Quelli di una volta: 6 liquori dimenticati
• Pubblicato 3 Maggio 2018 Aggiornato 4 Maggio 2018 15:36
Prima ancora di birre artigianali, cocktail ed happy hour, c’erano liquori dall’anima decisa e dai sentori dolci: 6 liquori dimenticati.
Da quando la miscelazione si è mischiata alla cucina, la tovaglia ha lasciato il posto al runner e i leggins sono vissuti come pantaloni, ci sono prodotti e rituali che hanno ceduto il passo ad altri riti e altri bocconi. Se alle nostre nonne aveste portato un Hugo o un London Mule, non avrebbero capito neanche da che parte prendere il bicchiere del drink. Quello che si beveva erano liquori dall’anima decisa e dai sentori dolci, che già la vita è tanto amara.
- San Marzano Borsci: liquore pugliese dalle origini e profumi orientali, nasce nel 1840 a San Marzano dalle mani del liquorista Giuseppe Borsci, che ne affida la diffusione a un'etichetta gialla, al claim liquore orientale e all'immagine dell’aquila bicipite. Bevuto solitamente da solo come digestivo o nel caffè, il San Marzano ha trovato nuova vita sia nella miscelazione che nell'accompagnarsi ai dolci, come il gelato alla crema, per la corroborante presenza di zucchero caramellato, infusi di aromi e spezie come da ricetta originale.
- Alchermes: di probabili natali arabi e di prima adozione spagnola, l'alchermes vanta una lunga storia di gloria e dolciumi. Adottato a Firenze quale elisir di lunga vita e importato in Francia da Caterina de’ Medici insieme a forchetta e mutande, trova la sua officina produttiva dalle suore dell’ordine di Santa Maria dei Servi, sempre nel capoluogo toscano. Il colore rosso che lo contraddistingue sembra originarsi dalla cocciniglia che, una volta triturata, dona la caratteristica colorazione al liquore. Il nome stesso proviene dall'arabo القرمز, al-qirmiz, che significa cocciniglia e indica il color cremisi, termine che deriva dalla stessa parola. Oltre alle componenti animali, oggi sostituite con coloranti di origine naturale o sintetica, concorrono alla lista ingredienti anche scorze di arancia, cannella, cardamomo, chiodi di garofano e cannella. In cucina è fondamentale per pesche al cioccolato, zuppa inglese, rotolo al cioccolato, oltre che alla mortadella di Prato. Nella miscelazione fa il suo timido capolino nella drink list di qualche locale con accenti retrò.
- Ratafià: già il nome parla di origini lontane da noi e di un ruolo importante tra i liquori da fine pasto. Ratafià proverrebbe infatti da ut rata fiat, la formula con la quale veniva ratificata la pace tra ambasciatori belligeranti o più semplicemente tra commercianti in fase di chiusura di accordi al termine delle trattative. La ratafià pare originarsi in Piemonte, dove si produce ancora oggi, nelle zone di Biella e Cuneo, ma è in Abruzzo che trova una seconda patria che le guadagna gloria. Ad una base di amarene fatte macerare al sole con lo zucchero, infatti, si aggiunge vino del vitigno Montepulciano in quantità variabile per 30 giorni, per poi arrivare ad imbottigliamento puro oppure, come nel Lazio, con aggiunta di un pizzico di caffè e cannella o vaniglia, o ancora con un rabbocco di grappa, come in Piemonte. Liquore dal gusto dolce e dalle spiccate note di amarene e frutti di bosco, la ratafià si gusta solitamente da sola a fine pasto in accompagnamento a dolci secchi oppure, in alcune zone, come base per la bagna del pan di Spagna.
- Rosolio: la fata dai capelli turchini di Pinocchio offriva ai bambini nel libro di Collodi un cofanetto ripieno di rosolio: già allora un’immagine retro' per il rosolio, che dal Piemonte alla Sicilia ha una storia lunga quanto lo Stivale. Infuso liquoroso che nasce dalla macerazione alcolica dei petali di rosa, era uno dei protagonisti delle festività familiari come battesimi e fidanzamenti, segno di buon augurio per eccellenza e bevanda prediletta del mondo femminile per il sapore dolce e la bassa gradazione alcolica. L’etimologia vorrebbe richiamarsi al ros solis, ovvero rugiada del sole: poco a che fare con le rose nella preparazione, tanto che oggi ne esistono versioni a base di erbe aromatiche o frutta, gelso rosso, visciole o fichi d’india, ma sempre mantenendo quel fascino da liquore del passato.
- Strega: giallo come il sole e come lo zafferano che figura tra i suoi ingredienti di base, lo Strega, digestivo per eccellenza, trae il proprio nome dalle origini beneventane, terre note per essere luogo di ritrovo delle streghe. È Giuseppe Alberti a mettere insieme la ricetta tramandata dai frati di un vicino convento Cappuccino con le proprie conoscenze di novello barman. Gli elementi distintivi? La macerazione di 70 erbe botaniche di tutto il mondo e l’invecchiamento in rovere, la percentuale alcolica intorno al 40%, la consistenza leggermente vischiosa e una nota profumata persistente, con note spiccate di camomilla, noce moscata e cannella. La ricetta, ça va sans dire, è segreta: gli ingredienti sono contrassegnati da 1 numero, e i più preziosi sono conservati sotto chiave.
- Maraschino: per il maraschino, liquore dal nome già rivelatore della materia prima di base, le origini arretrano fino alla Dalmazia: si dice nato dalle mani dei monaci domenicani di Zara. Ottenuto dai frutti e dalle foglie dei rametti più teneri della ciliegia marasca, sembra abbia rappresentato lungamente il simbolo della saggezza, dell’esperienza e della tenacia dei contadini dalmati nel lavorare la terra fino a ricavarne i frutti da trasformare in liquore. Amato da re e da condottieri, rimase di produzione artigiana fino a quando, nel 1821, il console del regno di Sardegna, Genovese Girolamo Luxardo, aprì la propria distilleria lavorando sulla ricetta del maraschino portata dalla moglie. Ricetta che prevede l’infusione alcolica dei noccioli delle marasche, che viene poi distillata ed affinata in tini di frassino. A fine maturazione si aggiungono acqua e zucchero per poi imbottigliare il liquore nelle tipiche bottiglie impagliate.
- IMMAGINE
- Elisir San Marzano
- Alchermes
- Nonna Paperina
- Cucinare.it
- Misya
- UnaDonna