Qual è la differenza tra amaro e bitter?
Amaro e Bitter fanno parte della stessa famiglia, ma spesso li troviamo distinti: la ragione è da ricercarsi nell’evoluzione del gusto sociale.
Le infusioni alcoliche a base di erbe, radici e spezie, nascono con uno scopo ben preciso: la medicina naturale. Con assoluta certezza possiamo dire che il bitter, nessuna differenza di genere tra amaro e bitter, ma evoluzioni di gusto socialmente diverse utilizzato oggi quasi esclusivamente nella miscelazione, fa parte della famiglia dei liquori amaricanti. Alla base quindi possiamo dire che non c’è nessuna differenza di genere tra amaro e bitter, solo una storia sviluppatasi su evoluzioni di gusto socialmente differenti. Mentre gli amari bevuti a tavola come fine pasto trovano nell’Italia una importante tradizione secolare, i bitter si sviluppano nel nostro paese nella prima metà del ‘900 con l’avvento della mixology portata dagli americani. Per capire di più differenze e storia, particolarità e caratteristiche di un amaro e di un bitter, siamo andati a chiacchierare con una realtà storica in Italia, la Distilleria Schiavo. Siamo nella provincia di Vicenza dove la quinta generazione dedicata alla produzione di grappa, si dedica anche ai liquori inaugurando la linea Gajardo. Un nome che suona come una sfida rampante lanciata dal visionario Marco Schiavo. Ma rimanendo in tema, andiamo per gradi.
Cos’è un Amaro
Nella storia delle preparazioni alcoliche gli amari trovano origini antichissime. Prodotti dai frati, come spesso accade, gli amari erano prodotti officinali (e forse lo sono ancora), creati attraverso infusioni di erbe e radici nell’alcol. Il nome deriva dal gusto ed erano usati a scopo curativo sia per digerire banchetti che per combattere l’inappetenza. In quest’ultimo caso, badate bene, soprattutto nei bambini. Una storia antica quindi, con una forte tradizione italiana legata alla grande biodiversità che il nostro paese ha sempre offerto. Dalle cure dei frati Benedettini alle tavole, dalla cura dell’inappetenza all’ausilio digestivo, è roba di un secolo (più o meno). Il principio è lo stesso: stimolare i succhi gastrici nello stomaco in un senso per digerire, nell’altro per amplificare il senso della fame.
Cos’è un Bitter
“Il bitter è una cosa radicale. Non è un gioco di parole, parliamo proprio di un prodotto che viene dalle radici e dall’essenza di qualcosa di naturale. Anche il bitter trova origine nella medicina ed era considerato quasi come una panacea per ogni tipo di male. Venendo dall’estrazione per infusione alcolica di piante, spezie e radici, anche il bitter era amaro. Anzi, bitter in inglese significa appunto amaro. Per questo l’unica differenza tra un amaro e un bitter è l’evoluzione che hanno avuto nell’utilizzo“, ci racconta Marco Schiavo.
Evoluzione di amari e bitter
L’ingresso di questi due prodotti officinali come bevande alcoliche di uso comune, è dovuto alle incredibili caratteristiche organolettiche degli estratti naturali, che apportavano ricercatezza e profumi nel nuovo modo di bere. Gli aperitivi in Italia nascono nei bar e nei salotti buoni del nord d’Italia, in un periodo in cui si cominciava a miscelare alcolici per creare dei drink capaci di stimolare l’appetito. Era sbarcata la mixology americana e l’amaro era la caratteristica perfetta. Gli amari erano serviti assoluti, grazie (non sempre) a uno sviluppo sempre più tendente a una dolcezza ruffiana. Il bitter invece è tutt’ora quasi sempre miscelato, perché, ci racconta Schiavo, “la sua caratteristica principale è decisamente un amaro spinto”.
Come scegliere un bitter: parola all’esperto
Abbiamo chiesto a Marco Schiavo di darci alcune dritte per scegliere un bitter per il nostro mobile bar.
Partiamo dalle basi: come deve essere un bitter buono?
“Amaro. Negli anni il mercato ha richiesto sempre di più cose ruffiane, capaci di andar bene a tutti e poter essere vendute a un numero sempre più crescente, ma né gli amari e né soprattutto i bitter sono così. Due cose hanno rovinato questi prodotti, la quantità incredibile di zuccheri e l’abbandono dell’estrazione da sostanze naturali a favore di quelle chimiche. Non perché lo faccia io, ma il nostro Bitter Radicale si chiama così proprio per differenziarsi. Io uso pochissimo dolcificante esclusivamente naturale ed estraggo con l’alcol solo da piante, radici e spezie andandomele a cercare ovunque. Il rosso del mio bitter viene dalla cocciniglia, per esempio, così come nel mio Triple-Sec ho aggiunto un’infusione di Mandarino tardivo di Ciaculli. Un presidio Slow Food siciliano che ha caratteristiche uniche”.
Di cosa bisogna tenere conto nella scelta?
“La prima cosa è guardare sempre gli ingredienti. Le etichette non devono essere solo fighe da vedere, quella è grafica, ma devono essere complete e vanno lette. La guerra dello scaffale è spietata, anche in un negozio di nicchia, perché si combatte tra prezzo ed estetica e molto meno sul terreno della qualità. Quindi dobbiamo approfondire, informarci e conoscere. Infine assaggiare”.
Dove si compra un buon bitter?
“In rete si trova di tutto e sgomitare tra mille offerte è peggio che trovarsi davanti uno scaffale. Bisogna costruire fiducia, con un marchio che troviamo ottimale ai nostri gusti e alla qualità, oppure con un bartender o un bottegaio capaci di trasferirci innanzi tutto il valore del prodotto che ci consigliano. Quindi secondo me la prima cosa da fare è rivolgersi a chi conosce questo mercato e può farci scoprire prodotti buoni, interagendo coi nostri gusti. Poi possiamo tornare da lui e continuare un percorso oppure andarci a cercare lo store on line di quell’azienda che ci piace, ormai quasi tutte ce l’hanno e anche noi ci puntiamo molto”.
Il bitter fa parte dell’aperitivo perfetto?
“Sì, queste cose qui nascono per l’aperitivo. Stimolano talmente tanto l’appetito che poi ci siamo inventati gli aperitivi per mangiare. Un’evoluzione incredibile se ci pensi, ma che ha deviato il valore di ciò che beviamo e di quando lo beviamo. Adesso i cocktail si bevono prettamente dopo cena. Io sono un appassionato di mixology e per questo ho lanciato la linea Gajardo Bitter, ovviamente potete berli quando volete, è cambiata molto anche la miscelazione, ma l’ottimo rimane sempre prima di mangiare“.
Marco Schiavo è davvero un visionario capace di trasmettere passione per ciò che fa, fugando ogni dubbio sulla voglia di produrre cose naturali, nel rispetto delle origini dalle quali vengono e della storia della sua famiglia. Gajardo è una linea di prodotti e radicale una scelta necessaria, ma accessoria. Entrambi sono sostantivi di quella stessa grande famiglia che unisce gli Amari e i Bitter.