La fermentazione spiegata da Cristina Bowerman
Andiamo alla scoperta di un processo antichissimo, quello delle fermentazioni, di cui la chef Cristina Bowerman è una grande appassionata
Avete mai sentito parlare di fermentazione? Gli appassionati di vino e birra sicuramente sì, gli altri forse no. Eppure è un processo naturale antichissimo, ancora oggi utilizzato per tanti alimenti, soprattutto nella cucina orientale. il processo di fermentazione è utile in cucina, in termini sia di gusto sia di salute Pensate semplicemente al pane. Siamo circondati da cibi fermentati senza saperlo. Cerchiamo di capirci allora qualcosa di più. La fermentazione è un’attività di trasformazione degli zuccheri presenti nella materia organica che può essere luppolo, mosto, ma anche verdure, carne, pesce, soia come ci ha spiegato la chef stellata Cristina Bowerman, patron dei ristoranti romani Glass Hostaria e Romeo, che da anni si dedica con passione a questo argomento.
Che cosa ti ha affascinato di questa tecnica?
“Il fatto che sia una tecnica utilizzata da migliaia di anni perché in antichità serviva come sistema di conservazione dei cibi quando non c’erano i frigoriferi. Ancora oggi siamo circondati da prodotti fermentati come salumi, formaggi, pane, conserve, ma non lo sappiamo. In più ora, per accelerare i tempi, si usano sempre più spesso processi chimici. I risultati si vedono dal fatto che sempre più le persone soffrono di disturbi gastro-intestinali da reflussi, ulcere fino ad arrivare ai tumori. Credo sia importante reinserire nell’alimentazione la fermentazione naturale che, attraverso la presenza di probiotici, stimola il nostro sistema immunitario. In più permette di ottenere dei sapori molto ricercati. Secondo me il prodotto esprime il meglio di sé in questo modo e poi mi piace l’idea che, essendo una fermentazione controllata, io posso intervenire. Si instaura una forte sensibilità tra me e l’ingrediente”.
Quando è iniziato questo tuo percorso?
“Mi sono appassionata quattro anni fa quando sono stata a un convegno, altrimenti non avrei mai immaginato che potesse essere una tecnica utile nella mia cucina. Ho poi letto i libri di Katz, La fermentazione selvaggia e L’arte della fermentazione che ci insegna tutto. È un esperto mondiale della fermentazione”.
Sei anche stata protagonista del video finalista al Food Film Festival 2013 proprio con un video dal titolo La fermentazione del rispetto.
“Sì, è un progetto che è iniziato quando Paolo Marchi mi ha chiesto di parlare come relatrice a Identità Golose. Ero molto contenta ma andare su un palco implica anche grande responsabilità e ho deciso di parlare di qualcosa di nuovo, di qualcosa che mi piaceva: le fermentazione. Sono stata la prima a farlo in Italia”.
Veniamo a qualche consiglio pratico: tutti gli ingredienti possono essere fermentati?
“Sì, pensiamo al vino, alla birra, al pane, al pesce ma anche alle verdure, come il kimchi [piatto di origine coreana che consiste nel lasciare fermentare il cavolo con un mix di sale, zucchero, spezie ed erbe aromatiche, ndr.]”.
Ci vogliono strumenti particolari? Possiamo farlo anche noi a casa?
“Certo, l’unica cosa che ci vuole è il tempo. In Cina e in Giappone la tecnica della fermentazione è comunissima”.
Dobbiamo fare attenzione a qualcosa?
“Molti hanno paura del botulino o delle muffe ma non è così perché, come abbiamo detto, è una degenerazione controllata. Il botulino si forma in situazioni anaerobiche ma non è il nostro caso. Le muffe contaminano solo la superficie senza intaccare il resto. Pensate per esempio ai formaggi: tagliamo la parte ammuffita e mangiamo il resto senza problemi. Se qualcosa va storto nella fermentazione lo si sente subito dal sapore sgradevole, non ci sono pericoli”.