Affari interni: il quinto quarto
Il quinto quarto comprende tutte le interiora e gli scarti degli animali macellati; nati come cucina povera, diventano spesso vere prelibatezze
Quando i quarti pregiati degli animali macellati, i due anteriori e i due posteriori, erano acquistati dai più ricchi per raffinate preparazioni, alla popolazione meno in vista non restava che accontentarsi di quel che avanzava, il quinto quarto. il quinto quarto comprende le interiora e gli scarti dell'animale, spesso trascurati La locuzione comprende le interiora e gli scarti dell’animale. La tradizione ha saputo nobilitarli con ricette di straordinaria inventiva, che hanno trovato nelle diverse regioni italiane ingegnose rielaborazioni. Le frattaglie devono essere utilizzate freschissime e contengono spesso un alto quantitativo di colesterolo. Sono invece ricche di ferro, spesso di potassio e proteine, e generalmente povere di grassi. Guardate dai più con sospetto per l’aspetto truculento, possono invece costituire il valore aggiunto di intingoli e pasticci o diventare protagoniste di strepitose portate.
- Trippa. La trippa è una frattaglia ricavata dai prestomaci di bovini, ovini e caprini. Il rumine costituisce la parte più grassa, seguito dal reticolo spugnoso; la parte a lamelle magre è detta omaso, l’abomaso rappresenta la zona più vicina all’intestino. Alimento ricchissimo di proteine, calcio e fosforo, risulta altresì digeribile e di basso contenuto calorico. Alto invece è l’apporto di colesterolo. In gastronomia è usata fin dall’antichità: i Greci la servivano dopo averla cotta a lungo sulla brace. In Italia trova moltissime versioni regionali: in Emilia si unisce a ragù, brodo e uova sbattute, nelle Marche a pomodori e cotenna; in Liguria si serve insieme ai cardi, in Sicilia con le melanzane. Tuttavia il trionfo si celebra nelle cucine lombarde, toscane e romane. I milanesi utilizzano anche il cosiddetto trippino, lo stomaco del maiale; in Toscana si fa largo uso dell’abomaso, per dar vita al tradizionalissimo lampredotto; a Roma è cotta in umido con pomodoro e mentuccia e poi spolverizzata di pecorino. Sono molte le ricette che la uniscono alla pasta o la rendono protagonista di minestre e zuppe.
- Rognone. Il rognone è il rene dell’animale macellato. Quello di vitello risulta roseo e più delicato, quello di agnello è liscio, il rene del manzo è più corposo e di sapore molto intenso. La cottura deve essere brevissima, per non indurire la carne: è per questo conveniente tagliarla in fettine sottili. Il rognone è circondato da uno strato di grasso che deve essere efficacemente rimosso, per poi utilizzarlo eventualmente durante la cottura (è infatti alla base della produzione del sego). Un piatto tipico dell’Italia settentrionale è la rognonata, arrosto di vitello giovanissimo in cui vengono cotti insieme lombate e reni.
- Cervello. In gastronomia si sfruttano soprattutto le cervella di agnello, capretto, vitello, più raramente quelle di suino e bovino. L’apporto di proteine è piuttosto scarso, mentre fosforo e potassio vi si trovano in abbondanza, ma anche colesterolo. Tagliate a fette, marinate in olio, limone, prezzemolo, pastellate e poi fritte, costituiscono una vera prelibatezza. Prima di utilizzarle vanno bagnate a lungo con acqua fredda e limone e devono essere rimossi i vasi sanguigni. Con aceto, pane ammollato e olio può dar vita a mousse e patè; nel Medioevo era tra gli ingredienti principali della cervellata, una salsiccia arricchita con carni miste e molte spezie.
- Polmone. Di basso contenuto calorico, i polmoni risultano ricchissimi di ferro e fosforo; i più utilizzati in gastronomia sono quelli di vitello e di maiale. La consistenza è molto spugnosa: per eliminare la caratteristica elasticità, bisogna rimuovere trachea, bronchi e bronchioli. In gran parte della Toscana il polmone di bovino, detto picchiante, si cucina come uno spezzatino, mentre spesso è utilizzato per insaporire altre preparazioni di carne. In Lombardia è abbinato al riso per il tradizionale Ris e corada.
- Cuore. A seconda dell’animale, il cuore può raggiungere differenti dimensioni: quello del bue arriva a pesare anche 3 chili; prima di utilizzarlo, bisogna eliminare nervi e tessuti connettivi, che rendono la carne molto fibrosa. La cottura sarà breve, talvolta anche al sangue, per il vitello, lunga per il bovino adulto; le più efficaci risultano essere la brasatura, oppure bisogna affidarsi a ricette in umido e stufati. Il cuore si può prestare a essere riempito con una farcia e cotto al forno, oppure panato e fritto.
- Fegato. Poverissimo di grassi, ha un basso contenuto calorico, mentre risulta straordinariamente provvisto di proteine, ferro, vitamine A e B. Facilmente digeribile, come molte frattaglie ha un alto contenuto di colesterolo. In gastronomia risulta diffuso: fra le interiora, è quella maggiormente utilizzata. Il sapore è particolarmente marcato e intenso. Notissima è la ricetta del fegato alla Veneziana: la carne viene affettata in strisce sottilissime e unita a cipolle rosolate col burro; nelle salsicce, il fegato macinato è addolcito da miele e frutta secca. La Maremma ha diffuso la tradizione dei fegatelli, prodotti macinando fegato di maiale e cinghiale, insaporiti con sale, pepe, finocchio; nella Lomellina il fegato di suino viene cotto a fuoco lento nello strutto; in Abruzzo il Fegatazzo si usa grigliato o essiccato come un salame. Il fegato di oche e anatre dà vita al foie gras, orgoglio della cucina francese.
- Animella. L’animella è una ghiandola spugnosa e biancastra ravvisabile tra le interiora dei bovini giovani; è costituita da due parti: una commestibile, la noce, una non edibile, la gola. In alcune regione italiane, a questa parte si associano anche pancreas e ghiandole salivari. Risulta povera di grasso e facilmente digeribile. Oltre che fritta, può essere stufata o cotta in umido, abbinata a verdure e legumi. Insieme alle altre interiora è utilizzata per la Finanziera, antico piatto piemontese codificato già nel Medioevo.
- Granelli. I testicoli di montone, cavallo, maiale, vitello, spellati e sbollentati, costituiscono l’elemento insolito per arricchire fritti misti o ricette in umido. Se ne attesta la diffusione in Spagna, cotti alla griglia. L’origine del consumo di granelli trovava ragione nelle presunte proprietà afrodisiache, che avrebbero saputo rinvigorire la vivacità dell’uomo e le capacità di seduzione delle donne.
- Lingua. Le più diffuse sono quella di bue e quella di suino: vanno bagnate, bollite e spellate, prima di utilizzarle. Dal punto di vista nutrizionale, la lingua risulta abbastanza grassa. È cotta in brodo o utilizzata per insaporire i sughi. In Toscana e Emilia è affumicata quella di cinghiale. Una delle ricette più antiche è la lingua salmistrata: dopo averla fatta riposare sotto salmistro e sale grosso per giorni, si marina a lungo con vino rosso e spezie; una volta bollita, si spella e si serve calda. La lingua cotta è una laboriosa specialità del Friuli: dopo averla insaporita con sale, pepe, alloro, viene bagnata per circa 20 giorni in salamoia; infine, è affumicata e poi cotta al vapore.
- Milza. Le milze assumono forme differenti a seconda dell’animale: quella di bovino è ovale e liscia, quella di maiale triangolare, negli ovini è rigonfia e arrotondata. Poverissima di grassi, presenta una importante concentrazione di ferro. Un diffuso street food siciliano la vede servita fritta all’interno di un panino, mentre a Roma si rosola con acciughe e aceto. Nel Cilento e in Piemonte esistono molte ricette di milza farcita e imbottita: nel primo caso con menta e peperoncino, nel secondo con carne bollita e grana.
- Coratella. Col termine coratella ci si riferiva originariamente al complesso di fegato, polmone e cuore per quanto concerneva gli animali di piccola taglia, in particolare conigli e agnelli. Adesso la coratella designa anche gli animali più grandi e molte altre viscere. È alla base di preparazioni servite come secondi, soprattutto nel Lazio, in Toscana, nelle Marche; in Sardegna, come cordula, è unita ai budelli di capretto.
- Rigaglie. Quando si tratta di volatili domestici, come polli, tacchini, oche, anatre, per indicare le interiora si parla di rigaglie e ai visceri sono unite anche le creste e, per gli esemplari femminili, le uova non ancora deposte. Le rigaglie si prestano a preparazioni quali pasticci, ragù, intingoli. La ricetta più rappresentativa è perpetuata a Firenze fin dall’antichità: il cibreo; si tramanda che Caterina De’ Medici ne fosse particolarmente ghiotta e che abbia cercato di favorirne la diffusione in Francia. Nel cibreo le interiora di pollo sono mescolate ai bargigli e legate con uova e brodo.
- Scarti. Come scarti si classificano guancia, piedini, musetto, cotenne, mammelle, coda. Il piedino più diffuso è lo zampone, preparazione tradizionale di molte occasioni festive; cartilagini e tendini, soprattutto del bovino, sono usati in Nord Italia come nervetti. Il Friuli abbina il musetto di maiale alla polenta, mentre in altre regioni è disossato e dà vita alla coppa di testa. Le pelli del maiale, dette cotenne, si usano per insaporire sughi e salse o per il tradizionalissimo cotechino; in Campania per le feste si serve il celebre père e o’ musso, piatto freddo con piede di maiale e muso di vitello marinati in acqua e limone; all’occorrenza si possono aggiungere anche utero e retto di vitella, trippa e mammella di mucca. La zizza di mucca in Campania dava corpo anche a una minestra tipica, mentre a Milano e in Trentino era bollita o stufata; in Valle di Cogne, insaporita con salvia, alloro, rosmarino, ginepro e cotta al vapore, è trasformata nella tradizionale Teutenne. La coda è il prolungamento della colonna vertebrale, si usano soprattutto quelle di maiale e vitello; in Piemonte è cotta con vino e funghi, a Roma è protagonista della richiestissima coda alla vaccinara.
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- Wikipedia
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- Batue in Venexian
- La Taverna del Ghetto
- Rachel Eats
- Le Scienze