A regola d’arte: il ragù alla bolognese tradizionale
Vi raccontiamo la ricetta del ragù alla bolognese tradizionale, depositata nell’ottobre del 1982 presso la Camera di Commercio di Bologna.
Esiste una ricetta codificata del ragù alla bolognese tradizionale, dopo anni di faticosi assaggi, liti, faide interne, domande piccate e risposte pungenti, votazioni segrete, ricerche bibliografiche. Viste le annotazioni, mondate queste con cura dopo trattative estenuanti, superate le spaccature interne, le mozioni, i rimandi;nel 1982 è stata depositata la ricetta tradizionale del ragù alla bolognese preparato ad arte scritte lettere di appello, valutati i piatti delle sagre, dei ristoranti, di casa; dopo segreti consulti con anziane sfogline e lunghe e faticose ricerche, un’assise di studiosi nell’ottobre del 1982 ha sancito, vergato e depositato presso il notaio, nella Camera di Commercio di Bologna, il documento attestante la ricetta originale del ragù alla bolognese. La cucina regionale e tradizionale, pena la scomunica, prevede le vere tagliatelle alla bolognese o emiliane, ma questo ragù si può usare anche per condire le lasagne al forno, se arricchito con la salsa besciamella.
Nella ricerca di una cultura nazionale, in Italia più che altrove, è la cucina ad avere sempre una sostanziale importanza. È la tavola, il tricolore degli spaghetti al pommidoro, più che la bandiera, che fonda la Repubblica Italiana. da tempo immemore è la tavola a unire realmente gli italiani, fin dall'inizio divisi Divisa in signorie, guelfi e ghibbellini, monarchici e repubblicani, nord o sud, l’Italia è succube di una esterofilia, ma la tavola ci unisce, poco ma ci unisce. Passiamo buona parte del nostro tempo a litigare sul cibo e a proporre cosa mangiare per cena; per noi la buona tavola è il centro del mondo, la culla della famiglia, l’ara dell’ospitalità, un segno di potere e di amicizia. Un anglosassone o un francese mal comprendono la nostra abitudine di parlare di cibo che è stato o che sarà, mentre mangiamo. A tavola discutiamo ad alta voce, magari sulla freschezza o sulla provenienza del prodotto, elenchiamo altre ricette. Su questa base sono stati fatti enormi sforzi da parte dei cattedratici nella ricerca del vero e unico piatto a tutela dell’originalità.
Nel ventennio fascista una commissione composta anche da Ferruccio Parri e da Filippo Tommaso Marinetti impose il nome tiramisù a un dolce al caffè dalle origini incerte; béchamel acquisì una I e una A, diventando infine besciamella. Nel 1950 si potè infine stabilire dove andava l’accento sui menù (lista non piaceva ai ristoranti) o sul ragù, meglio noto come sugo. L’origine dei piatti e delle ricette tradizionali italiane è un insieme di fattori storici, di piccola e spiccia sopravvivenza, del miglior utilizzo delle risorse disponibili. Potremmo dire che la capacità degli italiani è stata quella di rendere buoni i cibi poveri e di aver generato un gusto per la tavola, legandolo a un bello che altri popoli ci invidiano e scimmiottano. Ciò che non tolleriamo proprio è il falso. Non è sufficiente definire lo spaghetto, bisogna dire anche come andrebbe fatto per ottenere il vero piatto originale.
La cucina di corte era quella dei ricevimenti, composta da ricette in voga presso più potenti e agiate corti straniere: una cucina di rappresentanza, non italiana. La vera cucina nazionale è spiccia, fatta dalle mamme a casa, riportata sui testi di economia domestica da quella borghesia attenta ai costi e dedita al commercio. Bisogna aspettare quindi dopo la liberazione per sancire l’italianità: nel 1950 un gruppo di studiosi, con un manifesto programmatico serio, fonda l’Accademia della Cucina Italiana “allo scopo di garantire la continuità e il rispetto della tradizione gastronomica in Italia e nel mondo” e definendo la cucina come fonte della cultura italiana. Nelle loro differenze, gli italiani sono uniti dalla cucina, che fornisce una base per la condivisione culturale: litighiamo su tutto, ma non su Cacio e pepe o Ragù alla bolognese.
La ricetta tradizionale del ragù alla bolognese prevede 300 g di polpa di manzo macinata grossa, 150 g di pancetta di maiale, 50 g di carote gialle, 50 g di coste di sedano, 50 g di cipolla, 300 g di passata di pomodoro, mezzo bicchiere di vino bianco secco, mezzo bicchiere di latte intero, poco brodo, olio di oliva o burro, sale, pepe e mezzo bicchiere di panna fresca, quest’ultimo facoltativo. l'aggiunta di panna fresca non è prevista quando il ragù serve per condire le tagliatelle In un tegame di terracotta va fatta sciogliere la pancetta tagliata a dadini e tritata con la mezzaluna. Unite 3 cucchiai di olio o 50 g di burro, gli odori tritati fini e fate appassire a fuoco dolce. Unite il macinato, mescolate bene e fate rosolare finché non sfrigola. Bagnate con il vino e mescolate delicatamente finché non sarà evaporato. Unite la passata, coprite e fate cuocere a fuoco basso per circa 2 ore aggiungendo, quando occorre, il brodo. Verso la fine della cottura, unite il latte e aggiustate di sale e pepe. Quando il ragù è pronto, l’uso bolognese prevede l’aggiunta di panna fresca per condire le paste secche; per le tagliatelle si può omettere. Questa ricetta è stata depositata il 17 ottobre 1982 dalla delegazione bolognese dell’Accademia della Cucina Italiana presso la Camera di Commercio di Bologna.
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