sardo. Ed è solo qui che, oltre ad essere un’amatissima merenda e protagonista di feste e aperitivi, fa parte delle abitudini d’inizio giornata dei suoi abitanti. È un legame davvero stretto quello tra i cagliaritani e la pizzetta e c’è da scommettere che se si chiede a qualcuno che abbia lasciato la città qual è il cibo che gli manca di più, molto spesso sarà proprio lei ad essere nominata.
Da dove viene la pizzetta sfoglia?
Eppure, questa tradizione mangereccia tanto radicata e sentita ha origini relativamente recenti, e avvolte nel mistero: come e quando è arrivata in città? Chi fu il primo a farla? Anche indagando tra fornai, pasticceri e clienti d’età più avanzata, non esce fuori nulla di certo. La sua comparsa non va più indietro del secondo dopoguerra, forse portata qui da qualche pasticcere del continente, smontando l’iniziale supposizione che ci potesse essere un legame con i tabarchini, i coloni tunisini d’origine ligure che si stabilirono nelle isole del Sulcis nel XVIII secolo: dopotutto, l’unica regione italiana dove si fa colazione con pizza (focaccia) e cappuccino è proprio la Liguria.
Una leggenda metropolitana – raccontata al recente convegno Le pietanze identitarie nella cucina tradizionale della Sardegna organizzato a Cagliari dal Centro studi sardo dell’Accademia Italiana della Cucina, e riportata anche dall’antropologa Alessandra Guigoni – narra che la pizzetta sarebbe stata inventata da un fantomatico pasticcere cagliaritano per non sprecare degli avanzi della sfoglia per i croissant, usando alcuni ingredienti locali per dare sapore. Nessun riferimento, però, a nomi o date. “Come tutte le cose tanto radicate, è difficile ricostruirne le origini: chi la abbia introdotta, locale o forestiero, come ne siano stati identificati ingredienti e preparazione”, spiega Aldo Vanini, l’accademico (originario di Roma) che ha portato proprio la pizzetta come esempio di cibo identitario al convegno: “Avendola trovata già al mio arrivo in Sardegna, più di mezzo secolo orsono, non fatico ad annoverarla tra le tradizioni gastronomiche consolidate e parte dell’identità cittadina”.
“Mio padre ha iniziato nel ’57 – racconta Gianluca Aresu, che ha raccolto l’eredità della Pasticceria Piemontese, una delle più storiche della città, affiancandovi il suo estro e talento da cioccolatiere – E mi diceva che all’epoca era già diffusa. Personalmente, vedo un legame con il rustico leccese, che è però decisamente più pesante avendo anche mozzarella e una sorta di besciamella. Dunque, la nostra pizzetta potrebbe essere figlia del rustico leccese ma alleggerita – o impoverita, visto che il periodo non era facile – e privata della parte più ricca. A far la differenza tra una pizzetta buona e una eccezionale è comunque la sfoglia, che deve essere fatta esclusivamente con il burro per far sì che risulti perfettamente friabile e non si attacchi al palato. Per il ripieno, abbiamo eliminato sia capperi sia acciughe perché il 90% dei clienti non li amava, e usiamo una salsa simile a quella della pizza napoletana e poca mozzarella, che non deve filare. Ed è sempre più richiesta”.
“Sembra essere comparsa per magia” conferma anche Riccardo Porta, oggi alla guida dell’attività di famiglia Porta 1918 – panificio, pasticceria e pizzeria – fondata dai nonni appunto nel 1918 a Gonnosfanadiga, cittadina del Medio Campidano, e oggi presente in tutto il territorio con una dozzina di panetterie, di cui due a Cagliari. “Pure a Gonnosfanadiga sforniamo e mangiamo pizzette sfoglia, anche se, se si dovesse mai fare una DOP della pizzetta, sarebbe di certo a Cagliari. Da noi si fa almeno dagli anni Ottanta: mio nonno era piuttosto rigoroso sulla tradizione, faceva solo le pagnotte grandi che si sfornavano due volte a settimana e duravano a lungo. Quindi do per certo che l’abbia introdotta la generazione di mio padre. I conti tornerebbero, considerando che la sfoglia in Italia si è diffusa con il boom economico e da noi in Sardegna le novità arrivano sempre con un certo ritardo. Qui la materia prima principale è sempre stato il grano duro, a differenza ad esempio della Sicilia dove la sfoglia abbonda”. Anche qui, le radici sono storiche: secoli di dominazioni e contaminazioni francesi e arabe, oltre che spagnole, hanno dato vita a una rosticceria meridionale ricca, opulenta e spesso speziata; mentre in Sardegna, dove la sfoglia potrebbe essere arrivata con la mediazione piemontese come ravioli e savoiardi, la pizzetta rappresenta l’unico pezzo rustico e mantiene appunto un carattere morigerato. Proprio come quello dei sardi. Eppure, anche chiedendo a vecchi fornai e clienti, nessuno si ricorda bene come e quando sia nata.
Così come è strano che – mentre altrove si è abituati a vedere litigare per l’attribuzione di paternità di ricette e prodotti – nessuno l’abbia mai rivendicata: “Quello fa probabilmente parte del retaggio culturale sardo di credere poco nelle cose che facciamo; pochi artigiani le hanno dato il valore che merita, è un prodotto che abbiamo spesso dato per scontato”, prosegue Riccardo che sta lavorando proprio su un progetto per svecchiare la pizzetta differenziandone i ripieni, per renderla ancora più accattivante: “La ricetta è sempre stata molto classica, la variante principale è l’acciuga che noi, ad esempio, abbiamo eliminato per evitare problemi di allergeni e perché non sempre piace ai bambini. Ma ora stiamo introducendo qualche nuova versione, sempre abbastanza semplice, per renderla più colorata e appetitosa: da prosciutto cotto e mozzarella agli spinaci”.
Resta fedele alla tradizione – ma con l’apporto nel suo know-how – anche Piero Ditrizio, il talentuoso pasticcere pugliese che con la sua insegna ha sparigliato le carte in città, facendo amare ai cagliaritani maritozzi romani e pasticciotti leccesi, babà e croissant sfogliati alla perfezione. Amatissimo per l’offerta della prima colazione, non poteva non cimentarsi anche con la pizzetta: “Per la sfoglia uso solo burro francese Elle&Vire, senza strutto come qualcuno ancora fa, dando le pieghe in modo da ottenere il giusto compromesso di stratificazione: ne ho assaggiate varie, prima di mettere a punto la ricetta, e per me la pizzetta cagliaritana non deve essere né troppo sfogliata né troppo piatta. Nel ripieno metto una polpa di pomodoro sardo condito con olio, sale e origano. E sopra, prima della cottura, spennello con tuorlo d’uovo e latte”. Il risultato? Il modo migliore con cui potrete iniziare la vostra giornata a Cagliari.