Federico Delmonte: dalle Marche un’Acciuga a Roma
Siamo stati da Acciuga, il ristorante di Federico Delmonte nel quartiere Prati a Roma: ecco cosa ci è piaciuto di più dei piatti proposti dallo chef.
Federico Delmonte è di Fano, ai confini nord delle Marche, tra la cultura marchigiana e quella romagnola. Federico si ritrova a Roma per amore e con passione si dedica anche qui alla professione che lo ha conquistato da sempre. Federico è uno chef con un gran bel curriculum e che oggi, con il suo ristorante Acciuga (via Vodice, 25), illumina una strada tranquilla del quartiere Prati della Capitale.
Ha 37 anni Federico Delmonte e Acciuga ne ha poco più di uno. Nonostante questo, la carta del suo locale annovera cavalli di battaglia che propone e perfeziona da circa 10 anni. Come la Capasanta al cocco, lime e cipolla rossa, tutta la complessità di una mente caparbiamente perfezionista contro ogni aspettativa un piatto nato nel 2012 per esaltare la cipolla. Eh già, proprio la cipolla. Un intento perfettamente riuscito al palato, dove la capasanta dona consistenza burrosa e freschezza, ma dove la dolcezza della cipolla vive la sua persistenza grazie un cocco poco invadente e a un lime grattato che pulisce e profuma da subito l’intero composto. In questo piatto c’è tutta la complessità di una mente caparbiamente perfezionista, in-controversa nella sua voglia di sorprendere e trovare nelle sorprese dei contrasti ricercati, una propria precisa identità.
Le sue origini non sono l’obiettivo in cucina. Federico, nonostante ammetta profonda ispirazione dalla tradizione marchigiana, non vuole solo radici nei suoi piatti, ma è nell’evoluzione tecnica che ha vissuto tra le varie esperienze importanti, come quelle da Achilli al Parlamento e al Pagliaccio, che cerca di plasmare una suo preciso DNA gastronomico. esperienze importanti, tra cui il pagliaccio e achilli al parlamento Crede molto nell’identità, vede il futuro della ristorazione nella chiara e riconoscibile offerta identitaria. Nella sua cucina c’è tutta la volontà di un messaggio chiaro. Un valore che fa danzare su un confine che ha sicuramente imparato a tracciare, molto spesso sottile in quanto strettamente concettuale, tra tecnica e tradizione. Se la ricorda quella cucina che da bambino gli ha permesso di costruire una memoria olfattiva e gustativa che ora ricerca, ma sono emozioni che ripropone sovvertendo la semplicità delle cotture di una volta, con la complessità delle competenze di oggi.
Accade così che un Crudo di calamaro è servito a mo’ di insalata con delle verdure e con della stracciata affumicata alla paglia, su una crema di melanzane, esplodendo in una lineare serie di consistenze dai sapori assolutamente equilibrati e decisi.
Una cicala di mare, meravigliosamente a crudo, arriva bocca condita con olio, sale, limone e una goccia di aceto, con del finocchio macerato nell’aceto di zafferano e del lime sciroppato, adagiata uno strato di maionese e crostini all’aglio, concludendo con una punta di lavanda in polvere.
Soprattutto, è nelle Tagliatelle spezzate con sugo di brodetto che avviene la rivoluzione, un incontro tra le generazioni dei brodi poveri dei pescatori e quelle di una bisque di fondo che mai avrebbero potuto realizzare prima. Un concentrato di gusto deciso, dal tono piccante.
Se non te lo raccontasse, Federico, potresti dire che quel sugo venga da una ricetta di 100 anni fa e quando invece lui stesso ti parla di tostature e riduzioni, capisci davvero in che direzione Acciuga stia forgiando il proprio carattere. Un lavoro che ha bisogno di tempo. La Piada con l’acciuga è un po’ il simbolo della cena e la chiusura con il Cremino al limone e genziana, liquirizia e aceto balsamico, è davvero degno di nota.
Federico conosce l’inevitabile esigenza di un’accoglienza e di un servizio altamente dedicato al cliente e – parole sue – i suoi ragazzi “devono mangiare continuamente, assaggiare tutto, devono conoscere ogni spigolatura e sfumatura di sapore di quello che portano a tavola“. la carta dei vini si concentra sulle origini dello chef, le marche L’esperienza Acciuga, tra i suoi spazi essenziali e in armonia con l’evoluzione gastronomica dello chef, vanta in carta quasi esclusivamente vini marchigiani. Questo è puro legame con la sua terra, un vincolo che torna a far leva con la tradizione che lo muove profondamente. La cucina a vista su una sala dagli spazi geometrici regolari, gli permette di seguire i suoi ospiti e di uscire spesso a raccontare dove li sta accompagnando. A volte, personalmente, quasi necessitasse di andare oltre l’atto di cortesia dovuta e sentita, per cercare lui stesso una comprensione univoca del suo lavoro. Roma è ormai la sua città, ma è una piazza confusionaria e anche se Acciuga ha una lunga vita davanti, forse il futuro di Federico guarda già oltre.